Puccini e l'amore ai tempi dei banchieri
Tra i più piccoli danni collaterali della prima guerra mondiale si annovera l’oblio in cui cadde il più trascurato dei capolavori pucciniani, “La Rondine”, che, essendo il committente austriaco, dovette debuttare in terreno neutrale, Monte Carlo, nel 1917. Tragedie mondiali a parte, la vera anomalia del libretto, scritto dal veronese Giuseppe Adami (che per Puccini farà anche “Il tabarro” e “Turandot”) è proprio l’assenza di tragedia. Non muore nessuno. Magda se la gode nel belmondo parigino facendo la mantenuta del banchiere Rambaldo. Prunier, poeta salottiero a metà fra d’Annunzio e il Totò Merumeni di Gozzano, con una canzonetta riaccende in lei il sogno di un amore vero, come quando frequentava gli studenti, che tutt’al più potevano pagarle una birra. E l’amore sboccia per Ruggero, un provinciale di buon cuore e bell’aspetto. Dopo un breve idillio, però, quando lui le propone un matrimonio, dei figli e una casetta al paesello dove l’attenderebbero i suoceri, purtroppo non spunta neanche un Germont che le dica: “Traviata… vattene!” E così toccherà a Magda stessa rispondere be’… no… sai… non ti merito. Fra le lacrime, tornerà dal banchiere. Facile ironia, che in Puccini diventa subito dramma di due orologi biologici mal sincronizzati.
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