Nelle grandi imprese pugliesi solo il 23% degli occupati è donna. Il rapporto della Consigliera di parità e Ipres
Nelle aziende pugliesi con più di 100 dipendenti non c’è posto per le donne. Il fenomeno è chiaro ed emerge dai dati elaborati da Consigliera di parità regionale e Ipres (Istituto pugliese di ricerche economiche e sociali) e inviati al Ministero del lavoro.
La rilevazione copre un arco temporale di 10 anni, dunque fotografa una situazione consolidata.
Tuttavia, nonostante le imprese con più di 100 dipendenti siano obbligate a comunicare i dati dell’occupazione alla Consigliera di parità regionale (articolo 46 del Dlgs. 198/2006, il “Codice delle pari opportunità”), non è stato possibile avere un quadro esaustivo in quanto solo 164 su 208 grandi aziende hanno inviato i rapporti biennali.
Grave il fatto che nessuna delle Aziende sanitarie pubbliche l’abbia fatto: le aziende pubbliche, che per prime dovrebbero rispettare la normativa, sono le prime a non adempiere agli obblighi di legge.
Veniamo ai dati: dai 10 anni di rilevazioni e 5 rapporti biennali elaborati, emerge che la discriminazione delle donne sul mercato del lavoro pugliese è conclamata.
Solo il 23% degli occupati è donna (su 74.445 dipendenti, 17.141 sono donne), con problemi di segregazione orizzontale, con quadri e dirigenti sistematicamente inferiori agli uomini, e lavoro part time (dati aggiornati al 31 dicembre 2015).
La netta maggioranza delle imprese non ha alcuna donna nel CdA. Rispetto alla composizione tra maschi e femmine del CdA, le imprese in cui le donne rappresentano oltre il 50% sono appena il 10% del totale.
Come dire che l’articolo 51 della Costituzione italiana è lontano dall’essere attuato (in Puglia come nel resto d’Italia).
Organizzato da Serenella MOlendini, Consigliera di Parità regionale, Ipres, Università di Bari, Ordine dei Consulenti del lavoro e ANCL di Bari.
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