Casini-Bersani. Mantovano: ‘Meglio per noi’

 

Roma. Secondo l’ex sottosegretario all’Interno l’idea di un patto tra progressisti e moderati lanciata da Casini a Bersani non farebbe che avvantaggiare il Pdl

ROMA – Da una parte l’Esecutivo Monti che incassa l’ok del Parlamento alla contestatissima Riforma del Mercato del Lavoro nonché quello, alla riunione del Consiglio Europeo di Bruxelles, sul cosiddetto “scudo antispread”. Dall’altra i partiti che, in vista delle elezioni politiche del prossimo anno cercano di “collocarsi”. A tal proposito, alcuni giorni fa il leader Udc Pierferdinando Casini ha teso la mano al segretario del Partito Democratico Pierluigi Bersani, lanciando l’idea di un patto tra progressisti e moderati per il dopo Monti. L’annuncio ha comprensibilmente destato molte reazioni, soprattutto nel Popolo della Libertà, alle prese con le nuove e sempre più frequenti apparizioni dell’ex premier Berlusconi nel dibattito politico, dopo alcuni mesi di “strategico”distacco. Abbiamo voluto ascoltare, su questi temi, l’onorevole del Popolo della Libertà Alfredo Mantovano che, oltre ad intravedere nell’apertura di Casini al Pd un vantaggio per il suo partito, sul ruolo del cavaliere precisa: “Non vedo perché una persona come Berlusconi debba mettersi da parte. Quando il centrodestra ha deciso di lasciare il governo e di cedere il passo ai tecnici, il Pdl sembrava aver toccato il fondo dei consensi ed era al 26%. Oggi a seconda dei sondaggi viene valutato fra il 15% e il 20% e in questi mesi Berlusconi è rimasto da parte, in silenzio, lontano dai riflettori e dai salotti televisivi. Mi pare che la sua assenza dalla scena non abbia assolutamente giovato. Anzi”. Alcuni giorni fa il leader dell’Udc Pierferdinando Casini ha fatto riferimento ad un patto tra progressisti e moderati per il dopo Monti. Per molti esponenti del Pdl questa apertura ha rappresentato un segnale della necessità di cambiare passo. Come intendete dialogare con quell’elettorato moderato rimasto spiazzato dalle avances di Casini al Partito Democratico? “L’elettorato dell’Udc è un elettorato in larga parte di centrodestra, che ha sempre gradito, sia pure con tanti distinguo, un’alleanza stabile più da questa parte che dall’altra. Lo ha dimostrato in tante circostanze. Basti pensare alle elezioni 2010, svoltesi contemporaneamente a livello regionale ed in alcune grandi città, quando è accaduto che l’Udc alleata col centrodestra per la guida della Regione Campania abbia avuto un dignitoso risultato, mentre alleata col centrosinistra per il sindaco della città di Torino Fassino abbia più che dimezzato i voti. Quindi questo è un riscontro elettorale, che da un certo punto di vista fa temere relativamente sugli esiti di questo tipo di alleanza. Dovrebbe far temere più chi ha fatto la proposta dal fronte Udc. Inoltre è un’alleanza che, con molta probabilità, si estenderà anche a Vendola e allora sarà interessante vedere come si procederà sia da parte di una forza politica come l’Udc, che finora è stata sempre all’opposizione di Vendola anche in modo motivato, sia da parte dello stesso Vendola. Ci sono dei punti programmatici che sono antitetici tra l’Udc e lo stesso Pd, senza bisogno di fare riferimento a Vendola. Pensiamo al rilancio che qualche giorno fa ha fatto il segretario del Pd Bersani sulle coppie omosessuali. Pensiamo alla considerazione del diritto alla vita e della famiglia in generale, cioè di tutti quei principi che Benedetto XVI definisce non negoziabili. È difficile immaginare che in un’alleanza nella quale, se andrà in porto, si sarà partner minoritari si possa far fare argine a punti programmatici ribaditi anche in modo molto netto negli ultimi giorni da Bersani e da Vendola. E tutto questo creerà imbarazzo tra il vertice dell’Udc e il proprio elettorato. Quindi dal mio punto di vista è una alleanza tutta in perdita. Sono convinto che se il centrodestra non sarà afflitto da smania suicida e da complessi d’inferiorità e saprà invece affermare i propri principi in modo concreto e non soltanto declamato, si possano, grazie a questa alleanza, aprire degli spazi importanti con l’elettorato”. Nei giorni scorsi l’ex premier Berlusconi ha fatto intendere di voler ancora fare politica attiva, proponendosi come ministro dell’Economia di un eventuale Governo Alfano e lasciando intendere di volersi candidare alle Primarie. Non crede che le aperture di Casini al Pd siano diretta conseguenza della incapacità del Pdl di ‘deberlusconizzarsi’? “In primo luogo il Pdl non ha alcuna necessità di deberlusconizzarsi. In secondo luogo se Casini avesse voluto giocare la carta dell’alleanza con il centrodestra ha avuto a disposizione otto mesi per farlo, da novembre sino a qualche giorno fa. In questi otto mesi Berlusconi è stato praticamente da parte, quasi sempre. Non vi era alcun dubbio su un suo essersi ritirato da iniziative politiche attive, si parlava di lui come di una sorta di allenatore, facendo l’analogia calcistica. Quindi Casini non avrebbe avuto ostacoli di questo tipo e la sua scelta è antecedente, anche a livello temporale, rispetto alle ultime uscite di Berlusconi. Dopodiché, siccome siamo in clima Europei di calcio qualcuno oggi può dire in piena consapevolezza che solo per il fatto dell’età Pirlo doveva essere tenuto fuori dalla nazionale? Devo dire che ciò è stato pensato dal Milan un anno fa e credo che si stia mordendo ancora non solo le unghie e le mani ma anche i gomiti perché poi è diventato il trascinatore dello scudetto della Juventus e oggi il trascinatore della Nazionale. Allora cambiando tutto quello che c’è da cambiare non vedo perché una persona come Berlusconi, che certamente come tutti ha fatto degli errori ma ha anche determinato il bipolarismo italiano ed è stato il fulcro del centrodestra fino a pochi mesi fa, debba oggi mettersi da parte. Peraltro quando il centrodestra ha deciso di lasciare il governo e di cedere il passo ai tecnici, il Pdl sembrava aver toccato il fondo dei consensi ed era al 26%. Oggi a seconda dei sondaggi viene valutato fra il 15% e il 20% e in questi mesi Berlusconi è rimasto da parte, in silenzio, lontano dai riflettori e dai salotti televisivi. Allora Berlusconi è una palla al piede? Mi pare che la sua assenza dalla scena non abbia assolutamente giovato. Anzi”. Da molto tempo ormai si attendono novità importanti per il Pdl dal punto di vista organizzativo. Si parla di un nuovo soggetto–contenitore politico che dovrebbe prenderne il posto ma anche di un lista civica nazionale (o più liste civiche). Su quest’ultima ipotesi, si dice che il cavaliere non abbia dato alcun assenso. Lei che cosa pensa in proposito? “Partiamo da un dato di fatto. Il Pdl raggiunse il suo massimo consenso nel 2009, sia con le elezioni europee che, in generale, con quello che indicavano i sondaggi. Ed era un consenso che in quel momento viaggiava intorno al 40% dei voti validamente espressi. Rispetto a quel 40% una buona metà dei nostri elettori oggi resta a casa. Questo da un lato rappresenta una manifestazione di non gradimento della politica del Pdl ma dall’altro costituisce anche una sollecitazione, uno sprone per tutti noi. Metà del nostro elettorato di tre anni fa, in sostanza, ci dice che non va a votare, che non si colloca da nessuna altra parte e che ‘parcheggia’ in attesa di capire che cosa vogliamo fare. L’elettorato del centro destra non è scomparso ma si trova, diciamo, in una situazione di stand – by perché deluso da tante circostanze. Allora per recuperare questo consenso, che, ripeto, non è scomparso ma è in dormiveglia, può essere utile una diversificazione dell’offerta politica, non nel modo frammentato che qualcuno ha ipotizzato, tipo la lista dei giovani, quella delle donne, quella degli anziani eccetera, bensì valorizzando quello che il centrodestra ha espresso sul territorio. Una lista civica nazionale che metta insieme le esperienze territoriali che hanno dato una buona prova elettorale e hanno dimostrato di saper amministrare non è, a mio avviso, una ipotesi da scartare. Si tratta più che di una civica nazionale di una lista territoriale costituita da una federazione delle tante liste locali, un coordinamento di liste territoriali già esistenti, ad esempio la civica di Scopelliti in Calabria, quella della Polverini nel Lazio, quella di Alemanno con Roma Capitale e così via”. Sulle modalità di svolgimento delle Primarie vi sono sul tavolo molte ipotesi: la votazione aperta a tutti, quella on line e il modello americano, con l’elezione a livello regionale di delegati legati ai vari candidati e relativa convention. Lei quale di queste ipotesi sostiene? “Parafrasando Carosone vorrei evitare di far l’americano. In America esiste una tradizione delle Primarie, noi per la prima volta parliamo di Primarie per l’indicazione del candidato premier del centrodestra. Allora non facciamola più complicata di quanto già non lo sia, soprattutto perché ciò rappresenta per noi una novità assoluta. Se devono essere Primarie devono svolgersi in un solo giorno e devono portare ad una elezione diretta e non alla elezione di delegati. Chi ipotizza un meccanismo del genere immagina lo svolgimento a rate di un congresso, che è una cosa diversa dalle Primarie. Le Primarie significano più candidati, svolgimento in una sola giornata, spazio a tutti, non solo agli iscritti ma anche ai simpatizzanti. Sarei perplesso sulla votazione on line perché credo che anche il fatto fisico di recarsi alle urne costituisca una garanzia contro possibili brogli, che invece telematicamente sarebbe difficile a mio parere evitare. E poi recarsi fisicamente ai seggi delle Primarie fa sicuramente sentire maggiormente partecipi”. Mi consenta un’ultima domanda sull’importante vertice di Bruxelles. Il premier Monti ha portato a casa l’importante accordo sullo scudo anti-spread che dovrebbe proteggere maggiormente i paesi europei colpiti dalla speculazione. In un recentissimo sondaggio si afferma invece che il 78% del vostro elettorato è contrario al sostegno dell’Esecutivo Monti. Quali ripercussioni avrà questo risultato positivo del premier sul rapporto con il vostro elettorato? “Il fatto che Monti abbia ottenuto questo positivo risultato – peraltro dopo un dibattito parlamentare nel corso del quale Alfano per conto del Pdl ma direi tutti i leaders di partito hanno molto insistito affinché si avesse un approccio non remissivo ma deciso in Europa – conferma come la scelta difficile e contrastata di appoggiare Monti si sia rivelata importante e alla fine inizi a dare i suoi frutti. Quindi non credo che ciò possa produrre effetti negativi sul rapporto col nostro elettorato. Credo invece che questo punto messo a segno da Monti possa costituire una attestazione della responsabilità con la quale il Pdl ha assunto la difficile decisione di appoggiare il governo dei tecnici”.

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