Santa Cesarea. La Provincia propone alla Regione di cedere le sue quote di “Terme Spa” al Comune, ma questa si rifiuta. I sindacati contestano alla società di non essere stati coinvolti nel progetto
SANTA CESAREA – In vista della privatizzazione della società “Terme spa”, si alimenta il dibattito sul futuro del comparto che più contraddistingue Santa Cesarea. Ad intervenire sono il presidente della Provincia Antonio Gabellone, il quale ieri ha lanciato un appello alla Regione Puglia affinché “affidi il processo di privatizzazione direttamente al Comune di Santa Cesarea trasferendo le proprie quote azionarie allo stesso ente”. Una proposta quella di Gabellone, non proprio condivisa da Bari, dove si fa sapere attraverso l’assessore al bilancio Michele Pelillo che “le quote azionarie hanno un valore patrimoniale molto alto e la Regione non può disfarsene a titolo gratuito; non penso – ha detto Pelillo – che Santa Cesarea abbia bisogno di un regalo così grande e poi perché potrebbe presto esserci l'ingresso di un operatore qualificato a livello internazionale”. Intanto non si ferma la polemica dopo la protesta innescata dai rappresentanti di Filcams Cgil e Fisascat Cisl, pronti a proclamare lo stato di agitazione per cercare di mettere al sicuro circa 120 lavoratori impiegati nel settore termale, in vista della privatizzazione. In particolare la segretaria Valentina Fragassi della Cgil si dice preoccupata del fatto che “si voglia portare a compimento questo processo senza coinvolgere i lavoratori e le organizzazioni sindacali. Noi non vogliamo essere solo informati, ma coinvolti nel processo sul nuovo progetto e sui nuovi assetti organizzativi”. Ai sindacati risponde il presidente di “Terme” Salvatore Serra: “Occorre precisare – scrive Serra in una nota – che l'incontro di sabato con le organizzazioni sindacali che sarebbe stato giusto rinviare vista l'assenza per impegni sopravvenuti del presidente, voleva essere solo un incontro interlocutorio in attesa di quello formale in programma la prossima settimana. Pur ammettendo l’errore – dice il presidente – stupisce che i sindacati, in genere molto scrupolosi e attenti ai fatti, trasformino la legittima preoccupazione circa il futuro assetto proprietario della società ‘Terme’ in una occasione per attaccare i soci e contestare il Consiglio di amministrazione”. Serra poi chiarisce che per quanto riguarda la privatizzazione il Cda “non ha alcun potere decisionale essendo questa una prerogativa esclusiva dei soci” e ricorda come detto prima, che il processo di vendita ai privati delle quote pubbliche è un processo stabilito da una legge nazionale a cui la Regione Puglia sta dando attuazione. “Per ciò che riguarda la richiesta di migliori capacità manageriali, si ricorda – spiega Serra – che questo Cda tra mille difficoltà e polemiche strumentali ha conseguito importanti risultati e messo in sicurezza il futuro economico della società e dei lavoratori realizzando e programmando i necessari interventi di riqualificazione. Certo si può fare di più – conclude il presidente -, anche il rinnovato clima tra i soci può favorire lo sviluppo dell'azienda e del territorio, ma i risultati si raggiungono se tutti concorrono a svelenire un clima troppo spesso inquinato da aspettative particolari”. 5 ottobre 2011 Terme verso la privatizzazione. A rischio 120 posti SANTA CESAREA – Lo spettro della privatizzazione della società “Terme spa” di Santa Cesarea, fa scattare la mobilitazione dei rappresentanti sindacali di circa 120 lavoratori. A lanciare l’allarme sono le sigle Filcams Cgil e Fisascat Cisl che si dicono pronte a proclamare lo stato di agitazione e denunciano che “operazioni poco chiare possono pregiudicare il destino delle Terme, patrimonio di tutti”. La protesta è scoppiata dopo un incontro tenuto l’altro giorno tra i sindacati e il direttore generale di “Terme spa” in cui quest’ultimo ha comunicato che è intenzione della proprietà avviare il processo di privatizzazione dismettendo le quote pubbliche. E ciò anche in ragione del fatto che da Bari la Regione Puglia ha intenzione di uscire da tutte le società partecipate, compresa quella che gestisce il comparto termale cesarino. Cgil e Cisl preso atto della notizia divenuta ormai ufficiale, hanno criticato questa scelta e allo stesso tempo “l’atteggiamento di insensibilità del presidente e dei componenti del Consiglio d’amministrazione, assenti a un incontro così importante: il Consiglio di amministrazione non avverte l’esigenza di confrontarsi con i lavoratori su tematiche che li riguardano da vicino”. Non esenti da critiche anche Regione Puglia e Comune di Santa Cesarea, “assenti anche loro, soci delle ‘Terme’ e decisi a mandare all’aria un progetto che tiene in piedi importanti equilibri occupazionali nel territorio senza confrontarsi con nessuno”. Davanti a questo, i sindacati chiedono le “dimissioni del presidente e del Cda e la nomina di un amministratore unico con capacità professionali e manageriali all’altezza della situazione”. A Regione e Comune di Santa Cesarea richiedono, poi, un incontro “urgente per essere partecipi dei processi in corso e di cui i lavoratori sono tenuti totalmente allo scuro: la componente lavorativa non è una variabile indipendente ma un punto di riferimento dei risultati positivi ottenuti con sacrificio e dedizione in 25 anni di attività lavorativa anche precaria”. Il sindaco di Santa Cesarea Daniele Cretì, da parte sua, si dice disposto a “qualsiasi incontro e confronto con i lavoratori e la Regione Puglia”, a patto però si mettano sullo stesso piano le “questioni del futuro dei lavoratori a seguito di una privatizzazione e il discorso della struttura del Nuovo centro termale”, che versa da anni in uno stato di degrado e abbandono. “Nessuna delle rappresentanze sindacali ha invitato il Comune ad alcun incontro – spiega Cretì -, comunque nostra intenzione è confrontarci per discutere del futuro di questo importante settore. A tal proposito di recente abbiamo chiesto durante un’assemblea dei soci di far rientrare l’Albergo Palazzo, ora gestito da terzi, nella disponibilità della società Terme”.
Sostieni il Tacco d’Italia!
Abbiamo bisogno dei nostri lettori per continuare a pubblicare le inchieste.
Le inchieste giornalistiche costano.
Occorre molto tempo per indagare, per crearsi una rete di fonti autorevoli, per verificare documenti e testimonianze, per scrivere e riscrivere gli articoli.
E quando si pubblica, si perdono inserzionisti invece che acquistarne e, troppo spesso, ci si deve difendere da querele temerarie e intimidazioni di ogni genere.
Per questo, cara lettrice, caro lettore, mi rivolgo a te e ti chiedo di sostenere il Tacco d’Italia!
Vogliamo continuare a offrire un’informazione indipendente che, ora più che mai, è necessaria come l’ossigeno. In questo periodo di crisi globale abbiamo infatti deciso di non retrocedere e di non sospendere la nostra attività di indagine, continuando a svolgere un servizio pubblico sicuramente scomodo ma necessario per il bene comune.
Grazie
Marilù Mastrogiovanni
------
O TRAMITE L'IBAN
IT43I0526204000CC0021181120
------
Oppure aderisci al nostro crowdfunding