Lecce. Ottima riuscita per l’opera andata in scena ai Cantieri. Grande protagonista, l’Orchestra Tito Schipa, che non ha deluso le aspettative
di Fernando Greco LECCE – Molti consensi per la nuova opera “Zazie” andata in scena il 12 aprile ai Cantieri Teatrali Koreja come secondo appuntamento della Stagione Primaverile dell’Orchestra Sinfonica Tito Schipa. L’attuale Cartellone Sinfonico prevede una grande attenzione nei confronti della contemporaneità, a partire dal Novecento storico fino all’attuale millennio, e ciò per volontà del nuovo direttore artistico Ivan Fedele, compositore di origine leccese e di fama internazionale, già premio Abbiati nel 2007 per l’opera “Antigone”. A ciò si aggiunga il ricorso a nuovi palcoscenici, quali appunto i Cantieri Teatrali Koreja di Lecce e il Teatro Verdi di Brindisi, che in associazione al tradizionale Politeama Greco, si spera possano arricchire la Stagione Sinfonica di nuovo pubblico e nuova vitalità.

// La folle journée di Zazie “Zazie”, rappresentata a Lecce in prima esecuzione italiana dopo il debutto al Théatre du Chatelet di Parigi, è un’opera scritta dal giovane musicista Matteo Franceschini su libretto di Michel Beretti tratto dal celebre romanzo “Zazie nel metro” (1959) di Raymond Queneau (1903 – 1976), che peraltro nel 1960 ha ispirato anche l’omonimo film di Louis Malle, interpretato da un giovane Philippe Noiret.

Matteo Franceschini Zazie è una ragazzina di dieci anni che, attraverso una “folle journée” trascorsa in giro per Parigi, fa il suo ingresso nell’adolescenza in maniera surreale e grottesca, mettendo a disagio il mondo degli adulti attraverso un linguaggio irriverente e una morbosa curiosità che, partita dal desiderio di vedere la metropolitana, la conduce a contatto con la strada, con quella società marginale che nasconde a fatica le proprie miserie sotto la cappa della formalità.

Il modo di parlare della ragazza, così singolare nella sua freschezza e nella sua disarmante sincerità, risulta spesso incomprensibile ed è fonte di equivoci rispetto alle convenzioni degli adulti, e ciò avviene per palese proposito di Queneau, che sfrutta l’effetto umoristico derivante dal contrasto tra lingua letteraria e linguaggio parlato, ricco di neologismi. Come se non bastasse una madre uxoricida, la ribelle ragazzina si rapporta con uno stuolo di personaggi dal losco stile di vita, come lo zio Gabriel, che di nascosto si traveste da donna per esibirsi in un locale notturno, e anche un pedofilo che cerca di adescarla regalandole un paio di blue-jeans, gente che, se da un lato fa crescere lo spregiudicato disincanto di Zazie nei confronti del mondo degli adulti, dall’altro rende adulta lei stessa, che conclude la sua gita parigina dicendo ironicamente: “Sono invecchiata”.

Due secoli, e anche due conflitti mondiali, sono trascorsi da quando la piccola Clara, nel racconto “Schiaccianoci” di Hoffmann e nell’omonimo balletto di Chajkovskij, compiva la sua iniziazione adolescenziale sognando il principe delle favole: per Zazie invece, crescere significa passare attraverso le miserie di una periferica e multiforme quotidianità, compreso lo sciopero che le impedisce di ammirare la metropolitana, segno di un progresso tecnologico con i piedi di terracotta. E tutto ciò sempre con il sorriso sulle labbra, con quella stessa spassionata lucidità che faceva dire a Falstaff: “Tutto nel mondo è burla”.

// Il clima parigino L’intelligente scrittura musicale di Franceschini, gradevole e mai banale, si caratterizza per un’efficace sintesi tra canto e recitazione, lasciando ampio spazio all’orchestra che talora gioca con i solisti evidenziando in maniera impressionistica i rumori dell’ambiente parigino (alla maniera di Gershwin nel suo “American in Paris”) talora si lascia andare a temi di indubbia bellezza come il valzer tutto francese che accompagna il giro turistico della protagonista. Lo stesso autore scrive: “… La voce e il trattamento del testo sono al centro della narrazione e dello sviluppo creativo. I musicisti diventano quindi dei veri attori che attraverso la partitura materializzano i rumori, i contrasti e il clima parigino …”. // Gli interpreti Protagonista assoluta della serata leccese, l’Orchestra Tito Schipa diretta da Pasquale Corrado ha suonato in maniera eccellente, interpretando la partitura in maniera nitida e trasparente e rendendo appieno tutte le ardite trovate ritmiche e armoniche dello spartito nonché interagendo spesso con gli interpreti vocali in maniera simpatica ed esilarante.

Pasquale Corrado L’allestimento semiscenico di Christian Gagneron, arricchito dal sapiente light design di Nicolas Roger, ha evocato in maniera simbolica le vicende servendosi di pochi oggetti e coloratissimi costumi, rendendo godibilissima la fruizione dell’opera che peraltro era sempre comprensibile grazie alla presenza di sovratitoli. I tre solisti, punto di forza della serata, si sono rivelati irresistibili sia per affiatamento scenico sia per doti vocali. In primis il soprano Sevan Manoukian, dall’aspetto adolescenziale e perfettamente credibile nei panni di Zazie, ha risolto con intelligenza e vis comica il non facile problema di alternare il canto di coloratura alla recitazione. Esilarante il baritono Jean-Baptiste Dumora nel ruolo di zio Gabriel, forse il ruolo più difficile e più drammatico dell’opera, affrontato con singolare istrionismo.

Jean-Baptiste Dumora e Guillaume Marquet Lo stesso istrionismo che ha caratterizzato la prestazione dell’attore Guillaume Marquet (già premio Molière nel 2011 come “giovane talento maschile”) nei panni del Narratore, di fatto impegnato in veloci e numerosi cambi di personaggio, ognuno dei quali reso con differenti ed efficaci dettagli scenico-vocali.
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