Roma. L’esponente di Sel evidenzia alcune incongruenze nel ragionamento del premier e si dice preoccupato per il suo interesse a “tenere buona” la destra
ROMA – Sblocco totale dei debiti della Pubblica Amministrazione, riduzione del 10% del cuneo fiscale, successivamente smentita (“riduzione in termini di miliardi di euro, non di percentuale”), creazione di fondi di garanzia per la piccola e media impresa. Sono queste alcune delle proposte lanciate dal neo presidente del Consiglio Matteo Renzi, al momento della presentazione della propria piattaforma programmatica in Parlamento. Durante il primo passaggio in Senato ad ascoltarlo c’era anche Dario Stéfano, esponente di Sinistra Ecologia e Libertà e presidente della Giunta delle Elezioni e delle Immunità Parlamentari che, commentando il discorso del neo premier, sottolinea come l’anomalia del ragionamento renziano sia “non tanto la enunciazione un po' confusa di una serie di desiderata, quanto semmai la mancata indicazione di come raggiungere gli obiettivi”. Il neo presidente del Consiglio Matteo Renzi ha iniziato il suo discorso per la fiducia al Senato dicendo “vorrei essere l’ultimo presidente del Consiglio a chiedere a quest’aula la fiducia”. Ma veramente i senatori sarebbero disposti a votare l’abolizione del Senato? “La sfida lanciata da Renzi all’Aula del Senato mi sembra in linea con la sua personale modalità di interpretare un ruolo. Lo abbiamo visto tutti: più che presentare la dichiarazione programmatica alle Camere sembrava parlare direttamente ai cittadini, forse ‘approfittando’ della diretta tv. Diciamo che è stato irrituale, come d'altronde lo è stato concepire una riforma di legge elettorale disegnata fuori dai luoghi deputati o, ancora, proporre una riforma del Senato a mo’ di manifesto, senza considerare la necessità di un approccio complessivo alla geografia istituzionale. Non sono mancate peraltro le contraddizioni nel suo discorso: un attimo dopo aver detto dell’abolizione del Senato ha sostenuto che la nuova legge elettorale deve prevedere condizioni differenti per le due Camere. Probabilmente si è trattato di un incidente dialettico, che però rivela un non sufficiente approfondimento del tema, che invece io considero necessario per provare a disegnare una riforma in linea con i Paesi europei ma che tenga anche conto della nostra storia istituzionale e legislativa. Lo chiede chi con una legge elettorale, giusta o sbagliata, ha ricevuto il mandato elettorale. Nessuno vuol difendere la seggiola, ma chi è stato eletto vuol interpretare la propria funzione, che è legislativa. A questo aggiungo che si è alimentato un messaggio paradossale: far passare l’abolizione del Senato come la soluzione di tutti i mali e della crisi che morde il Paese. Così non è come ben sa anche il presidente Renzi”. Tra le proposte sciorinate da Renzi per quanto riguarda l’economia, lo sblocco totale dei debiti della Pubblica Amministrazione e la creazione di fondi di garanzia per le piccole e medie imprese, attraverso un diverso utilizzo della Cassa Depositi e Prestiti, nonché la riduzione del 10% del cuneo fiscale. Ma veramente Renzi ha la possibilità di raggiungere tali obiettivi, nonostante il suo esecutivo sia sostenuto dalla stessa maggioranza del Governo Letta? “L’anomalia del ragionamento fatto durante il discorso in Senato non è tanto la enunciazione un po' confusa di una serie di desiderata, quanto semmai la mancata indicazione di come raggiungere gli obiettivi. Tutti d’accordo sullo sblocco totale dei debiti della pubblica amministrazione, ma ci ha detto come intende arrivarci? Anche con il presidente Letta si è parlato dello sblocco di 30 miliardi di crediti, ma dopo 10 mesi sono ancora poche le imprese che hanno incassato dalla PA, la maggior parte dei crediti sono ancora da riscuotere ed il sistema di impresa soffre. Stesso ragionamento per la riduzione del cuneo fiscale: come si reperiranno le risorse? Tassando i Bot, come ha detto Delrio in tv, salvo essere poi smentito dal suo presidente, o chiedendo a chi ha di più di contribuire in maniera diversa? Ecco, la grande anomalia è stata quella di non indicare la strada”. Il discorso di Matteo Renzi è sembrato essere l’ennesimo inno all’individualismo, l’elogio delle privatizzazioni e delle capacità di ciascun individuo di saper cogliere le opportunità offerte dai mercati globali, la considerazione dello Stato come disturbo ed ostacolo. Un discorso che sembra ancor di più classificare il renzismo come prodotto del berlusconismo, così come in Gran Bretagna il blairismo venne considerato come diretta conseguenza del thatcherismo. Qual è la sua opinione in merito? “Renzi è interprete della grande sfida del ricambio generazionale, che lo porta forse a peccare di eccessivo leaderismo. Ma il punto non è tanto questo, perché il ricambio in sé non ci dà soluzione ai problemi che abbiamo di fronte. Ciò che emerge, e che preoccupa, è semmai che la eccessiva preoccupazione di tenere ‘buoni’ i partiti di destra si traduca in una iniziativa politica e di governo ben diversa da quella alla quale noi guardiamo, realmente alternativa ai governi di centrodestra di questi anni. Sia negli interventi in Aula, che nelle dichiarazioni ai giornali, nel centro destra sono stati tutti attenti a non peccare di eccessiva critica, anzi si è lodato Renzi sottolineando la disponibilità ad interloquire. Il tema vero insomma è la prosecuzione di uno schema di ‘larga intesa’ che ha già dimostrato di essere inefficace, perché si parte, o almeno si dovrebbe partire, da punti di vista troppo differenti. Come si può dare una risposta riformista al Paese se la preoccupazione è quella di tenere dentro al processo decisionale anche Forza Italia e la destra? Ecco, il coraggio a cui Renzi ha fatto riferimento alla fine del suo discorso, dovrebbe essere interpretato proprio nelle scelte. Vedremo in futuro ma ad oggi non sono affatto ottimista e gli evidenti mal di pancia nella maggioranza, non solo nel PD, sono abbastanza significativi”.
Sostieni il Tacco d’Italia!
Abbiamo bisogno dei nostri lettori per continuare a pubblicare le inchieste.
Le inchieste giornalistiche costano.
Occorre molto tempo per indagare, per crearsi una rete di fonti autorevoli, per verificare documenti e testimonianze, per scrivere e riscrivere gli articoli.
E quando si pubblica, si perdono inserzionisti invece che acquistarne e, troppo spesso, ci si deve difendere da querele temerarie e intimidazioni di ogni genere.
Per questo, cara lettrice, caro lettore, mi rivolgo a te e ti chiedo di sostenere il Tacco d’Italia!
Vogliamo continuare a offrire un’informazione indipendente che, ora più che mai, è necessaria come l’ossigeno. In questo periodo di crisi globale abbiamo infatti deciso di non retrocedere e di non sospendere la nostra attività di indagine, continuando a svolgere un servizio pubblico sicuramente scomodo ma necessario per il bene comune.
Grazie
Marilù Mastrogiovanni
------
O TRAMITE L'IBAN
IT43I0526204000CC0021181120
------
Oppure aderisci al nostro crowdfunding