La Regione Puglia assieme ad altre Regioni italiane si oppone alla proposta del Ministero di destinare 100 milioni per il recupero di abitati minori. “L’emergenza colpisce soprattutto le grandi città”
“Il governo dia autonomia alle Regioni nella destinazione delle risorse per far fronte a specifiche situazioni di emergenza abitativa”. E’ la richiesta dell’assessora regionale Angela Barbanente in riferimento ai dati resi noti nei giorni scorsi dal Sunia e dal Ministero dell’Interno che descrivono la Puglia come una regione in cui l’emergenza sfratto è superiore alla media nazionale. La situazione di criticità sarebbe conseguenza, secondo l’assessora, di canoni di locazione non sostenibili, dell’impoverimento delle famiglie e della precarietà delle nuove generazioni, della dismissione di decine di migliaia d’alloggi pubblici. E’ per questo che la Regione Puglia, assieme alle Regioni Basilicata, Liguria, Lombardia e Toscana nell’ultima riunione della commissione Politiche abitative della Conferenza delle Regioni, ha espresso netta contrarietà alla proposta del Ministero delle Infrastrutture per la destinazione di 100 milioni di euro ad interventi di recupero nei centri storici di abitati minori (al di sotto di 7.500 abitanti), posti ad una distanza non superiore a 25 chilometri dai capoluoghi di provincia, attraverso un bando di gara a livello nazionale e con un apporto obbligatorio da parte dei Comuni di risorse aggiuntive pari a 30% del finanziamento. “Un provvedimento velleitario e astratto”, ha commentato Barbanente, in quanto l'emergenza abitativa colpisce soprattutto le grandi città e le fasce sociali più disagiate. L’assessore, infine, rivolge un appello a tutti gli enti che hanno competenza in materia di politiche abitative, perché “operino ogni sforzo per accelerare le procedure di attuazione degli interventi finanziati con fondi regionali, i quali prevedono tanti alloggi pubblici e sociali, utili non solo per alleviare il disagio abitativo ma anche per contrastare la crisi del settore edilizio”. 12/07/2011 Da Lecce alla Puglia è allarme sfratti di Andrea Gabellone Il Sunia, Sindacato Nazionale Unitario Inquilini ed Assegnatari, l'aveva previsto, ed in effetti, il problema “casa” a Lecce assume proporzioni sempre più evidenti. Sono infatti 1000 le domande per gli alloggi popolari nel capoluogo salentino e, dato ben più grave, le abitazioni disponibili sono di gran lunga inferiori alla richiesta. Quello leccese è un quadro desolante se si pensa che il ceto medio-basso è costretto alla ricerca di soluzioni abitative immediate ed il numero di famiglie bisognose è in continua crescita, causa i canoni insostenibili e la crisi occupazionale. A fronte di quest'esigenza, sembra che poco sia stato fatto da parte degli enti locali, i quali non sembrano accorgersi di come si stia aggravando la situazione. I numeri messi a disposizione dal Sunia sono sconfortanti: nel 2010 sono state 881 le richieste di esecuzione sfratti emesse, di cui 254 già eseguiti nella città di Lecce. Tuttavia, il problema non si limita al solo Comune di Lecce, ma interessa l'intera regione. In Puglia ci sono più sfratti che nel resto d’Italia. Le famiglie che rischiano lo sfratto esecutivo sono 3.707: l’85% dovuto a morosità e il restante 15% a causa della finita locazione. Questi i risultati venuti fuori da un'indagine dell’Ufficio statistico del Ministero dell’Interno. Inoltre, secondo il Sicet Cisl, nella nostra regione, circa 25 mila famiglie hanno chiesto un alloggio popolare ed oltre 50 mila nuclei familiari si rivolgono agli enti locali per un contributo economico al canone d'affitto. Talvolta si tende a dimenticare che la casa, come altri beni essenziali, è un diritto del cittadino e, sfortunatamente, sono sempre di più le famiglie a non poterne usufruire. Ostelli in disuso, ex colonie, seminari vuoti e case abbandonate sono le possibili soluzioni ad un problema dilagante. Le amministrazioni e la Curia, però, sembrano proprio non rendersene conto.
Sostieni il Tacco d’Italia!
Abbiamo bisogno dei nostri lettori per continuare a pubblicare le inchieste.
Le inchieste giornalistiche costano.
Occorre molto tempo per indagare, per crearsi una rete di fonti autorevoli, per verificare documenti e testimonianze, per scrivere e riscrivere gli articoli.
E quando si pubblica, si perdono inserzionisti invece che acquistarne e, troppo spesso, ci si deve difendere da querele temerarie e intimidazioni di ogni genere.
Per questo, cara lettrice, caro lettore, mi rivolgo a te e ti chiedo di sostenere il Tacco d’Italia!
Vogliamo continuare a offrire un’informazione indipendente che, ora più che mai, è necessaria come l’ossigeno. In questo periodo di crisi globale abbiamo infatti deciso di non retrocedere e di non sospendere la nostra attività di indagine, continuando a svolgere un servizio pubblico sicuramente scomodo ma necessario per il bene comune.
Grazie
Marilù Mastrogiovanni
------
O TRAMITE L'IBAN
IT43I0526204000CC0021181120
------
Oppure aderisci al nostro crowdfunding