Il dramma della prostituzione sulla ss 16

 

Sono sempre più numerose le ragazze nigeriane che, in cambio di false promesse, si prostituiscono sulle nostre strade

Sono donne e nigeriane. Le sfruttate del Sud Italia. Secondo lo United Nations Interregional Crime Research Institute, l’Italia è la destinazione principale per più di 10.000 prostitute nigeriane, vittime del traffico che da Benin City nutre il commercio sessuale delle maggiori città europee. Un traffico legato a doppio filo al contrabbando di droga. Le donne e le ragazze sono spesso costrette a sottoporsi ad un giuramento con un rituale voodoo detto “Juju” che le impegna a rimborsare i soldi che devono ai loro contrabbandieri, pena la morte. E l’unico modo per farlo è prostituirsi. La “maman” che le aspetta in Italia le priva dei documenti e degli effetti personali, offre loro un posto in cui vivere pagando un affitto e le prepara alla professione. Si tratta di donne che si trovano, numerose, sulle strade della nostra provincia. E aumentano di numero con l’arrivo dei lavoratori africani per la raccolta dei cocomeri e dei pomodori. Arrivano in treno da Bari alle 7.30 del mattino. Si avviano per via Lequile e si fermano al sottopassaggio. “Lì ad aspettarle – denuncia il fondatore dello Sportello dei Diritti Giovanni d’Agata – ci sono italiani che, in cambio di una prestazione sessuale gratuita, le accompagnano fino alla Strada Statale 16, tra Lequile e Nardò. E’ là che le lasciano”. La sera, poi, ritornano in provincia di Bari. Si tratta, secondo D’Agata, di una organizzazione molto forte: “dobbiamo fermarli prima che prendano il pieno controllo della nostra regione; dobbiamo evitare di contribuire ad alimentare il mercato della prostituzione da tratta”.

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