Adozione. Ria: ‘Ridurre i tempi’

Roma. La proposta di legge di Lorenzo Ria, deputato dell’Udc, prevede tempi più snelli per evitare sentimenti di sconforto negli aspiranti genitori

ROMA – Sono molte, nel nostro Paese, le coppie che sognano di adottare un bambino. Un sogno difficilmente realizzabile, soprattutto se a disciplinare la materia è una legge, la n. 184/1983 che, se da un lato assolve alla necessità di stabilire i requisiti che la coppia richiedente deve possedere (essere sposati da almeno tre anni o raggiungere tale periodo sommando agli anni di matrimonio quelli di convivenza prematrimoniale; essere idonei ad educare, istruire e mantenere il bambino che si intende adottare), dall’altro, prevede tempi molto lunghi per alcune delle fasi che caratterizzano l’intero iter. Un percorso che, come spesso accade in Italia, è dominato da inammissibili ritardi burocratici, specialmente nella fase in cui i servizi sociali locali sono chiamati a conoscere ed approfondire la vita degli aspiranti genitori adottivi, attraverso la raccolta di informazioni inerenti la loro vita personale, sociale e familiare. Capire, accertare le potenzialità genitoriali della coppia è una necessità assoluta, che prende le mosse da un unico supremo interesse: la tutela del minore. La durata massima di tale accertamento è attualmente quantificata in 120 giorni. Un lasso di tempo oggettivamente troppo lungo – afferma Lorenzo Ria, deputato dell’Udc –Terzo Polo – che deve essere ridotto ad un massimo di 60 giorni, al fine di abbreviare l’intera durata della procedura ed impedire che si verifichino sentimenti di sconforto ed insofferenza tra gli aspiranti genitori. È risaputo che nel nostro Paese ci siano diverse difficoltà legate all’adozione di un bambino. Quali sono secondo lei le criticità maggiori contenute nella legge n.184/1983? “La principale è certamente legata ai tempi. L'iter, disciplinato dalla legge n. 184 del 1983 è caratterizzato da notevoli lungaggini burocratiche che in moltissimi casi non fanno altro che disincentivare il desiderio, anche delle coppie maggiormente motivate e tenaci, di adottare un bambino. Che sono infatti costrette ad affrontare un percorso fatto di ostacoli e tempi lunghissimi con enorme dispendio di energie e soldi. Su quest’ultimo aspetto è sicuramente determinante la crisi economica, ma sulle questioni strettamente procedurali sono troppi i freni, soprattutto temporali, imposti dalla legge n.184”. Che cosa prevede in proposito la sua proposta di legge? “Innanzitutto una drastica riduzione dei tempi per quanto riguarda la fase di monitoraggio e controllo delle abitudini di vita dei coniugi che intendono adottare un bambino. Il periodo di ‘osservazione’ scenderebbe dagli attuali 120 giorni, che ritengo siano oggettivamente troppi, ad un massimo di 60 giorni dalla presentazione della domanda di adozione presso il Tribunale dei minorenni. Entro questo lasso di tempo si dovrà esaminare la capacità educativa della coppia adottante, la situazione personale ed economica della famiglia, la salute, l'ambiente familiare dei richiedenti, i motivi per i quali i coniugi desiderano adottare il minore. Il principale soggetto da tutelare è sempre il minore. Questo deve essere l'obiettivo primario, sia nei tre anni successivi all'ordinanza di affidamento preadottivo, sia ad adozione avvenuta. Ecco perché la mia proposta di legge prevede la verifica del mantenimento dei requisiti posseduti dalla coppia adottante, da parte del Tribunale per i minorenni, in entrambe queste fasi prevedendo, nel caso questi dovessero venire meno, la possibilità di revocare i provvedimenti. Il tutto avvalendosi della preziosa collaborazione del giudice tutelare e dei servizi sociali locali”. Il provvedimento da lei proposto interviene anche sulle adozioni internazionali? “In questo caso, la situazione è altrettanto difficile, addirittura per certi aspetti più complicata. Se da una parte la legge n.184/1983 fa bene a fissare il periodo massimo di quattro mesi tra la presentazione della dichiarazione di disponibilità da parte dei richiedenti l'adozione e la trasmissione dell'istruttoria da parte dei servizi socio assistenziali locali, dall'altra appare necessario imporre un termine entro il quale la Commissione per le adozioni internazionali deve dichiarare l'adozione come rispondente al superiore interesse del minore e pertanto autorizzarne l'ingresso e la residenza permanente nel nostro Paese. E la mia proposta di legge prevede in quest’ultimo caso l’introduzione di una scadenza temporale ben precisa, 30 giorni dalla data di ricevimento degli atti, previa valutazione delle conclusioni trasmesse dall’ente incaricato dell’iter adottivo. In questo modo credo che la procedura di adozione possa concludersi entro un periodo di tempo più consono e ragionevole evitando che prenda il sopravvento un sentimento di sconforto e di profonda insofferenza tra le coppie intenzionate ad adottare”.

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