Lecce. Lucia Bartolomeo, all’ergastolo, ci ringrazia per averle dato modo di lanciare, dalle pagine del nostro portale, il suo appello per vedere la figlia
LECCE – “La verità è una rete fatta di tanti fili intrecciati”. Nessuno dovrebbe credere di possedere la verità assoluta; perché di verità, spesso, ce ne sono tante. Soprattutto nessuno dovrebbe credere di sapere che cosa sia meglio per una bambina, senza prima averla interpellata, senza aver chiesto a lei di conoscere la sua volontà. La frase virgolettata è contenuta nella lettera che Lucia Bartolomeo ha inviato alla nostra redazione. Ci ringrazia di aver pubblicato in versione integrale e senza censure un suo precedente appello, con cui chiedeva di tornare a vedere la figlia, dopo che il Tribunale glielo aveva vietato. Lucia è stata ascoltata; la sua bambina è stata ascoltata, visto che anche la piccola aveva espresso il desiderio di riprendere gli incontri mensili con la madre presso il carcere di Lecce, perché ne aveva bisogno. Un grazie scritto a mano, ancora una volta, ed ancora una volta con l’inchiostro blu; ci ringrazia per averle dato modo di esprimersi: “Il luogo in cui mi trovo non permette una comunicazione con l’esterno”, scrive. Riportiamo, come sempre abbiamo fatto, anche questa nuova missiva di Lucia. Perché al di là del caso giudiziario, come lei scrive, “resto sempre una persona”. Una persona a cui dare voce, quando da molti parti ciò è negato. Preg.ma dott.ssa Luisa Mastrogiovanni, Le scrivo per ringraziarla di aver pubblicato prontamente e senza censura alcuna la mia lettera. il luogo in cui mi trovo non permette una comunicazione con l'esterno e spesso il nostro dolore, le nostre storie restano confinate all'interno delle alte mura, quelle visibili e quelle invisibili. Spero di potermi sempre rivolgere a lei per far udire anche la mia voce perchè resto comunque e sempre una persona e non un atto giudiziario. Con gioia la informo anche che, per ora sono stati ripristinanti gli incontri con mia figlia, non solo nel mio interesse ma soprattutto nel suo che è l'obiettivo primario da raggiungere. Con l'augurio che questa comunicazione che abbiamo instaurato continui e scuota le coscienze di tutti coloro che credono di possedere la verità assoluta quando invece essa è una rete fatta di tanti fili intrecciati. Con stima e affetto le porgo distinti saluti. Lecce, 19/06/2011 Bartolomeo Lucia Lettera Lucia Bartolomeo del 19 giugno 2011 21/06/2011 Dietrofront dei giudici: Lucia rivedrà la figlia LECCE – Lucia Bartolomeo potrà vedere la figlia. Davanti alla richiesta della bambina di ritornare ad incontrare la madre, i giudici hanno dovuto fare un passo indietro. E dunque accoglierla, quella richiesta. Perché arriva direttamente dalla piccola ed è dettata dal suo desiderio ma anche dal suo bisogno naturale di stare a contatto con la madre. E così il collegio presieduto dalla giudice Maria Rita Verardo, con a latere la giudice togata Lucia Rabboni e gli onorari Concetta Rausa ed Antonio Facchini, ha revocato il provvedimento che, dal marzo scorso, vietò le visite a cadenza mensile della bambina nel carcere di Borgo San Nicola, dove la Bartolomeo si trova, perché condannata all’ergastolo in primo grado ed in Appello per l’omicidio del marito. Poco meno di un mese fa, Lucia aveva inviato una lettera alla redazione del Tacco, nella quale chiedeva a noi di aiutarla a comunicare il suo bisogno profondo di rivedere la figlia. Che coincide esattamente con quello della bambina di incontrare la madre. E per fortuna i giudici ne hanno tenuto conto. 26/05/2011 Lucia Bartolomeo: ‘Aiutatemi, non mi fanno vedere mia figlia’ di Maria Luisa Mastrogiovanni LECCE – La lettera arriva per raccomandata, in tarda mattinata. La rigiro a cercare il mittente e ho un tuffo al cuore: è di Lucia Bartolomeo, l’infermiera di Taurisano condannata all’ergastolo per aver ucciso il marito con una dose letale di eroina. E’ un foglio protocollo tirato via dalle spille di un quadernone di quelli che si usano a scuola. Ha le righe larghe, che vengono usate dalla quarta elementare in su. Sicuramente un quadernone come quelli che usa la sua bambina, penso subito. La scrittura è tonda, senza picchi particolari, scritta con l’inchiostro blu. E’ indirizzata a me ma si rivolge a tutta la redazione del Tacco. Ci chiede aiuto. Da quando ha rilasciato l’intervista a “Storie maledette”, di Rai tre, denuncia, il Tribunale dei minori con un provvedimento ad hoc le ha impedito nuovamente di vedere sua figlia. E’ una lettera priva di retorica, con cui Lucia mai alza la voce. Vuole solo vedere sua figlia. Ha già fatto uno sciopero della fame di 24 giorni, in passato, ed ora è tornata nell’inferno. L’inferno che può essere per una madre essere lontana dai suoi figli. Sottolinea il paradosso: posso parlare al telefono, ma non di persona. Perché? Effettivamente, come Lucia sottolinea, l’intervista alla nota trasmissione di Rai tre non ha aggiunto a rispetto a quanto contenuto nel fascicolo processuale. Non sono state fatte rivelazioni diverse da quelle già note ai giudici. Quindi se prima della trasmissione è stato considerato giusto che mamma e figlia si potessero vedere, perché ora il bene della figlia sarebbe quello di essere lontano dalla madre? Un’incongruenza che viene evidenziata da Lucia e che a mio parere non fa una piega. Sono con lei. Come mamma e come cronista. Vi invito a leggere il suo appello e a lasciare un commento firmato con scritto: “Fate vedere la figlia a Lucia”. Alla cortese attenzione della direttrice del giornale “Il Tacco d’Italia” Io sottoscritta Bartolomeo Lucia, attualmente ristretta presso la C.C. di Lecce, Borgo San Nicola, con posizione giuridica “ricorrente” in Cassazione, condannata alla pena dell’ergastolo, sempre per il famoso processo dove vengo accusata di omicidio volontario per la morte di mio marito Attanasio Ettore, Vi informo che: finora non sono riuscita a trovare giustizia perché di tutto quello che è stato detto e da come risulta sugli atti, non ci sono prove ma sono solo accuse fondate su indizi e su libere interpretazioni, ma sono stata condannata ugualmente. Per mia scelta ho voluto cercare di avere un po’ di giustizia e quindi mi sono rivolta alla trasmissione televisiva “Storie maledette”, rilasciando un’intervista alla giornalista Franca Leosini per raccontare come è l’intera vicenda senza tralasciare nessun particolare, nemmeno il più banale. Fatto sta che da quando questa mia storia è andata in diretta in tv, ho avuto anche il resto, perché mi sono stati bloccati i colloqui con la mia bambina alla quale tengo più di ogni altra cosa al mondo, infatti lo scorso anno ho dichiarato lo sciopero della fame, protratto per ben 24 giorni. Psicologicamente sono a pezzi, perché mia figlia la amo tantissimo e senza di lei non ce la faccio a vivere, e poi è proprio un controsenso che al telefono posso sentirla e i colloqui non me li fanno fare. Dov’è la coerenza e la giustizia? Tutto questo mi fa rabbia e mi ritrovo a difendermi sola contro il mondo intero e questo non lo ritengo proprio giusto. Sembra proprio che sulla spalla ho un diavolo che mi perseguita. Una persona non ha diritto a difendersi da un’accusa così pesante quale un omicidio, deve rimanere in silenzio, inerme, rassegnarsi che il mondo gira all’incontrario, non ha diritto alla parola. Spero che con questa mia lettera qualcuno possa ascoltare il mio grido di dolore, mia figlia è l’unica forza che mi aiuta a cercare di superare tutti questi ostacoli, devo dire grazie solo a lei, perché io vivo solo per lei, mi manca tantissimo. Solo chi è madre può capire il mio dolore, i bambini sono innocenti e pezzi di cuore, e tra l’altro non ritengo giusto che anche lei debba soffrire in questo modo visto che vuole vedermi e le viene impedito. Se Dio esiste veramente, avrò la sua giustizia divina per tutto questo inferno che sto passando con tutta l’innocenza che ho. Se io fossi stata realmente colpevole di tutto questo me ne sarei fatta una ragione, ma siccome sono innocente a tutti gli effetti, la legge è veramente ingiusta con me. Sì, ho commesso degli errori nella mia vita, di cui sono pentita, ma sono errori morali e non credo che il peccato sul codice penale sia reato. Spero solo che la verità un giorno emerga per quella che è, che sia fatta giustizia e che mi facciano vedere al più presto la mia bambina, perché non ce la faccio veramente più e questa sua lontananza mi fa veramente molto male. Non chiedo pietà, né tantomeno compassione, ma che la mia piccola bambina possa ritornare a trovarmi come prima, come fanno tutti i figli delle detenute, senza dover ricorrere di nuovo allo sciopero della fame. Spero che questa mia lettera oltre ad essere pubblicata, possa essere letta da chi è madre e quindi può capire che cosa significhi il dolore di non poter vedere una figlia. Comparendo su “Storie maledette” non avevo intenzione né di mettermi in mostra né di divertirmi, ma solo di chiarire all’opinione pubblica come è realmente l’intera vicenda; credo di esserci riuscita considerato che ho ricevuto montagne di lettere in carcere da persone che hanno seguito l’intervista e credono nella mia innocenza. Sono andata per prima io in trincea parlando della mia vita privata e degli errori commessi, con molta sincerità ho raccontato i fatti; se non l’avessi fatto, avrebbero detto che ho raccontato solo ciò che mi conviene, invece non è stato così. Tra l’altro tutto ciò che ho detto era già presente sui fascicoli del processo, per cui a di nuovo è emerso che potesse giustificare un provvedimento così aspro da parte del Tribunale dei minorenni che ha troncato tutt’in una volta i colloqui con mia figlia. Tutto così assurdo ma soprattutto inspiegabile e crudele. In fede, Lucia Bartolomeo Articoli correlati: Omicidio Attanasio: resta in carcere Lucia Bartolomeo (25 novembre 2010) Lucia Bartolomeo: ‘Non accetto questa pena’ (31 maggio 2010) Il Tribunale: “Può incontrare la figlia” (20 gennaio 2010)
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