Di Fabiana Pacella
Strategia del bavaglio a mezzo querele temerarie.
Così la presidente di Antiracket Salento, Maria Antonietta Gualtieri, era solita fermare – o almeno ci provava – collaboratori “infedeli” e vittime che dopo essersi rivolte a lei, solevano evidenziare incongruenze e addirittura intimidazioni.
Minacciava querela, insomma. Assistita da legali sempre diversi, man mano che cambiavano i suoi rapporti con gli stessi – dalla fiducia e collaborazione alla defenestrazione il passo poteva essere breve -.
La minaccia di querela, una delle tante, è stata recapitata a mezzo posta anche a Mario – nome di fantasia -, imprenditore di Lecce che denunciò un usuraio alle forze dell’ordine consentendone l’arresto. Poi contattò Antiracket Salento per avere accesso al Fondo di Solidarietà, e fu l’inferno.

“Non rivolgerti ai carabinieri, paga cash per l’istruzione della pratica”, alcune delle richieste inoltrate da Gualtieri a Mario, come denunciato dall’uomo al Ministero dell’Interno e al Commissario straordinario il 20 gennaio 2014. Quella denuncia fu inviata anche allo Sportello Antiracket, con annessa richiesta di restituzione della documentazione personale del mittente, rimasta negli uffici dell’associazione.
Il Ministero dell’Interno non rispose mai a quella missiva-denuncia, mentre Gualtieri ci impiegò nove mesi per rispondere negando tutto e anzi minacciando Mario di querela.
A quasi nove mesi di distanza da quella missiva-denuncia, che certo non fece fare una bella figura all’associazione davanti alle autorità preposte, insieme ad altre, al controllo e che mai risposero però alla vittima, Gualtieri rispose negando ogni addebito.
“Le rappresento che lo sportello Antiracket e Usura collabora, nell’esercizio della propria attività, con istituzioni pubbliche, autorità giudiziaria e forze dell’ordine pubbliche”, si legge nella lettera di Antiracket in relazione alle dichiarazioni con cui Mario denunciava che gli era stato espressamente chiesto di non parlare con i carabinieri delle richieste inoltrategli”.
La mancata istruzione della pratica di Mario sarebbe stata causata dal fatto che “malgrado la piena disponibilità e l’assoluta discrezione della nostra struttura, lei non ha ritenuto opportuno fornire alcuna indicazione utile a consentire un prolifico esito del percorso intrapreso”.
E poi la stoccata finale, oltre alla beffa.
“Le rappresento la volontà della scrivente – chiosava Gualtieri – di procedere nell’esperimento di azioni legali finalizzate a tutelare la propria immagine, i propri diritti e interessi presso le competenti sedi di giustizia, sia civile che penale, iter, peraltro già seguito in tempi recentissimi nei confronti di chi abbia tentato di offendere la reputazione di Antiracket Salento”.
Un lavoro di tutela dell’immagine reso vano dal lavoro della guardia di finanza e della procura, che hanno squarciato il velo su una presunta mega truffa che ha portato arresti, interdizioni e 30 indagati.
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