// INCHIESTA// Il sistema Tod’s in Salento: fornitori che lavorano in esclusiva senza contratto, prezzi all’osso, aziende in fallimento quando le commesse vengono meno. Keope chiede 10 milioni di risarcimento al capo filiera Euroshoes e a Tod’s
Quando Diego Della Valle nel 2001 arrivò con il suo elicottero a Casarano gli imprenditori dell’allora più grande distretto produttivo calzaturiero d’Italia gli riservarono celebrazioni: su spinta del deputato di Casarano-Gallipoli Massimo D’Alema – disse – era venuto a valutare l’opportunità di aprire un’unità produttiva. “Dovete essere i meno cari tra i più bravi al mondo. Siete l’ultimo baluardo mondiale del made in Italy”. Questa la ricetta di Della Valle per arrestare il declino del distretto iniziato nel 1998, quando gli imprenditori cominciarono a spostarsi verso Europa dell’Est e Asia. Già da qualche anno Della Valle produceva nel distretto di Casarano scarpe con i marchi Hogan, Tod’s e Fay, avendo come referente unico la Euroshoes srl, “una realtà di prim’ordine”, la definì in un’intervista. Entro la fine dell’anno, disse ai giornali, avrebbe reso operativa una nuova fabbrica. Che non aprì mai.
La filiera dei contoterzisti È nata invece una filiera produttiva di contoterzisti, le cui redini sono in mano a Euroshoes srl, il capo filiera, che svolge l’ultima fase di produzione della scarpa e fattura a Della Valle. Le altre fasi di produzione della scarpa, taglio, orlatura, giuntura, che sono le più importanti perché si basano sull’alta manualità degli artigiani, sono realizzate, spesso in esclusiva per Tod’s, da una decina di piccole aziende del distretto che fatturano a Euroshoes. Della Valle, attraverso il suo capofiliera Euroshoes e le sue società controllate, dà lavoro a circa 400 addetti, per il 95 per cento donne. Uomo di fiducia di Della Valle è Fernando D’Aquino, cui sono riconducibili oltre a Euroshoes anche Euro-team, Eurogroup, Raf shoes (legale rappresentante una congiunta) e fino a qualche anno fa New Shoes. D’Aquino intrattiene rapporti diretti con l’azienda marchigiana attraverso il fratello Luca Della Valle. Secondo la Procura di Lecce, che ne ha chiesto il rinvio a giudizio, Fernando D’Aquino, in concorso con una parente, ha costruito un sistema di scatole cinesi attraverso il quale assumeva dalle liste di mobilità regionali operaie in precedenza dipendenti da altre aziende del gruppo, usufruendo così dei benefici previsti dalla legge per le nuove assunzioni pur non avendone i requisiti. L’Inps ha chiesto la restituzione di circa 130mila euro di contributi per le nuove assunzioni a due società del gruppo, percepiti, secondo la Procura, “con artifici e raggiri come amministratore l’una e gestore di fatto l’altro”. Tre ditte della costellazione dell’uomo di fiducia di Tod’s, compresa Euroshoes, non hanno pagato il contributo di mobilità dovuto all’Inps per l’iscrizione dei propri dipendenti alle liste.
Il sistema Euroshoes Torniamo al “sistema Euroshoes” che pare delinearsi sulla base delle testimonianze che abbiamo raccolto e dai documenti allegati alla richiesta di risarcimento danni da dieci milioni inviata a Euroshoes e Tod’s da un’azienda contoterzista, Keope srl. Le operaie sono iperspecializzate e hanno una busta paga secondo il contratto nazionale di categoria o il contratto nazionale façon che oscilla dagli 800 ai 1200 euro al mese. Per far sì che l’azienda conto-terzista (cioè quella che fattura a Euroshoes) rientri dai costi, devono mantenere un ritmo di produzione serrato. Il ritmo viene indicato da Tod’s: i tecnici di Della Valle, anche più volte la settimana, visitano le aziende façoniste e redigono dei rapporti di lavoro sulla qualità delle tomaie, indicando a penna, sulle schede-lavorazione, quante scarpe di quel modello ogni operaia deve produrre in otto ore. Il problema è che, conti alla mano, alcune aziende non rientrano più dei costi. Tod’s indica per ogni stagione, a firma di Luca Della Valle, la remunerazione per ogni nuova lavorazione: negli ultimi anni i compensi sono stati decurtati del 25 per cento. In media per cucire un paio di Tod’s, che nei negozi costano dai 200 euro in su, l’azienda contoterzista viene pagata 10,73 euro mentre nel 2009 la cifra era di 13,48 euro. Così, stando ai volumi di produzione dichiarati, un’operaia specializzata finisce per costare all’azienda più di quanto produca di fatturato. Tod’s impone alle aziende subfornitrici l’esclusività del rapporto di lavoro (come risulta dalla testimonianza in una causa civile dell’ex socio di Euroshoes, Donato Alfarano, e dagli imprenditori che abbiamo sentito). Ma se non c’è alcun contratto scritto che garantisca all’azienda i volumi stagionali di lavoro da parte di Tod’s, l’ossigeno può venir meno da un momento all’altro e l’azienda in pochi mesi finisce sull’orlo del fallimento. È successo a Keope srl, che ha chiesto a Euroshoes e Tod’s un risarcimento danni per 10 milioni, denunciando un “sistema di caporalato industriale” di cui ritiene essere stata vittima. Nell’atto di citazione si legge: “Vi è la precisa scelta di politica commerciale della Tod’s i cui vertici aziendali, in diverse occasioni, l’hanno giustificata, sostenendo che in questa area geografica le aziende produttrici godono della ‘flessibilità salentina’. Intendendo forse (deve essere questo il pregiudizio che ispira la decisione) che nel Salento si possono violare le leggi sul lavoro, rendendo remunerativi anche quei prezzi decurtati”.
La flessibilità salentina Keope e la sua titolare Carla Ventura, 42 anni, una vita da orlatrice specializzata, a lungo capo fabbrica in Albania per il colosso Filanto, per una decina d’anni hanno lavorato per Tod’s attraverso Euroshoes. Il rapporto sulla carta era con il capo filiera, nella realtà era, stando a quel che si legge nell’atto di citazione, si trattava di fornitura diretta di Tod’s: rapporti quotidiani telefonici e via mail per ricevere le direttive sulle lavorazioni; accesso all’area riservata del portale Tod’s con password e account fornito dall’azienda di Sant’Elpidio a Mare per seguire lo stato di avanzamento degli ordini; l’imposizione della remunerazione senza possibilità di contrattazione; la fornitura diretta da parte di Tod’s degli strumenti con cui lavorare (fustelle, marchi) e la loro restituzione tramite corriere senza passare da Euroshoes. Infine l’obbligo del rapporto in esclusiva, senza la garanzia di un contratto scritto. Euroshoes veniva retribuita da Tod’s per il lavoro di Keope con bonifici settimanali ma a Keope girava i soldi con ritardi anche di 145 giorni. Così Carla Ventura e le sue 49 operaie, tutte in regola, si sono ritrovate con l’acqua alla gola. Anche fisicamente: l’opificio si allagava ad ogni catinella d’acqua e in quel posto di lavoro malsano, per non andare in perdita, Keope era in grado di produrre 800 paia di Tod’s al giorno. Ma, a differenza di quanto concordato, non ha mai ricevuto ordini da Tod’s per più di 300 paia. Quando ai solleciti di pagamento verso Euroshoes sono seguiti gli atti giudiziari, Euroshoes ha interrotto le commesse. Tod’s ha poi proseguito il rapporto attraverso un altro capo filiera, facendo però scemare gli ordini fino ad interromperli, senza preavviso. Senza gli ordini del suo principale cliente, Keope ha chiesto e ottenuto il concordato pre-fallimentare.
La fine delle commesse Tod’s, che non aveva mai contestato la qualità del lavoro di Carla e delle sue operaie, è sparita, rispondendo poi ad una diffida di Keope di “non aver mai avuto rapporti commerciali direttamente” con l’azienda. Keope insiste e contesta all’azienda dei Della Valle una lunga lista di cose: abuso di posizione dominante; abuso di dipendenza economica nel contratto di subfornitura; interruzione arbitraria dei rapporti commerciali; violazione dei principi di correttezza e buona fede; imposizioni da parte di Tod’s di condizioni contrattuali gravemente discriminatorie perché, si legge nella denuncia, nelle Marche le aziende vengono pagate il 25 per cento in più rispetto al Salento. Il codice etico di Tod’s, che ovviamente si difenderà nel processo, opponendo la propria ricostruzione dei fatti, recita: “Le società del gruppo Tod’s gestiscono i rapporti con i fornitori con lealtà, correttezza, professionalità, incoraggiando collaborazioni continuative e rapporti di fiducia solidi e duraturi”. Abbiamo chiesto a Diego Della Valle di commentare il sistema che emerge dalla denuncia di Keope ma l’imprenditore ha risposto soltanto: “Me ne intendevo 30 anni fa di quella roba lì; adesso sono meno preparato”. Sulla vicenda Keope la Tod’s risponde via mail che “Keope è sub terzista-del nostro terzista Euroshoes” e la denuncia dell’imprenditrice è relativa “a questioni riguardanti esclusivamente i rapporti intercorsi tra Keope ed Euroshoes, al cui riguardo noi siamo completamente estranei”. E che, comunque, “di norma non entriamo nei rapporti economici o finanziari tra i nostri terzisti e i loro sub-terzisti”. La risposta di Tod’s è firmata da Mirko Bartoloni che, come risulta dalle carte della denuncia dell’imprenditrice Carla Ventura, era destinatario per conoscenza delle comunicazioni commerciali importanti inviate da Luca Della Valle a Keope. Quindi almeno a lui dovrebbe essere noto il rapporto diretto tra Tod’s e Keope, azienda subfornitrice che in teoria non avrebbe dovuto tenere rapporti commerciali con la casa madre.
Keope: ‘Ecco il ‘sistema’ Tod’s in Salento. Nero su bianco. Tra lacrime e sangue’ Carla Ventura, titolare di Keope, descrive “il sistema” con cui è organizzato, in Salento, il lavoro di produzione dei contoterzisti per Tod’s. Dal racconto viene fuori un meccanismo molto simile a quello del capolarato in agricoltura, applicato qui, alla filiera produttiva delle calzature di qualità. Carla Ventura dice che questa è una situazione diffusa: tutti i contoterzisti lavorano a prezzi da fame e in condizioni parzialmente o totalmente illegali. Secondo la Keope, che per anni ha prodotto le tomaie per Hogan prima (come Cri srl) e Tod’s poi, fatturando il lavoro al “capo filiera” Euroshoes, Tod’s ha applicato delle condizioni contrattuali gravemente discriminatorie tra il sud Italia e le aziende con sede nelle Marche: i compensi imposti unilateralmente da Tod’s alle aziende contoterziste, dice nella richiesta di risarcimento danni la Keope, sono nel Salento inferiori del 25% rispetto a quelli praticati nelle Marche. Spiega Carla Ventura: “Per Luca Della Valle il nostro plus era la ‘flessibilità salentina’: ufficialmente non ci diceva di sottopagare i dipendenti, o pagarli in nero, ma quando chiedevamo come potevamo ‘stare’ nei loro prezzi e nei loro tempi ed alle loro condizioni, ci rispondeva: ‘Siete flessibili, saprete farlo’. Io invece non mi sono voluta piegare al ‘sistema’: le buste paga delle mie operaie erano reali, non erano dimezzate, come spesso accade. Quindi il compenso imposto da Tod’s per ogni lavorazione non mi permetteva di coprire i costi. Per questo le aziende che cuciono le tomaie a mano per Tod’s lo fanno fare, spessissimo, in nero, nelle case, alle operaie, tutte donne, espulse dal settore. Il compenso è 0,70/0,90 centesimi a paio. In 12 ore guadagnano 7/9 euro“. Uno sfruttamento che fa accapponare la pelle: basti pensare che i lavoratori africani sfruttati sui nostri campi dai caporali, per la raccolta dei pomodori, angurie, agrumi, percepiscono dai 20 ai 30 euro al giorno. Anche nello sfruttamento e nel lavoro nero c’è discriminazione di genere.

Carla Ventura Carla, avevate un contratto? “Noi abbiamo sempre lavorato sulla parola, senza contratto scritto. Il nostro rapporto, decennale, è stato sempre e solo verbale. Ci imponevano l’esclusiva, ma senza darci alcuna garanzia di continuità. Facevano passare ogni ordine come una singola commessa. Eppure io avevo le mie credenziali per accedere al sito di Tod’s dove venivano caricate le commesse destinate a me. Contabilmente non avevo rapporti con Tods perché fatturavo ad Euroshoes. Ma le mail, i fax, le schede prezzi inviate da Tod’s documentano che il rapporto diretto era quotidiano, perché tutti questi documenti erano indirizzati direttamente alla Keope, e ad Euroshoes, per conoscenza. Dai conti si vede che Tod’s era il mio unico cliente”. Perché nel Salento investire è più conveniente? “Nel Salento è sottinteso che lavorare significhi agire illegalmente: chi si ribella a questa logica, non lavora più. Ed è quello che ho fatto io, che infatti mi ritrovo senza lavoro”. Quando sono cominciati i problemi? “Quando il capofiliera ha iniziato ad arretrarsi con i pagamenti, fino a 145 giorni. A quel punto il capo filiera mi propose di trasferirmi in un locale a lui sottoposto in cambio della regolarità delle commesse e dei pagamenti. Così mi caricò di costi: affitto, macchinari, io assorbii i suoi operai di cui si doveva disfare, bollette. I pagamenti arrivavano a singhiozzo. Mi umiliavano, mi facevano aspettare ore in sala d’attesa, mentre loro, i dirigenti, erano dentro a giocare a freccette. Una volta lo incontrai sulle scale e gli dissi che non ce la facevo più. Mi rispose: ‘Se non ce la fai più, sali sul balcone e buttati di sotto’. Un’altra volta mi disse: ‘Attaccati una pietra al collo e buttati a mare’. Non avevo i soldi per mangiare. Il locale era malsano, non aveva l’agibilità e quando cominciai a chiedere con l’avvocato i pagamenti murarono l’ingresso principale dell’opificio, mentre eravamo dentro a lavorare”. Tod’s era a conoscenza di questa situazione? “Sì. Sembravano disgustati, ma non l’hanno mai fermata. I tecnici sapevano tutto e vedevano coi loro occhi. Luca Della Valle era sempre da noi, con Fernando D’Aquino, il titolare di Euroshoes. Ho chiesto più volte a Tods’ di avere a che fare direttamente con loro senza passare da Euroshoes, e mi dicevano che non si poteva perché era questo ‘il sistema’. Di fatto non abbiamo mai avuto alcuna soluzione da Tod’s. Quando Euroshoes ha interrotto i rapporti con me Tod’s mi ha proposto di continuare a lavorare per loro, ma poi nel volgere di due stagioni il rapporto s’è interrotto. Le commesse che avevamo programmato sono state anate. Mi fa davvero rabbia pensare che un’azienda come Tod’s abbia bisogno di trattare i dipendenti del Sud come manodopera di serie B. Ha garantito il made in Italy ma è come se stesse lavorando in Cina”.
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