La valigia di carbone. L'emigrazione pugliese in Belgio

Bari. Il padiglione 'Puglia una regione per star bene' apre la 77esima edizione della fiera del Levante in bianco e nero

di Marina Dimattina L'inferno può essere nero e “sedimentario”. Come il carbon fossile. O almeno lo e' stato per un numero tuttora indefinito di lavoratori che, piccoli come lillipuziani davanti a Gulliver, non hanno retto alle condizioni disumane di un lavoro che ha fatto presto rima con morte. E di li' un irreversibile cupio dissolvi. La triste e disincantata pagina della storia raccontata attraverso una serie di scatti affissi all'interno del padiglione della Regione Puglia presso la fiera del Levante, prende le mosse dal 23 giugno 1946. Quando, nella canicola estiva, Italia e Belgio firmarono un protocollo d'intesa che prevedeva l'invio di 50.000 lavoratori italiani in cambio della fornitura annuale di carbone a prezzo preferenziale: 2500 tonnellate di carbone al mese per ogni mille operai inviati. Per convincere gli italiani ad emigrare, il Sud Italia in particolare, venne tappezzato di manifesti della Federazione Carbonifera Belga, tanto a decantare i vantaggi del lavoro in miniera. Uno spot che millantava salari elevati, pensionamento anticipato, viaggi ferroviari gratuiti, assegni familiari, ferie. Quanto basto' a giovani a decidere per la virata. Partire. Ma la realtà' fu meno rosea di quella prevista. Tra il 1946 e il 1955 piu' di 500 operai italiani trovarono la morte nelle miniere belghe. E un numero indefinito mori' di silicosi, a causa delle polveri respirate nelle viscere della terra. Le immagini in bianco e nero, istantanee di momenti di una vita in cerca di fortuna, risalgono proprio agli anni “bui”.

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