La discarica abusiva. Alla luce del sole

 

L’INCHIESTA. Salve. Tre ordinanze sindacali, due sequestri, due giudizi civili. Una discarica che tutti combattono ma che nessuno vuole davvero eliminare

SALVE – Questa è la storia di una discarica abusiva che nessuno vuole bonificare. Perché forse fa comodo un po’ a tutti: a chi va a gettare lì rifiuti speciali e pericolosi, per proprio conto o per conto di altri; a chi vuole salvare la forma ma non la sostanza, facendo vedere di essere intervenuto per arginare l’illecito ma chiudendo poi entrambi gli occhi. Questa storia, paradossale, inizia nel 2005, quando la guardia di Finanza del comando di Tricase sequestra a Salve, in località “Sperito Lame”, nella frazione di Ruggiano, una discarica abusiva di 2500 metri. Lì sono abbandonati rifiuti speciali e pericolosi e, dopo il sequestro, le Fiamme gialle incaricano il proprietario di custodire l’area sequestrata, denunciandolo all’autorità giudiziaria. Si tratta di pneumatici, batterie d’auto, rottami d’autovetture, materiale di risulta di vario genere, numerose placche di eternit, elettrodomestici vari, una carcassa di una vecchia Renault 5 beige e tanto altro. Il sindaco dell’epoca, Giovanni Siciliano, emette un’ordinanza (la numero 32), anche con una certa solerzia, cioè dopo tre giorni la notifica del sequestro da parte della Finanza al Comune, in cui precisa che si tratta di rifiuti speciali e pericolosi e intima la bonifica e il ripristino dei luoghi da parte dei proprietari. Si tratta di Giovanni Muccio e Anna Rita Petracca di Patù, che hanno parenti eccellenti nel settore del turismo, dell’edilizia e dei rifiuti, anch’essi noti alle forze dell’ordine: Pasquale Muccio ha tre denunce dei Carabinieri all’attivo, per inquinamento delle acque, violazioni urbanistiche e concorso, con la moglie Maria Domenica Rizzello, in lottizzazione abusiva. La Rizzello, amministratrice unica della Armando Muccio srl, con cui ha vinto importanti appalti pubblici per la raccolta e smaltimento dei rifiuti, è imputata per presunte tangenti perché avrebbe truccato tre appalti nell’Ato Le3, per un totale di circa 21milioni e 700mila euro di bandi pubblici. Ma torniamo alla discarica abusiva di rifiuti speciali e pericolosi degli altri Muccio: dopo il sequestro della finanza e l’ordinanza sindacale, da una parte la provincia di Lecce intima al Comune di prendere provvedimenti, dall’altra la Regione Puglia, nella persona del dirigente Luca Limongelli, chiede che i proprietari dei terreni inquinati eseguano campionamenti per verificare il livello di contaminazione e chiede che sia il sindaco ad intimare le analisi, integrando l’ordinanza sindacale n.32. Il sindaco Siciliano emette dunque una seconda ordinanza, la numero 57 del 2005, attraverso cui intima i Muccio-Petracca a bonificare l’area entro 30 giorni, eseguendo anche le opportune analisi sui terreni. Ma da allora, dopo la raffica di ordinanze perentorie, tutto tace. Quelle ordinanze non arriveranno mai agli uffici preposti alla sorveglianza: nessuno fa sì che le ordinanze sindacali siano rese veramente esecutive. Non gli uffici tecnici comunali, non i vigili, non la Asl. Il sindaco, che sulla carta ha ottemperato ad un obbligo di legge, in quanto responsabile della salute pubblica, non viene ascoltato. Sordi alle due ordinanze sindacali, i Muccio-Petracca sono però iperattivi sul fronte legale: si oppongono in sede civile alla prima ordinanza, la n.32, vincendo il ricorso perché, scrive il giudice onorario Teresa Mondin (sentenza del 22 gennaio 2007) il sindaco non aveva titolo ad emettere quell’ordinanza in quanto non aveva indicato quali fossero i gravi motivi di pericolo della salute pubblica. Il danno e la beffa: il Comune deve pagare anche le spese del giudizio: 800 euro. Tuttavia la legge è chiara: le responsabilità penali dell’abbandono di rifiuti cadono sui proprietari dei terreni su cui i rifiuti giacciono. E infatti i coniugi sono segnalati all’autorità giudiziaria. Gli anni passano, i rifiuti si accumulano senza che si trovi il responsabile e l’area viene nuovamente sequestrata, questa volta dalla Forestale. Siamo nel 2010: i coniugi pochi mesi prima avevano sporto querela ai Carabinieri perché sull’area fiorivano rifiuti e l’attuale sindaco Vincenzo Passaseo, a seguito del secondo sequestro, emette una terza ordinanza, la numero 61. Il testo dell’ordinanza firmata da Passaseo è praticamente lo stesso dell’ordinanza già anata, la numero 37. Ancora una volta è salva la forma ma, nella sostanza, i Muccio-Petracca hanno dalla loro tutti i presupposti formali per opporsi e vincere. Infatti si oppongono in sede civile e vincono per la seconda volta, con le stesse motivazioni del precedente giudizio. Fatto gravissimo: il Comune è contumace nel giudizio, cioè non si oppone al ricorso dei Muccio-Petracca. E non si capisce perché, dal momento che avrebbe dovuto sostenere con tutte le argomentazioni giuridiche possibili l’ordinanza sindacale. Ma, scrive il got Alida Accogli: non sono state indicate le motivazioni dei pericoli corso dalla popolazione per cui il sindaco non ha titolo ad emettere un’ordinanza urgente. Ancora una volta il danno e la beffa: il comune perde e deve pagare 600 euro di spese legali (più ovviamente gli incarichi agli avvocati). Eppure l’avvocato incaricato di difendere il Comune, Silvestro Lazzari, era stato chiaro fin dalla prima opposizione dei Muccio-Petracca alla prima ordinanza: al di là dell’esito del giudizio, scriveva al sindaco, i Muccio-Petracca non hanno mai impugnato la seconda delle tre ordinanze, la numero 57, ancora valida e mai eseguita dai proprietari del fondo contaminato. L’ordinanza numero 57 quindi, con cui il sindaco, su indicazione della Regione, intima la bonifica e anche il campionamento dei terreni per capire effettivamente il livello di inquinamento, è valida ma ancora oggi inattuata. Il perché è forse da ricercare nelle tante pieghe della burocrazia italiana, che trova sempre il modo di salvare la faccia (dei politici) e anche il portafoglio (di pochi speculatori). Sulla pelle dei cittadini. Articolo correlato: Il graffio nero nelle campagne del Capo Qui gli articoli dell’inchiesta relativa a località Montani, sempre in territorio di Salve: Il Salento d’amare colpito al cuore Il villaggio con la ‘stalla’ al centro Salve, turismo a (sole) tre vele La collina delle selci

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