Redditometro. Costa: ‘Se ne poteva fare a meno’

 

Roma. Secondo il senatore del Pdl il rapporto tra contribuente e fisco si potrà rasserenare solamente quando ci sarà sviluppo economico

ROMA – A gennaio prossimo partirà il cosiddetto “Redditometro” ma già dal 20 novembre l’Agenzia delle Entrate ha lanciato il Redditest, un nuovo software che permette al contribuente, nel pieno rispetto della privacy, di verificare preventivamente la congruità tra il reddito familiare prodotto e le spese che vengono sostenute. L’obiettivo, almeno in partenza, è “incentivare” i contribuenti ricchi a fare dichiarazioni dei redditi maggiormente fedeli al proprio stile di vita. Il nuovo Redditometro sarà costituito da 100 indicatori di spesa suddivisi in sette categorie, tra le quali la spesa per il tempo libero, i trasporti, l’abitazione, l’istruzione, gli investimenti immobiliari e mobiliari, dai quali si ricaverà un reddito presunto che non potrà discostarsi di più del 20% da quello effettivamente dichiarato dal contribuente. Alcuni addetti ai lavori vedono il Redditometro come uno strumento inutile nella lotta all’evasione, capace di produrre solo una ulteriore recessione dei consumi. Abbiamo voluto sentire su questo tema il senatore Rosario Giorgio Costa, capogruppo Pdl in Commissione di Vigilanza Anagrafe Tributaria, il quale dopo aver confermato come questa preoccupazione “sia certamente molto forte” aggiunge: “l’Amministrazione finanziaria dello Stato e il direttore dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera stanno facendo un ottimo lavoro. Sono quelli che si occupano delle uscite che stanno facendo un pessimo servizio al Paese, non riuscendo a stringere le maglie sulla spesa improduttiva. Cosa stanno facendo coloro che si dovrebbero occupare dello sviluppo del sistema? Dove sta il Ministero dello Sviluppo Economico? Senatore, in molti credono che il nuovo redditometro possa provocare un ulteriore freno ai consumi. Qual è il suo pensiero in proposito? “In questa stagione in cui tutte le autorità e tutti gli Uffici preposti a contenere l’evasione fiscale sono notevolmente impegnati, dire che forse si sarebbe fatto bene a non insistere con questi strumenti, che alcuni ritengono di persecuzione fiscale, significherebbe dire un’eresia. La preoccupazione però che con il redditometro si verifichi una contrazione della spesa è certamente molto forte. Se si vuole effettivamente contrastare l’evasione fiscale con il Redditometro così come organizzato, vale a dire con ben 100 voci di spesa che colgono i diversi aspetti della vita quotidiana compresi gli incrementi patrimoniali effettuati al netto dei disinvestimenti, certamente l’obiettivo sarà perseguito. Se poi ci si vuol chiedere se sia giusto, quando l’ammalato è fortemente debilitato insistere ancora con la terapia d’urto, allora forse in questo periodo se ne sarebbe potuto fare a meno. Con questo non voglio passare per chi fa l’elogio dell’evasione fiscale però forse se si pensasse meno a perseguire il contenimento dell’evasione, obiettivo che se fosse stato di facile realizzazione si sarebbe realizzato già nei decenni passati, e si incentivasse di più lo sviluppo dell’attività d’impresa e il momento della redditività e quindi l’aumento del gettito fiscale non attraverso l’incremento ma con la diminuzione della pressione fiscale, certamente sarebbe un fatto più virtuoso”. Dalle prime sperimentazioni risulta che circa un milione di famiglie dichiarano reddito zero e che più di quattro milioni di dichiarazioni, cioè circa il 20% del totale, siano caratterizzate da notevoli discrepanze tra redditi dichiarati e consumi effettivi. Sono dati che testimoniano il rapporto sempre più conflittuale tra fisco e cittadini. Allora come si fa a rasserenare questo rapporto? “Innanzitutto bisognerebbe vedere di quei quattro milioni quanti siano al di sotto della soglia di sopravvivenza. Se per esempio di quei quattro milioni, due milioni e mezzo, tre milioni sono persone che possono essere catalogate con un reddito non superiore a 20mila euro è evidente che siamo anche in presenza di un ambito umano che deve scegliere tra la sopravvivenza e l’adempimento fiscale. Quindi è probabile si tratti, in molti casi, di tali contribuenti, che avendo un reddito molto basso sono indotti ad evadere per sopravvivere. Per quanto mi riguarda il rapporto tra contribuente e fisco si potrà rasserenare solamente quando ci sarà sviluppo economico, quando ci sarà tanto sviluppo da poter avere un maggiori dichiarazioni, maggiore gettito e quindi minore pressione fiscale. L’effetto che sull’evasione potrà avere la riduzione della pressione fiscale è enorme. Io durante l’audizione del direttore dell’Agenzia delle Entrate Befera in Commissione ho chiesto proprio di verificare quante persone siano al di sotto della soglia di 20mila euro, soglia che si ritiene possa essere quella di riferimento per un esistenza dignitosa e libera. Se si tratta di evasori compresi in quella fascia, è evidente che, se un giorno le condizioni della finanza pubblica lo consentiranno, sarà sufficiente istituire una no tax area per i redditi fino a 20mila euro e il fenomeno dell’evasione sarà fortemente contenuto. Basti pensare a quello che è successo con l’Imu, che ha svalutato il patrimonio immobiliare di tutti gli italiani del 30%, che ha determinato l’immobilismo del mercato immobiliare, con tutte le conseguenze che ciò comporta in un sistema di libero mercato. Quanto si è fatto in passato per incentivare il mercato immobiliare, su tutto l’introduzione della cedolare secca? Con l’Imu e la tassazione esagerata che comporta, si blocca il mercato immobiliare, si blocca la possibilità di costruire nuove case, si blocca l’occupazione e la produzione di nuova rendita e crolla il valore di tutto il patrimonio immobiliare. E ad uno Stato italiano già povero abbiamo aggiunto l’impoverimento delle famiglie. Questi sistemi di controllo del reddito vanno bene ma accanto a questi occorre incentivare lo sviluppo per produrre nuovo reddito perché se noi raschiamo sempre il fondo dello stesso barile alla fine il barile sarà vuoto. Sappiamo quello che sta succedendo e nessuno fa a per l’attivazione dei fondi strutturali. L’ex ministro Fitto aveva fatto il Piano per il Sud e se fosse stato attuato si sarebbero prodotte nuove iniziative produttive e maggiore gettito fiscale e probabilmente sarebbe fortemente diminuito il bisogno degli italiani. Ora l’evasione fiscale va certamente combattuta ma contemporaneamente va sollecitata la produzione di nuovo reddito”. In assenza di una riforma del fisco che redistribuisca il carico fiscale sulla base del reddito prodotto non crede che sia il Redditest che il Redditometro, che partirà da gennaio, siano strumenti ideati e messi in campo per far meglio accettare la stretta fiscale alle classi più disagiate piuttosto che finalizzate all’effettivo recupero dei tributi evasi? “Il problema però è che le classi più disagiate sono quelle che pagano sempre e con certezza matematica. Il redditometro infastidisce fino ad un certo punto chi ha grandi redditi. L’Amministrazione finanziaria dello Stato, il direttore dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera, chi si occupa delle entrate stanno facendo un ottimo lavoro. Sono quelli che si occupano delle uscite che stanno facendo un pessimo servizio al Paese, non riuscendo effettivamente a stringere le maglie sulla spesa improduttiva. Cosa stanno facendo coloro che si dovrebbero occupare dello sviluppo del sistema? Dove sta il Ministero dello Sviluppo Economico? Se esiste, batta un colpo. Non si può solamente pensare a raccogliere le entrate. Se noi applichiamo l’Imu così come è stata applicata, si blocca il mercato immobiliare, non si comprano più case, non si fabbricano e non si occupa più nessuno nell’edilizia, non ci sarà reddito e quindi neanche gettito fiscale. È tutto legato. Apprezzo e ritengo siano giusti tutti gli sforzi anti evasione che si stanno facendo, ma non si vive di sola lotta all’evasione. Non si può applicare ad un organismo debilitato, come è in questo momento il nostro Paese, una cura da cavallo come questa.”

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