Pizzo: in Puglia tassi fino al 240%

//INCHIESTA. Per “Libera”, la nostra regione, insieme a Calabria, Napoli, Roma e Nord Italia, è avamposto delle attività criminali che strozzano il paese

Ville di lusso, società, auto e barche. Ma soprattutto fiumi di denaro da investire e con cui controllare il territorio. E’ questo il capitale sociale della “Banca dell’usura” mafiosa che, a dispetto della crisi, gode di ottima salute e ricapitalizza a ciclo continuo, con prestiti illegali. La notizia è che, in Puglia, i clan hanno raggiunto il 240% di tasso annuo sui propri crediti. Il dato pugliese è poco al di sotto rispetto a quello calabrese (del Vibonese) dove i clan hanno un tariffario pari al 257% annuo. Nel Cosentino e nella Locride, invece, si scende al 200%. Nelle metropoli, si registra il record di Roma con tassi anche vicino al 1500% annui, che diventano 400% a Firenze e 150% a Milano. Il dato è fornito dall’associazione contro le mafie “Libera”, nel dossier sull’usura 2010/2012, presentato pochi giorni fa. La nostra regione, assieme a Calabria, Napoli, Roma e il Nord Italia diffuso, è considerata avamposto di primo piano delle attività dei sodalizi criminali che strozzano il paese. Secondo “Libera”, infatti, “sono ben 54 i clan mafiosi che negli ultimi ventiquattro mesi compaiono nelle Relazioni Antimafia, nelle inchieste e nelle cronache giudiziarie su reati associativi aggravati dal metodo mafioso e finalizzati all’usura, con tassi che cambiano di regione in regione”. Nonostante il sommerso, molti sono stati i sequestri operati dalla magistratura in giro per l’Italia. In Puglia, al clan Parisi di Bari sono stati confiscati ben 15 milioni di euro. E come raccontano le inchieste, sono proprio le mafie a soffocare i territori. I gruppi criminali hanno creato il grande business riciclando i proventi del traffico di droga o delle scommesse e irrompendo negli spazi dell’economia ancora legale. L’usura praticata dai clan, infatti, inquina l’economia globale e quella locale. Il denaro si disperde tra società fittizie e presta-nome, mentre imprenditori e cittadini sono perseguitati attraverso un crescendo di intimidazioni. E alla fine pagano. Cedono al ricatto pensando di salvare la propria azienda e, invece, la consegnano direttamente nelle mani dei mafiosi. Come è successo a Bari, Taranto e Lecce. E come succede ovunque. Rivela, infatti, il dossier che, nell’ottobre 2010, sono state eseguite 26 ordinanze cautelari (Operazione “Bocciulo”) nei confronti di persone appartenenti al clan Parisi, operante nel capoluogo pugliese, e accusate di associazione per delinquere finalizzata all’usura, alla commissione di estorsioni, riciclaggio ed esercizio abusivo del credito. Le prime indagini, risalenti al febbraio del 2008, partono grazie a una denuncia presentata da un imprenditore barese operante nel settore della ristorazione che, da tre anni, subiva vessazioni e danneggiamenti. L’uomo era stato costretto a pagare tassi usurari annuali che oscillavano tra il 120 e il 240%, vendere una delle sue attività (un esercizio commerciale attivo nel settore della ristorazione) e le due auto di proprietà. “Gli sviluppi investigativi facevano emergere le rilevanti dimensioni della rete delle vittime del racket usurario: imprenditori e commercianti, ma anche persone dedite al gioco d’azzardo, che venivano ‘reclutate’ nei circoli privati (a Modugno, in particolare) con promesse di grandi vincite nei casinò all’estero. Venivano proposti loro pacchetti viaggio ‘all inclusive’ verso la Slovenia, la Croazia, San Pietroburgo e Cipro: vitto e soggiorno gratuiti in esclusivi alberghi con il solo impegno di comprare al Casinò le fiches per 5 mila euro. Vito Parisi guadagnava 200 euro per ogni ‘turista’ inviato, oltre al 10% delle perdite da gioco”. Come detto in precedenza, oltre alle 26 ordinanze di custodia cautelare, “sono stati sequestrati agli indagati beni per un valore complessivo di 15 milioni di euro”. A Taranto, invece, riflettori puntati sul clan Scarci che da sempre estende i suoi interessi anche in Basilicata, (nel Metapontino, a Policoro e Scanzano Ionico). Agli esponenti di vertice – Francesco Scarci, i suoi fratelli Andrea e Giuseppe, i loro rispettivi figli Michele e Salvatore – e altri sette soggetti appartenenti al clan, sono state applicate dal gip, Antonia Martalò (su richiesta del Sostituto Procuratore Lino Bruno della Dda leccese), presso il Tribunale del capoluogo salentino (il 27 settembre 2011, nel procedimento ‘Octopus’) “misure cautelari personali coercitive per i reati di associazione di tipo mafioso, trasferimento fraudolento di valori, atti di concorrenza con violenza e minaccia, estorsione ed usura commesse con metodo mafioso e con finalità di agevolazione mafiosa, nonché detenzione illegale di esplosivo”. Quest’ultimo reato è stato considerato allarmante, “sia per le caratteristiche dell’esplosivo, sia per la quantità, sia per l’uso che se ne sarebbe potuto fare (e che non si è riusciti ad accertare)”. Sulla base del ritrovamento nella disponibilità del gruppo criminale, le Forze dell’Ordine hanno messo le mani su “50 kg di esplosivo ad elevato potenziale tipo ‘Goma’ (già utilizzato per l’attentato alla stazione di Madrid nel 2004), occultato in un fondo rustico alla via Porto Mercantile di Taranto (in zona cittadina, densamente abitata)”. Il dossier di “Libera” non fa riferimento alla provincia di Lecce. Abbiamo così sfogliato le pagine dell’ultima relazione semestrale (giugno – dicembre 2011) della Direzione Investigativa Antimafia, in merito al capitolo “pizzo”, e abbiamo letto che, a fronte di denunce presentate numericamente esigue, le operazioni di polizia comunque confermano come imprenditori e commercianti siano vittime di usura. Riferisce la Dia che il 2 agosto 2011, i Carabinieri di Lecce hanno tratto in arresto tre fratelli, in esecuzione di altrettante ordinanze di custodia cautelare in carcere, accusati di usura, estorsione ed esercizio abusivo di attività finanziaria con l’aggravante della modalità mafiosa. I tre avevano concesso prestiti con interessi mensili nella misura del 10%, per un tasso complessivo annuo del 120%, minacciando in caso di mancato pagamento, azioni ritorsive contro le vittime dirette del ricatto e i loro familiari, nonché dell’impossessarsi di beni aziendali per il recupero dei crediti. Non a caso, i soggetti destinatari della richiesta cautelare, sono stati indicati da più collaboratori di giustizia, come referenti di un gruppo criminale operante a Lecce, nel traffico e spaccio di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti e inseriti organicamente nella Sacra Corona Unita. Articoli correlati Shylock, operazione antiusura (12 ottobre 2012) Estorsione. 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