Fratoianni: ‘Incompatibili con Monti’

 

Il consiglio del candidato di Sel a Montecitorio: “La sinistra pensi a raggiungere una vittoria elettorale tale da permettere una maggioranza autosufficiente”

“Consideriamo la nostra presenza in un futuro governo di centrosinistra incompatibile con la contemporanea presenza non tanto del professor Monti quanto della sua formazione politica e delle scelte che l’hanno contraddistinta. Ciò non per una questione ideologica o di antipatie personali ma perché le politiche che caratterizzano quel polo e che hanno caratterizzato l’esperienza del Governo Monti sono delle politiche che noi consideriamo sbagliate, che hanno colpito, come spesso accade nel nostro Paese, lavoratori, pensionati, donne, soggetti più deboli, precari, senza produrre nemmeno il risultato che si prefiggevano: la riduzione del debito”. Con queste parole l’assessore alle Politiche Giovanili e l’Attuazione del Programma della Regione Puglia, Nicola Fratoianni, candidato di Sinistra Ecologia e Libertà a Montecitorio, replica alle sempre più insistenti aperture del Partito Democratico ad una alleanza post-elettorale con il premier uscente Mario Monti. E aggiunge: “E’ alquanto curioso che qualcuno si concentri sugli scenari del post voto addirittura prima che inizi formalmente la campagna elettorale. Per questo mi permetto di dare un consiglio in punta di piedi: credo che a tutta la coalizione di centrosinistra sia più utile lavorare per il raggiungimento di una vittoria elettorale che garantisca una maggioranza autosufficiente”. Assessore, nei giorni scorsi il candidato premier del centrosinistra Pierluigi Bersani e Massimo D’Alema hanno più volte ribadito la volontà dopo le elezioni, indipendentemente dalla vittoria o meno della vostra coalizione, di dialogare con l’area centrista di Mario Monti. Non vi sentite un po’ a disagio? “In campagna elettorale sono molte le ipotesi e gli annunci su cui si articola la discussione. Credo che questo dibattito sul dopo voto sia però un po’ paradossale. Per due ragioni. In primo luogo perché è alquanto curioso che qualcuno si concentri sugli scenari del post voto addirittura prima che inizi formalmente la campagna elettorale. Per questo mi permetto di dare un consiglio in punta di piedi: credo che per tutta la coalizione di centrosinistra sia più utile lavorare per il raggiungimento di una vittoria elettorale che garantisca una maggioranza autosufficiente. In secondo luogo credo che ai cittadini e alle cittadine italiane interessi in questo momento sapere, che cosa abbia da proporre come soluzione ai problemi esistenti – su tutti il lavoro che non c’è, la crisi, l’assenza di diritti – chi si candida alla guida del Paese e soprattutto a rappresentare gli interessi dell’Italia. Questa è la prima cosa che mi vien da dire. Fatta questa premessa, consideriamo la nostra presenza in un futuro governo di centrosinistra incompatibile con la contemporanea presenza non tanto del professor Monti quanto della sua formazione politica e delle politiche che l’hanno contraddistinta. Ciò non per una questione ideologica o di antipatie personali ma perché le politiche che caratterizzano quel polo e che hanno caratterizzato l’esperienza del Governo Monti sono delle politiche che noi consideriamo sbagliate, in quanto hanno colpito, come spesso è capitato nel nostro paese, lavoratori, pensionati, donne, soggetti più deboli, precari, senza produrre nemmeno il risultato che si prefiggevano: la riduzione del debito. Ci hanno propinato il rigorismo per un anno intero, in nome dell’emergenza del debito e perché voluto dall’Europa. Come si è potuto constatare le politiche del rigorismo tecnocratico hanno prodotto una dinamica recessiva e come si vede nelle economie caratterizzate da un grosso debito pubblico, come quella italiana, si è creato nuovo debito, creando una spirale ulteriormente recessiva e l’esigenza di sempre maggiori tagli. Bisogna invece invertire la rotta ed è necessario, a nostro parere, che la parola Governo sia associata alla parola cambiamento. Per queste ragioni la nostra presenza in un governo nel quale sia presente anche la coalizione centrista non è seriamente ipotizzabile. Del resto anche dall’altra parte Casini, non si sottrae dal sottolineare l’incompatibilità con Vendola. Perché tra le due aree sono diversi i contenuti e le proposte. Tutt’altra cosa è invece il discorso riguardo le regole dell’assetto costituzionale dello Stato e del rapporto con l’Europa. Su questi temi invece non solo è possibile trovare un punto di confronto e di intesa con il centro moderato, e non solo con loro, ma è doveroso trovare una intesa più larga possibile in Parlamento”. Sui temi del lavoro Sel ha raccolto le firme per il ripristino dell’articolo 18 e l’abolizione dell’articolo 8 del Decreto Legge n.138/2011 che svaluta il contratto collettivo nazionale. Il Pd ha invece votato in Parlamento queste misure contenute nella Riforma Fornero. Come farete a trovare con i democratici un punto di equilibrio sul tema del lavoro e soprattutto quali sono le vostre ricette per creare maggiore occupazione? “Il tema del lavoro è ovviamente un grande tema e su molti aspetti con il Partito Democratico c’è grande intesa, soprattutto su cosa sia necessario fare per creare nuovi posti di lavoro. Con il Pd c’è grande intesa sul rilancio della scuola, della ricerca, delle politiche di innovazione. Se non si torna ad investire su questi settori e sulla creatività sarà difficile avviare la ripresa economica e far ritornare competitivo il nostro sistema economico. Siamo d’accordo anche sulla necessità di interventi che riguardino il sostegno alla piccola e media impresa e da questo punto di vista l’esperienza di Nichi Vendola in Puglia può insegnare qualcosa. Ci sono questioni che riguardano l’organizzazione del mercato del lavoro ed il terreno dei diritti e delle relazioni contrattuali su cui ci sono invece alcune differenze, ad esempio sull’articolo 18 e sull’articolo 8. Sappiamo che su questi punti ci sono delle differenze di vedute ma sappiamo anche che per governare bisogna assumere anche degli elementi di compromesso. Sugli articoli 18 ed 8 noi abbiamo deciso di raccogliere le firme perché nell’eventualità che il Governo, per diverse valutazioni e difficoltà, non fosse in grado di intervenire e modificare alcune delle riforme che noi abbiamo considerato sbagliate, come quella sulle pensioni, su cui c’è molta più sintonia con il Pd in relazione all’introduzione di modifiche e accorgimenti, il referendum è lo strumento principe per il raggiungimento di tale obiettivo. L’istituto referendario su alcune questioni è di grande rilevanza. Penso ai referendum su acqua e nucleare con i quali si è dimostrato che quando i governi sbagliano ci pensa il Paese reale a mettere le cose a posto”. Voi quindi sentite ancora vostri i referendum sul lavoro? “Certo, abbiamo raccolto e depositato le firme. Ripeto, questo è un tema che noi consideriamo assolutamente importante. Come ho detto, però, se saremo chiamati a governare – sfida come sappiamo complicata perché da otto anni governiamo una grande regione come la Puglia – lavoreremo affinché i punti di divergenza non si trasformino in situazioni di fibrillazione e instabilità per il governo”. Un altro tema importante di questa campagna elettorale sono le tasse, la riforma del fisco e la lotta all’evasione fiscale. Proprio su quest’ultimo tema si sono creati mostri come Equitalia che poco hanno fatto contro i furbi, tartassando invece i piccoli contribuenti. Quali sono le vostre proposte sul fisco? “Sul terreno fiscale abbiamo una proposta molto chiara: la riduzione dell’aliquota fino a 100mila euro di reddito. In questo modo si ridurrebbero le tasse non solo sui ceti cosiddetti bassi ma anche su quelli medi. In questo paese esista ormai un carico fiscale insopportabile per i ceti medio-bassi e va ridotto. Quindi prevediamo di intervenire sulle aliquote con un meccanismo redistributivo. La Costituzione italiana prevede il principio della progressività, fortemente disatteso in questi anni. Noi ci ispiriamo a quello. La nostra proposta si basa sulla riduzione del carico fiscale per questa ampia fascia. Prevediamo invece un aumento molto piccolo per le fasce di reddito fino ad un milione di euro ed un aumento molto significativo e rilevante, stile Hollande, per i redditi oltre il milione di euro. Siamo inoltre favorevoli ad una revisione dell’Imu in senso progressivo, sulla scia di quanto fatto per l’Ici ai tempi del governo Prodi e ad un intervento patrimoniale sugli attivi finanziari, che non sono la casa e i beni immobili, e le grandi rendite”. Assessore siamo di fronte ad un’Europa dominata dai “paletti” della Germania e dal continuo impoverimento delle economie dei Paesi periferici come Italia, Spagna, Portogallo e Grecia. Veramente l’Europa non può prescindere dal fiscal compact? “Penso innanzitutto che l’Italia debba ritornare ad essere protagonista nella dimensione europea e nella dimensione politica della costruzione europea, nella costruzione di un’Europa politica che sia in grado di assumere decisioni importanti non soltanto sul fisco ma anche sulle politiche industriali, sulle politiche economiche, di sviluppo, del welfare. È un po’ curioso, e la mia è solo una battuta, che si faccia sempre riferimento alle richieste dell’Europa quando si parla di tagli e restrizioni e mai quando per esempio si fa riferimento al reddito di cittadinanza. L’Italia insieme alla Grecia è ormai l’unico Paese europeo dove non esiste una forma di reddito garantito e nessuno fa niente. Quando invece la discussione si concentra sul terreno dei diritti e delle tutele, l’Europa perde immediatamente di interesse e cessa di essere il punto di riferimento. Riguardo al fiscal compact, così come è costruito rischia di diventare impraticabile per il Paese, perché credo che l’Italia non possa permettersi, per il 2013, 45 miliardi di euro di tagli. Penso che un governo non debba disattendere gli impegni perché questo sarebbe da irresponsabili, ma che debba invece porsi il problema di ricontrattare in Europa alcuni trattati, di ridefinirne la tempistica ed il quadro attuativo, al fine di renderlo compatibile con lo stato del Paese. Io credo che se questo Paese non torna a mettere in campo una politica di investimenti, una politica espansiva, rischia di schiantarsi e di non farcela dal punto di vista della tenuta sociale”. Quindi se per ipotesi doveste trovarvi Mario Monti in coalizione, dovreste convincerlo a ricontrattare in Europa il fiscal compact…. “Forse all’inizio non sono stato abbastanza chiaro: noi non ci troveremo Monti in coalizione. Noi non vogliamo fare un governo con Monti”.

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