L'inaugurazione dell'anno giudiziario

Secondo Rocco Boccadamo bisognerebbe sviluppare nelle scuole l'attenzione a certe tematiche

Sabato 28 gennaio, rituale, solenne inaugurazione, in tutti i Distretti di Corte d’Appello, del nuovo anno giudiziario. Per la prima volta, ho voluto assistere a tale evento, ancorché non dal vivo, ossia a dire con la materiale presenza nel salone d’onore del Palazzo di Giustizia, ma da spettatore privato e isolato, in casa, davanti al teleschermo. Invero, lo spettacolo della celebrazione non mi ha lasciato indifferente, dandomi, anzi, spunto per una serie di riflessioni. Un accenno alla coreografia. Nelle immagini riprese dalle telecamere, ho colto uno spaccato duale, a metà fra l’ambientazione del celeberrimo capolavoro collodiano per ragazzi e le epopee, le magnificenze sceniche suscitate dai capolavori omerici. A ricordarmi “Pinocchio”, le figure dei due militari della Benemerita, in alta uniforme, diritte e severe alle spalle del padrone di casa, ossia dell’alto magistrato posto alla guida del Distretto Giudiziario del Salento, il quale ha svolto una lunga relazione, praticamente tracciando e passando in rassegna, dall’osservatorio e secondo l’angolatura del suo ruolo, la maggior parte delle problematiche, delle cadute, delle devianze e delle reità presenti nel contesto sociale del nostro paese. Parole, sovente di pietra, autentici sassi, certamente non verbi d’infallibilità, nondimeno richiamanti l’attenzione e l’allarme su aspetti che non vanno, situazioni di degrado, diffuse illegalità esistenti intorno, annidate se non camuffate nel tessuto collettivo, cosiddetto civile. Rievocando la scena, a parte gli alti esponenti della Magistratura seduti a fianco, sui due lati, del Presidente, immediatamente sotto lo scranno o palco, con le spalle al Superiore e i volti verso l’uditorio, ecco le altre figure di Giudici, maschi e femmine, della Corte d’Appello del capoluogo salentino, con la consueta tunica rossa distintiva, che nel caso dei Magistrati apicali, si presenta arricchita da brandelli o strati bianchi, insistiti, d’ermellino: a proposito di detto particolare, v’è da augurarsi che gli ornamenti siano ereditati per lunghissime tradizioni di Eccellenze e non oggetto di rinnovamento e/o ricambio frequente, che suonerebbe come non rispetto del raro, ricercato esemplare, ricoperto del bianco e prezioso mantello. Presenti nel salone della celebrazione, i poteri e le Autorità del territorio, una platea attenta, giacché, in fondo, aleggia diffuso e latente il contenuto dei diversi capitoli, fra eventi, criticità, azioni, successi, resistenze, lavoro da fare. Si va dalle disfunzioni del sistema giustizia, ai consistenti arretrati, alla carenza di organici specialmente fra i collaboratori dei Giudici, all’inadeguatezza delle sedi, alle problematiche collegate al sistema carcerario, maggiormente incidenti, queste ultime, sulla carne delle persone, nettamente all’opposto degli obiettivi di rispetto e, possibilmente, di riscatto, che le condanne e le pene, anche nei confronti dei trasgressori di maggior peso e gravita, dovrebbero comunque lasciare e salvaguardare. Restando intorno al pianeta carceri, ne vanno di mezzo finanche innumerevoli tenere creature, costrette, per trascorrere i primi anni di vita vicino alle rispettive mamme, ad avere come nursery e panorama le sbarre, spesso arrugginite, e le brandine delle celle, inequivocabilmente un ambiente affatto sinonimo di gaiezza e di spensieratezza. Non mancano le proposte miranti a rimediare alle carenze, almeno alle più consistenti, e però i mezzi sono quelli che sono e quindi, ha sottolineato bene nella relazione il Presidente della Corte d’Appello, a prescindere dalle risorse e dalle riforme, ciò che s’impone per cercare di rendere efficiente e umana la giustizia e i sistemi che ruotano nella sua orbita, è intanto, da subito, il massimo impegno da parte degli operatori. Tornando al discorso celebrativo odierno, affinché il contenuto non rimanga fine a se stesso, un documento che, magari, raccolto in una brochure per gli addetti ai lavori, rischia di essere riposto su un tavolo o in una libreria, sarebbe opportuno fare in modo che il lavoro d’illustrazione, enumerazione, denuncia e richiamo svolto attraverso la relazione arrivi alla maggior parte possibile di conoscenze e coscienze. In tale ottica, vorrei suggerire, ad esempio, che i responsabili delle scuole di 2° grado, frequentate da ragazzi fra i 14 e i 19 anni, il primo giorno successivo alla cerimonia d’inaugurazione dell’anno giudiziario, disponessero nell’ambito di ogni classe, al posto delle lezioni programmate, la lettura della relazione, curando ovviamente di stimolare e tenere viva l’attenzione degli astanti, mediante il diretto e personale coinvolgimento di gruppi di studenti nella lettura del testo. Credo che sarebbe come porgere di prima mano, a vaste leve di quasi giovani prossimi uomini della nostra società, un intenso approfondimento delle realtà e delle verità del paese in cui vivono. Rocco Boccadamo Lecce

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