Puglia, le donne costrette a scegliere tra figli e lavoro

Ancora più preoccupante è il sommerso: nel pubblico come nel privato, denunciare non è facile

di Francesca Rizzo

DOSSIER “Hai dei figli? Hai intenzione di averne in futuro? Allora sicuramente non sarai una buona risorsa per la nostra azienda”: sembra essere questa la politica occupazionale attuata in molte aziende pugliesi, pubbliche e private. Anzi, è questa la realtà raccontata da buona parte delle oltre 600 donne che, in nove anni, si sono rivolte all’ufficio della Consigliera Regionale di Parità per denunciare discriminazioni subite sul posto di lavoro.

“Un grande patrimonio di buone prassi”, quello lasciato da Serenella Molendini

Le pagine del report Pari opportunità e diritto antidiscriminatorio sono un bilancio pesante dell’attività svolta da Serenella Molendini, Consigliera di Parità della Regione Puglia, e dal suo staff: racchiudono i dati di un periodo, dal 2008 al 2016, denso di contrasto alle molestie e alle discriminazioni di genere in ambito lavorativo. Parlano di donne che hanno difficoltà a trovare un impiego e a conservarlo, di donne impossibilitate a fare carriera al pari degli uomini, di donne costrette a subire “compromessi”, leggasi molestie, da colleghi e superiori. I casi concreti raccontano un apparato culturale restio ad accettare e mettere in atto un cambiamento che parte dalla Carta costituzionale.

Un affresco, quello emerso nel tempo, che Molendini definisce “inquietante”: “Attraverso il lavoro di questi anni – scrive la Consigliera – si è avuta la piena consapevolezza che le denunce pervenute rappresentino solo la punta dell’iceberg di un sommerso impalpabile e che siano molto più numerose di quelle effettivamente emerse”.

Un’istituzione unica, ancora poco riconosciuta L’azione di formazione, vigilanza e difesa compiuta dalla Consigliera e dal suo team in questi nove anni ha contribuito a far conoscere sul territorio il ruolo di una figura poco nota nel suo essere un unicum rispetto agli altri organismi di parità: lo testimonia l’aumento del numero di donne che si sono rivolte all’ufficio regionale per essere ascoltate, consigliate, assistite in sede legale. Il ruolo della Consigliera di Parità è nato istituzionalmente nel 1991, ma è stato potenziato solo a partire dagli anni 2000. Ad oggi, la Consigliera è una pubblica ufficiale che opera come soggetto terzo e non di parte, per promuovere e monitorare parità e pari opportunità in ambito lavorativo (formazione, accesso al lavoro, evoluzione delle carriere, aspetti previdenziali e pensionistici) e per il contrasto alle discriminazioni di genere”. A seguito di una denuncia per discriminazione, la Consigliera può fare da mediatrice in una procedura di conciliazione tra le parti o agire direttamente in giudizio. Molte le controversie risolte, ma anche qualche sorpresa: l’impressione è che il necessario cambiamento di mentalità debba riguardare anche chi è chiamato a legiferare e a giudicare. L’intervento di Molendini non risparmia la sfera politica: “La sottorappresentazione e la sottorappresentanza delle donne presenti in politica sono espressione di una politica neutra che, tentando di oscurare il genere, riafferma un primato maschile, di pensiero e di pratiche. E questo, credo, che porti con sé la poca attenzione della politica (maschile) al tema del lavoro delle donne”.

“Prima ancora che tutelati, i diritti vanno costruiti”: si esprime così Roberto Voza, direttore del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Bari; il suo contributo conferma le difficoltà incontrate in alcuni casi dalla Consigliera Regionale di Parità in sede giudiziaria. Ricorre quest’anno il quarantennale della legge n. 903 del 1977, riguardante la Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro: nel ricordare una pietra miliare per il riconoscimento del ruolo femminile in ambito occupazionale, Voza riconosce che proprio in questo campo si manifesta, molto più di altri, la differenza tra disposizioni de iure e riconoscimenti de facto.  “Parlando da giurista – continua – devo ammettere che non è facile scardinare il codice culturale dominante nella tradizione degli studi giuridici, assai poco innervati dalle tematiche di genere, o meglio, dalla cultura di genere come punto di vista sul mondo, come modo di leggere la realtà che ci circonda”. Un quadro confermato dalle numerose sentenze che, tra lo stupore di molti, non danno il giusto riconoscimento ad una lotta che parte già ad armi impari. È su questo che insiste anche Voza, è su questo che bisognerà continuare ad insistere nelle sedi competenti: “L’effettività sociale deve accompagnare l’astratta affermazione giuridica, altrimenti libertà ed eguaglianza rimangono parole ubriache di parate e di bandiere, ma incapaci di incidere nel tessuto sociale reale, insomma nella vita delle persone in carne ed ossa”.

Disparità nel mercato del lavoro: lo dicono i numeri Secondo l’IPRES (Istituto Pugliese di Ricerche Economiche e Sociali) nel 2016 il tasso di occupazione delle donne pugliesi tra i 15 e i 64 anni era pari al 31,3%: quasi un terzo delle donne in età idonea a lavorare non aveva un’occupazione; colpa di una flessione generale del mercato del lavoro? Anche, forse, ma allora come si spiega che nello stesso periodo di riferimento il tasso di occupazione maschile era quasi il doppio di quello femminile?

Eppure se si osservano i dati relativi al grado di istruzione, il quadro cambia a favore delle donne: più laureate che laureati, più donne che uomini impegnate in percorsi di apprendimento permanente. Più istruite, dunque, ma meno richieste dal mondo del lavoro: nel 2015 le donne laureate con un posto di lavoro erano il 57,4%, “appena” il 14,2% in meno rispetto ai colleghi maschi. In più, statistiche alla mano, sono in prevalenza donne ad avere lavori alle dipendenza, a tempo determinato e a tempo parziale; molte di queste hanno alle spalle anni di università e percorsi di specializzazione. E l’avanzamento di carriera, la “scalata al vertice”? Poco più realistica di una chimera: nel 2015 le donne italiane che, in ambienti pubblici e privati, rivestivano un ruolo da leader erano il 19,4% del totale delle occupate. In Puglia, nello stesso periodo di riferimento, erano il 16,8%, contro il 23% dei colleghi. Ma guai, una volta ottenuta l’ambita promozione, a mettere al mondo dei figli…

Carriera o prole? Un aut aut per molte Come anticipato, è la maternità la causa più frequente di discriminazione sul posto di lavoro. Dichiarare, in sede di colloquio, di avere figli o di volerne, equivale spesso a rinunciare all’assunzione. Ma anche chi ha già un impiego è esposta a comportamenti scorretti, atteggiamenti subdoli e persino mosse illegali. Una donna già vittima di mobbing, ad esempio, rientrata da un periodo di assenza dal lavoro (dovuto ad uno stato depressivo causato proprio dal clima lavorativo), è stata invitata ripetutamente (con tanto di incentivo) a rassegnare le dimissioni: per lei non c’era più spazio, “vista anche la sua età, rischiosa per l’azienda, perché avrebbe potuto sposarsi e avere dei figli”. Quando non scatta il licenziamento (più o meno mascherato), si mette comunque in moto un meccanismo di ritorsioni ingiustificate: demansionamenti, trasferimenti, negazione di orari flessibili o ridotti e di indennità riconosciute dalla legge. All’attenzione della Consigliera è stato portato, ad esempio, il caso di un’azienda che ha sospeso, senza alcuna giustificazione, l’erogazione dei buoni pasto per le lavoratrici che usufruivano del riposo giornaliero per allattamento in concomitanza con il rientro pomeridiano.

Un altro caso ai limiti dell’assurdo si è verificato ai danni di un’avvocata incinta: la richiesta di rinvio di un’udienza, avanzata per complicanze dovute alla gravidanza (testimoniate dal certificato medico) è stata rigettata perché “pervenuta tardivamente in cancelleria”, “come se – commenta Molendini – una colica potesse essere preventivata”. Oltre al danno la beffa: la legale è stata addirittura accusata di negligenza professionale dal giudice.

Non c’è sempre (o forse non c’è quasi mai) una libera scelta, dunque, dietro la decisione di lasciare il lavoro dopo la nascita del primo figlio: una tendenza che in Puglia riguarda quasi 1000 donne ogni anno!

Stalking occupazionale e ritorsioni La casistica raccolta dalla Consigliera Regionale di Parità comprende poi donne importunate da superiori e colleghi, convinti che basti lo status di “uomo” a legittimare avances, battute pesanti e gesti espliciti, sia sul posto di lavoro sia fuori: si parla, in questi casi, di “stalking occupazionale”. Al rifiuto delle vittime sono seguiti atti di ripicca fatti di sistematici ritardi nel pagamento degli stipendi, aggressioni verbali in presenza di colleghi e persone esterne; in qualche caso è stata la stessa lavoratrice ad optare per le dimissioni: perdere il lavoro sembrava l’unica soluzione per liberarsi dagli atteggiamenti persecutori.

Una rete territoriale per arginare i soprusi In questi nove anni la Consigliera Regionale di Parità ha lavorato su più fronti; ha tutelato i diritti delle donne che hanno sporto denuncia, ma ha anche cercato un dialogo con il territorio per promuovere il cambiamento culturale, unica soluzione a lungo termine. La creazione dell’Osservatorio sulle Discriminazioni sul Lavoro (O.Di.Ge.), in collaborazione con le Università di Bari, Foggia e Lecce, la Direzione territoriale del Lavoro di Bari e i sindacati CGIL, CISL e UIL, è una delle azioni attraverso le quali creare un dialogo tra istituzioni, parti sociali e cittadini e favorire “un cambio di passo che metta al centro dell’agenda politica il lavoro femminile come fattore di competitività”.

Il dibattito Il report Pari opportunità e diritto antidiscriminatorio verrà presentato questa sera a Sogliano Cavour, nel corso di un incontro sul tema Maternità: libere di scegliere; l’incontro, organizzato da assessorato e Commissione Pari opportunità del Comune di Sogliano, chiude la IV edizione della Rassegna Femminile Plurale. Dopo i saluti istituzionali, a cura del Sindaco Paolo Solito, dell’assessora alle Pari opportunità Maria Grazia Manco e del Consigliere Andrea Russo, al dibattito interverranno, oltre a Serenella Molendini, Consigliera Regionale di Parità, Teresa Bellanova (Viceministra allo Sviluppo economico), Elena Gentile (Europarlamentare, componente della Commissione Lavoro e Affari sociali) e Annagrazia Maraschio (avvocata penalista). Modererà l’incontro Marilù Mastrogiovanni (direttora del Tacco d’Italia e Proba domina di Gi.U.Li.A giornaliste).

 

LEGGI IL DOSSIER PARI OPPORTUNITÀ E DIRITTO ANTIDISCRIMINATORIO L’esperienza della Consigliera Regionale di Parità della Puglia nel contrasto alle discriminazioni di genere ANNI 2008 – 2016

 

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