L’INTERVISTA. Lecce. Creare sviluppo guardando al territorio. Alfredo Foresta, architetto, invoca un ritorno alla cultura del progetto
LECCE – Dalla tradizione all’innovazione, dal locale al globale. Creare sviluppo con l’impegno di tutelare il territorio, nel pieno rispetto della contestualizzazione urbana. Ne abbiamo parlato con l’architetto Alfredo Foresta, del team ‘Gruppo Foresta’, che opera tra Lecce e Roma. Architetto, quale è stato il percorso per la sua formazione? “La scelta di un indirizzo storico-restauro e la successiva specializzazione post laurea hanno determinato la mia visione secondo la quale il progetto, prima che strumento di trasformazione, è strumento di conoscenza. Ma più in generale la mia formazione risente molto dei rapporti umani, delle sollecitazioni del quotidiano, delle emozioni o degli umori dei diversi periodi; i viaggi, ad esempi, ma più in generale la continua curiosità, sono alla base di questo processo dove tutto diviene uno step formativo, un sapere continuo che si aggiorna, si arricchisce, e poi con il passare del tempo, aumenta dubbi e modifica certezze”. Il Gruppo Foresta abbraccia diverse professionalità. “Una collaborazione che risale fin agli anni dell’Università, è quella con Ester Annunziata e Tiziana Panareo. Con loro ho condiviso quello che era il messaggio del maestro Bruno Zevi: ‘I giovani… se sono architetti, non possono assuefarsi alla passività e all’inerzia; sereni o disperati, devono essere felici perché sono architetti’. E con loro ho condiviso la responsabilità ereditata dalla mia famiglia di mastri costruttori, un contesto familiare che in un certo senso mi ha forgiato. Le nostre progettualità hanno poi coinvolto Michele Martina ingegnere e Vito Colonna, che si interessa di urbanistica. Attualmente nel nostro studio collaborano giovani stagisti pieni di entusiasmo”. Vi interessate di architettura ma con lo sguardo al design, alla comunicazione, al restauro architettonico. Qual è la strategia dello studio? “Ricerca continua e la cultura del progetto, per individuare scelte aziendali, sintesi tra cultura d’impresa ed economia che ci portano a realizzare interventi residenziali, recupero urbano e restauro architettonico, nello stesso tempo, controllo nel dettaglio dell’oggetto di design; un nuovo modo trasversale di essere architetti/imprenditori… ricercatori, designer: partire dalla ricerca della qualità architettonica e proiettarsi nelle dinamiche di mercato”.

Un progetto del Gruppo Foresta Che cosa ha significato per voi realizzare il primo edificio eco-sostenibile nel Salento? “Noi, con la realizzazione di case a ballatoio, vorremmo aprire una stagione per il nostro territorio; vorremmo aver realizzato una testimonianza concreta non valutabile soltanto in metri quadri e metri cubi; il nostro è un semplice auspicio (e non vorremmo rimanesse sogno!): aver realizzato l’inizio di una prassi ordinaria, ricercata dagli attori della filiera produttiva, principalmente il committente”. Può spiegarci quali caratteristiche ha un edificio eco-sostenibile? “Dal mio punto di vista, ecosostenibile non vuol dire necessariamente l’esasperazione di tecnologia dell’ultima ora. In passato, le regole e le caratteristiche del buon costruire erano legate al contesto ambientale dell’edificio, alle fonti energetiche naturali ed alla qualità della vita degli abitanti. Per esempio, case a ballatoio ha superato il livello 3 di sostenibilità regolamentato dal Protocollo ITACA Puglia, attraverso l’interpretazione del contesto tipicamente mediterraneo; utilizza il sistema tradizionale e le pratiche del buon costruire legate al territorio; i temi della luce e della ventilazione tracciano il disegno delle facciate e seguono l’effetto irraggiamento del sole; un sistema termo-blocco ad alta prestazione termica costituisce le tamponature chiuse; il fitto sistema a brise solei, oltre ad assicurare una maggiore riservatezza ai balconi, favorisce il benessere termo-igrometrico interno alle abitazioni, attraverso una ventilazione naturale che consente di mantenere un elevato grado di salubrità dell’aria e, al contempo, minimizza consumi energetici per la climatizzazione e garantisce migliore isolamento acustico; l’acqua di falda è riutilizzata attraverso una cisterna scavata in roccia, posta all’interno della corte”. Com’è cambiato il lavoro dell’architetto e del progettista negli ultimi anni? “Vorrei sintetizzare in pochi concetti: si vive una grande confusione, con saperi che si fondono e si intersecano in logiche non convenzionali; necessita essere dinamici e camaleontici, aperti a più sollecitazioni per interpretare i cambiamenti; è doveroso orientare il proprio operato per poter efficacemente dialogare con interessi legittimi ed esplicitati. Negli ultimi anni,sono cambiate dinamiche, mezzi e strumenti di lavoro; i sistemi informatici hanno sostituito il tavolo da disegno, il mondo delle squadre e squadrette, compassi e curvilinei; sono notevolmente cambiati ritmi, costumi e modi di fare che, in passato, hanno caratterizzato il mestiere dell’architetto. Un esempio vissuto: la nostra attività degli ultimi mesi ha riguardato più direzioni (parco dei bambini e corridoi verdi di viale della Repubblica, interventi immobiliari eco sostenibili, logo Università del Salento, pubblicazione MAS 10, progetto di locali glamour come HEA 180). A ciò bisogna aggiungere il tempo che bisogna dedicare, obbligatoriamente, ad altre discipline: contabili, amministrative, giuridiche (che, non vorrei, prendessero il sopravvento).” Se dovesse consigliare le nuove generazioni che vogliono fare gli architetti, che cosa direbbe loro? “Personalmente cerco equilibrio, sintesi tra incoscienza e capacità; un metodo di lotta con la teoria dell’arte dell’arrangiare. Mi permetto di dare un consiglio: rigore nella ricerca e responsabilità nel proprio ruolo; per relazionarsi produttivamente con chi ti è vicino e per dialogare con i propri interessi (e gli interessi degli altri) è necessario essere in pace con se stessi”. Come vede la Lecce di domani? “Intanto, voglio capire bene la Lecce di oggi, che da tempo mi impegno di conoscere. Per quanto riguarda la Lecce di domani, tre doverose convinzioni: non deve importare modelli pre-costituiti; deve recuperare la memoria storica; deve misurarsi con la cultura del progetto”. Articolo correlato: Casa a ballatoio. Bella e buona
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