Roma. Le maggiori perplessità dell’Idv riguardano l’abolizione dell’obbligo di specificare la causale nel primo contratto e le nuove disposizioni sulle partite Iva
ROMA – La scorsa settimana è iniziato in aula al Senato il dibattito sulla riforma del mercato del lavoro. Il testo giunto in assemblea affronta poco e male la “questione giovanile”, nonostante i recenti dati diffusi dalla Banca d’Italia confermino il disagio sociale dei giovani e il crescente ruolo di ammortizzatore sociale esercitato dalle famiglie. Una riforma, inoltre, che sostanzialmente non risolve il carattere “duale” del mercato del lavoro degli ultimi anni. Italia dei Valori si oppone, fin dall’inizio, a questo testo, sottolineando come lo stesso “non garantisca i lavoratori dagli abusi che spesso i datori di lavori compiono in riferimento alle forme contrattuali parasubordinate”. Perplessità, che principalmente riguardano l’abolizione dell’obbligo di specificare la causale nel primo contratto a tempo determinato e la concessione di una moratoria di un anno alle imprese per quanto riguarda il recepimento delle nuove disposizioni sulle partite IVA. “Sono questi gli aspetti, assieme ad altri, che meno ci convincono della riforma presentata dal Governo” afferma il senatore di Italia dei Valori Giuseppe Caforio e “ritengo – aggiunge l’esponente dipietrista – che lo stesso provvedimento non affronti altre importanti questioni come quella dei Centri per l’Impiego con i quali si è contribuito a mio modesto parere – conclude il Senatore – alla istituzionalizzazione del caporalato”. Senatore, è iniziata in Aula al Senato la discussione sul disegno di legge riguardante la riforma del mercato del lavoro. Secondo Lei questa riforma creerà nuove opportunità di lavoro, soprattutto per giovani e donne? “Negli ultimi vent'anni la minore offerta lavorativa e soprattutto la sua dequalificazione è andata di pari passo con il declino dell'economia italiana. Basti pensare che oggi, in Italia, si contano 3,3 miliardi di ore di cassa integrazione tra ottobre 2008 e lo stesso mese del 2011, oltre 4 milioni di precari e partite Iva, aperte semplicemente per occultare lavoro dipendente e un tasso di disoccupazione giovanile che sfiora il 30%, in alcune specifiche realtà del paese addirittura il 50%. Una situazione drammatica che i lavoratori, soprattutto giovani e donne, vivono ormai da molti anni. I contratti di lavoro cosiddetti atipici, previsti e fortemente voluti dal legislatore perché considerati come canali più idonei ad assicurare maggiori opportunità ed offerte lavorative non hanno fatto altro che creare una società pervasa dall'inquietudine di chi non ha la certezza del futuro. La società in cui viviamo è frutto anche di quelle scellerate scelte. Premesso ciò abbiamo più volte evidenziato, come Italia dei Valori, il fatto che questa riforma non garantisca i lavoratori dagli abusi che i datori di lavoro spesso compiono in riferimento alle forme contrattuali parasubordinate. A nostro avviso una buona riforma, nel rispetto di quanto correttamente disposto dal nostro dettato costituzionale, avrebbe dovuto limitare le forme di lavoro parasubordinato tutt'oggi esistenti e cercare di trovare una soluzione al fine di stabilizzare quanti da anni lavorano con tali tipologie contrattuali”. Quali sono i punti maggiormente critici della riforma? “Ci sono molte cose che non ci convincono. Ad esempio, il Governo ha abolito l'obbligo di specificare la causale nel primo contratto a tempo determinato con la durata massima di sei mesi. Non dovendo infatti più specificare le esigenze produttive o organizzative o sostitutive, si genera, a nostro avviso, un pericoloso precedente e un'autorizzazione, tra le righe, ad abusare dei contratti a tempo determinato. Reputiamo altresì grave la concessione dell'anno di moratoria alle imprese nel recepimento delle nuove disposizioni sulle partite iva. In questo modo si consentirà alle aziende di continuare a celare rapporti di lavoro subordinato e di prorogare il termine entro il quale dovranno trasformare tali rapporti in collaborazioni coordinate e continuative. Ritengo però che la riforma non affronti altre importanti questioni”. Quali questioni, senatore? “Ad esempio non interviene sul settore delle agenzie interinali, meglio conosciute attualmente come Centri per l'impiego, che hanno affiancato negli ultimi anni, nell'attività di reclutamento della forza lavoro, le strutture pubbliche a ciò abilitate: gli uffici di collocamento. Attualmente, per tali uffici, si fa veramente grande fatica ad individuare la funzione che svolgono. Negli ultimi anni si è sostanzialmente deciso di depotenziarli favorendo, allo stesso tempo, la nascita di strutture private, appunto i Centri per l'impiego, che hanno comportato un aumento considerevole dei costi e contribuito, a mio modesto parere, alla istituzionalizzazione del caporalato. Ritengo che questo tema sia del tutto trascurato e credo, invece, meriti un approfondimento. Questi Centri per l'impiego se da un lato facilitano, almeno teoricamente, la possibilità di trovare lavoro da parte di disoccupati ed inoccupati, soddisfando le richieste di manodopera delle loro aziende clienti, dall'altro, una volta riusciti nell'intento, trattengono una parte consistente delle retribuzioni dei lavoratori, secondo quanto stabilito peraltro dalla legge. Trattenute che ritengo possano tranquillamente essere considerate come ‘pizzo legalizzato’. Mi preme, inoltre, sottolineare come alcuni Centri per l'impiego siano divenuti teatro di clientelismi e favoritismi, mere strutture volte a favorire l'impiego di forza lavoro segnalata da un esponente politico piuttosto che un altro. Credo sia doveroso che il Governo, il Parlamento, le Istituzioni affrontino e si facciano carico di questo tema se hanno veramente a cuore i diritti dei lavoratori, perché il lavoro è un diritto sancito dalla nostra Carta Costituzionale e come tale deve essere garantito senza che vengano addebitate ai lavoratori situazioni vessatorie che, a causa della situazione di bisogno esistente, diventa veramente molto difficile se non impossibile, contestare. Un sistema del genere credo non sia più tollerabile”. Secondo lei questo sistema cela alcuni interessi? Da parte di chi? “Credo che la domanda sia molto interessante. Tuttavia, ritengo sia difficile e complicato rispondervi. Il fatto però che si eviti di parlarne o di affrontare l'argomento a livello istituzionale, a qualsiasi livello, è un dato su cui bisogna assolutamente riflettere”.
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