“Cose nostre”, la memoria scomoda dei fatti

“Cose nostre” la trasmissione di Rai 1 dedicata a cittadine e cittadini che con il loro lavoro si sono opposti alla mafia e al malaffare, ha regalato una grande opportunità a tutti noi: guardarci dentro e capire che cosa ne stiamo facendo di questa bellissima terra, bella ma non per merito nostro. Sto ricevendo tantissimi messaggi da persone semplici che, come me, sanno che cosa devono fare, fanno il loro dovere, e lo fanno in silenzio.

Per me tutte queste persone sono eroi.

Sto ricevendo messaggi da persone che mi raccontano “di quando hanno detto no”, di quando sarebbe stato più facile piegare la testa e non l’hanno fatto. Stanno trovando il coraggio di dirlo, a me, perché finora, in fondo in fondo, a fare il loro dovere si son sentiti dei fessi.

Invece “Cose nostre” ha fatto capire a queste semplici cittadine e cittadine che è, la loro, la vera normalità. So già che c’è chi dirà che ho fatto fare una brutta figura e ho offeso il buon nome e l’immagine del Salento.

Ebbene, faccio un lavoro ruvido e non ci metto lo smalto, quando scrivo. La mia non è letteratura, e se scrivo è perché ho dei fatti da raccontare e ho visto qualcosa che avete il diritto di sapere.

Girare “Cose nostre” è stato per me uno sforzo immane: non avevo assolutamente voglia di ricordare quei fatti che faticosamente e dolorosamente avevo riposto in una sorta di limbo della memoria. Devo dire grazie a Paolo Borrometi, meraviglioso amico e collega, che mi ha convinto, anche con l’esempio, che bisognava andare oltre il libro “Io non taccio”; bisognava far sapere e arrivare con il servizio pubblico al cuore delle persone oneste.

Devo dire grazie a Emilia Brandi, meticolosa e sensibile. Con due dita tira fuori i fatti dall’oblio, li scuote un po’, spolverandoli e facendo cadere il superfluo, andando all’osso. Non m’ha dato tregua con le domande, per capire, sapere, verificare.

L’esercizio, onesto, della memoria ha a che fare con l’identità. Vale per ciascuno di noi e vale per una comunità di persone. Cioè per un intero territorio.

Ricordare i fatti spesso fa male. Poniamola così: quella trasmissione è stata per i salentini e i pugliesi come una sorta di terapia di gruppo. Ci siamo messi in cerchio e abbiamo detto: “Ciao, sono un salentino, Vivo qui e anch’io mi sono girato dall’altra parte”.

Nel corso della puntata ho detto cose e ho fatto vedere cose che tutti sanno e che tutti vedono: i rifiuti per strada, i fumi neri tutti i giorni, i capannoni abbandonati, gli sprechi della pubblica amministrazione, la mafia che da lavoro a chi non ce l’ha, che rileva la aziende, che dice alle ditte che gestiscono la raccolta rifiuti chi devono assumere e chi no, gli appalti truccati. Eccetera. Però l’occhio quando li vede scorre oltre, va avanti, non si ferma, perché non li vuole vedere.

Non sempre si ha voglia di vedere, non sempre si ha voglia di sapere.

La giornalista diventa scomoda quando ti costringere a conoscere fatti che sarebbe comodo per tutti ignorare.

“Cose nostre” ha deciso che i fatti scomodi raccontati dal Tacco, dalle sue decine di firme, di colleghe e colleghi che in 13 anni ci hanno messo l’anima, meritavano di essere messi in ordine, fruibili, accessibili, con una chiave di lettura che, in questo caso, è l’impegno professionale e personale di una giornalista “di frontiera”.

Emilia Brandi ce li ha consegnati, questi fatti, così, nudi e crudi.

Il Tacco si fa garante di conservare la memoria di quei fatti e continuerà a scavare, per portare alla luce altri fatti che altrimenti rimarrebbero nell’ombra, per garantire ai cittadini il diritto ad essere informati.

One Thought to ““Cose nostre”, la memoria scomoda dei fatti”

  1. Stefano

    Grazie Marilù per tutto il tuo lavoro, per difendere ed onorare la nostra terra Salentina senza paura. Ho visto il servizio televisivo di ” cose nostre “… purtroppo anche il Salento è “contaminato” da questo eventi di ecomafie… sei grande, sei il nostro orgoglio Salentino… io odio chi non rispetta la natura, chi la devasta anche buttando una busta per strada o nei campi.
    Grazie ancora, servirebbe clonare 1 milione di persone come te che non hanno paura a raccontare quello che succede e tutti i danni di un uomo non rispettoso di nulla. Stefano da Salice Salentino

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