Sovrintendenza? E' meglio chiuderla

Lecce. Provocazione del forum ambiente e salute del Salento, che elenca tutte le inefficienze dell'Ente

Il Ministero ai Beni Culturali ha deciso di chiudere la sede distaccata della Soprintendenza di Lecce ai Beni Culturali e Paesaggistici, trasferendone le funzioni alla sede principale di Bari. Il mondo politico locale, in un moto d’orgoglio, si è mosso per chiedere che tale ufficio decentrato e territoriale sia invece mantenuto. Ma le associazioni e i comitati ambientalisti, in prima linea nella difesa del territorio, del paesaggio, dell’ambiente e dei suoi tesori culturali, si chiedono se tale difesa a priori abbia un senso. “E’ giusto chiedere, e chiediamo anche noi, dicono gli aderenti al Forum ambiente e salute, in una nota sottoscritta anche dal Coordinamento civico apartitico per la tutela del territorio, che Lecce abbia una locale sede della Soprintendenza per mille motivi logistici evidenti, ma non possiamo accodarci a questa mobilitazione, senza premettere ed evidenziare delle richieste precise e categoriche, il cui non rapido accoglimento nel presente e futuro modus operandi dell’ufficio salentino in questione, vanificherebbero il senso profondo della importante mobilitazione stessa già ad oggi sollevatasi. Se il futuro ente-ufficio decentrato nel Salento della Soprintendenza dovesse rifare e non correggere d’urgenza gli errori del presente e del recente passato, allora forse, con dolore diciamo, “è meglio che sia chiuso!” La nostra stessa esistenza, e di tanti comitati locali ovunque nel territorio salentino, fioriti proprio in questi mesi ed ultimi anni, di fronte alle emergenze, se da un lato è il fiore bellissimo di un impegno civico che nasce dal basso a difesa del territorio e dei suoi valori culturali ed ambientali, dall’altro è anche il triste sigillo del fallimento istituzionale di enti che per loro fisiologica natura dovrebbero vigilare e tutelare il nostro Salento, e tra questi in prima linea, al top, si colloca proprio la Soprintendenza ai Beni Culturali e Paesaggistici di Lecce! Si proprio quel bene, il “paesaggio”, tutelato nei principi fondamentali e fondanti della nostra Repubblica, come impegno prioritario dello Stato Italiano, nell’articolo 9 della nostra Costituzione e voluto con forza, in giovane età, all’epoca della costituente, proprio da uno dei figli migliori, più grandi del Salento, lo statista Aldo Moro“! Gli ambientalisti passano poi in rassegna le principali criticità di cui, a parer loro, dovrebbe occuparsi la Sovrintendenza: la settecentesca del Casale di Miggianello a Scorrano, e Masseria Bellico a Soleto del ‘400; il Trullo monumentale di Melendugno, il cosidetto “Furnieddhu cranne”, famosissima icona da cartolina, dove si è consentito ai lager del fotovoltaico industriale di divorare, desertificare e vetrificarne il paesaggio di prati in fiore circostante; la Palude “Li Russi”, luogo di approdo nelle stagioni piovose di centinaia di uccelli migratori, tra gli oliveti secolari del costituendo regionale Parco naturale dei Paduli-Foresta Belvedere, dove il Comune di Supersano ha permesso la nascita di impianto fotovoltaico industriale. Il Forum chiede poi che vengano imposti i vincoli ai preziosissimi paesaggi dei pascoli rocciosi a pseudo-steppa mediterranea dell’entroterra salentino, habitat prioritari per la Comunità Europea secondo la Direttiva Habitat 92/43/CEE, ma che “tanti amministratori locali denigrano ignorantemente e strumentalmente come “terreni improduttivi” o “abbandonati”, al fine di favorire la loro vetrificazione fotovoltaica e dunque la loro criminale desertificazione. Pensiamo ai pascoli “nicchiarica” tra i comuni di Scorrano, Muro Leccese, Botrugno, San Cassiano, Nociglia, Surano, e quelli della vasta contrada “Chiani” tra Maglie, Melpignano, Corigliano, Cutrofiano e Scorrano, dove cresce la tutelata rarissima graminacea chiamata “Lino delle Fate Piumoso” (Stipa austroitalica)”. E ancora: le mega torri eoliche previste sulla mitologica “Collina dei Fanciulli e delle Ninfe”“Monte di San Giovanni” e “Serra di Montevergine”, nei feudi di Palmariggi, Giuggianello e Minervino di Lecce, che “minacciano lo skyline di Otranto e della sua costa, patrimonio UNESCO dell’ umanità, e luoghi di altissima documentata valenza archeologica stratificata sin da epoche paleolitiche e neolitiche, fin al medioevo passando per l’epoca messapica”. La Soprintendenza, nonostante una richiesta di vincolo della famosissima Collina, avanzata, ormai da diversi mesi, da Italia Nostra onlus, nel febbraio 2010, per fermare l’accensione delle mille motopale pronte a devastare tutto, non risulta abbia ancora provveduto in merito. E così per l’impianto di mega eolico in progetto nelle contrade “Campana” e “Filandra”, paesaggio d’olivi monumentali, tra Vernole e Castrì di Lecce. Ed idem discorso per tutti i mille impianti industriali (quelli non per autoproduzione) eolici, e fotovoltaici in aree verdi, previsti nel Salento e per i quali la Soprintendenza avrebbe già dovuto intervenire, caso per caso, imponendo vincoli e dinieghi paesaggistici insormontabili; avrebbe dovuto attivarsi per chiedere alla Regione ed al Governo il blocco di tutto a monte con una moratoria. E poi – si chiede il Forum – come ha potuto dare la Soprintendenza di Lecce l’ok agli interventi del Comune di Cursi sulla Cripta bizantina di Santo Stefano nel centro storico? Dov’era quando gli operai ne hanno sfondato l’antica volta ipogea per aprire diversi lucernai blasfemi in vetro e acciaio ed improponibile design post-moderno? Quando ne hanno sfondato una parete scendendo in un silos, forse già romano, per crearvi un nuovo accesso in cemento, con un vano stile “vespasiano”. Oggi è tutto sotto sequestro, con inchieste in corso e già alcune precise condanne. Ma ancora i danni son lì e non si parla ancora neppure del piano di totale restauro-ripristino dello stato dei luoghi. E aggiunge: “Come può la Soprintendenza essersi disinteressata del tutto per tanti anni della importantissima e grande laura basiliana di contrada Franite a Maglie (insediamento monastico dall' VIII al IX secolo d.C.), da decenni in attesa di essere ricostruita, tutelata, restaurata, dopo un atto vandalico che logorò la volta dell’antico ipogeo nel 1975? Perché non interviene a far restaurare il grande Dolmen Chianca della Poligarìta a Maglie, anch’esso da decenni ormai in attesa dei lavori di ricostruzione-restauro, invocati da inascoltate generazioni di studiosi locali, dopo un vigliacco atto vandalico? Come ha potuto permettere al Comune di Maglie di cementificare il paradiso degli orti e dei giardini gentilizi della Poligarìta fin a giungere ai piedi del Dolmen Chianca? Come ha potuto permettere che si distruggesse a tal fine anche il lunghissimo “monumentale pergolato in pietra” dell’ ‘800, gioiello di quella contrada, ancora smontato e chissà dove stoccato ormai da alcuni anni? Lo si doveva fare ripristinare per intervento della Soprintendenza, ma a ancora. E a Corigliano d’Otranto, come è stato possibile lasciare devastare nell’ indifferenza tutto il sito rurale del complesso megalitico dei grandi Dolmen di contrada Plao, dove negli anni ’90 del secolo scorso, anche vi fece un importante sopralluogo la professoressa Mirella Cipolloni Sampò, grande studiosa di fama internazionale del fenomeno megalitico, dopo la segnalazione della struttura megalitica alla Soprintendenza nel 1993, anno della sua scoperta? Oggi quel dolmen spogliato dei grandi massi un tempo sparsi nel sito sta tra due neo-abitazioni rurali di dubbia regolarità. La Soprintendenza dovrebbe intervenire con forza massima per salvare questi patrimoni megalitici salentini ed epurare i loro contesti paesaggistici alterati proprio in questi ultimi anni, di cui solo due piccoli esempi sono stati qui evidenziati di una catastrofe che è vergognosa e quasi del tutto generalizzata! E poi la Torre Cumirri di Corigliano d’Otranto in attesa di un restauro, e nella cui vallata scenografica di rispetto paesaggistico, quale suo immediato cono visuale, a ha fatto la Soprintendenza per impedire come è opportuno, che si aprisse nel suo paesaggio panoramico, nei mesi scorsi, la ferita della nociva mega discarica di Corigliano, per altro illecitamente scavata in zona di protezione delle acque potabili di falda sottostanti, che alimentano l’intero Salento tramite l’Acquedotto Pugliese, che proprio lì vi emunge la sua acqua dal sottosuolo carsico. Lo stato di inaccettabile degrado e la pericolosità di crollo della Chiesetta medioevale di San Pietro dei Sàmari del XIII secolo d.C., legata a vicende delle crociate e di stile bizantineggiante, che sorge dove un tempo si estendeva la Palude “Li Foggi”, in feudo di Gallipoli, che abbisogna da anni ormai di urgentissimi interventi di restauro, consolidamento e valorizzazione, sempre inammissibilmente procrastinati! Idem situazione per la Chiesetta medioevale di San Salvatore in agro di Sannicola, un edificio religioso, in stile greco-bizantino, databile almeno agli inizi del XIV sec. d.C., internamente affrescato, un tesoro d’arte consegnato alla massima incuria e rovina, per di più in via di divoramento, fagocitazione e vile snaturazione paesaggistica da parte della prossima zona industriale autorizzata dal confinate Comune di Gallipoli. Ed ancora l’area archeologica messapica di Soleto e quella di Muro Leccese, divenute aree di volgare espansione-distruzione urbanistica. Il progetto di eliporto assurdo, che la Soprintendenza deve fermare, nel Parco naturale protetto della Serra di Supersano tra le antiche masserie Padula e Macrì, prossimo anche ad aree a vincolo forestale devastate da incendi dolosi. Una splendida intera palude, quella di Marangi a San Foca, in feudo di Melendugno, divorata a fini edilizi”. Ed in questa sequela degli orrori giungiamo a quello cronologicamente vicinissimo: il rischio di cementificazione della costa di Santa Cesarea, a nord nel selvaggio ancestrale cono visuale di Porto Badisco e della sua Grotta dei Cervi, santuario neolitico di valenza incommensurabile adorno di arcaici pittogrammi, e a Sud, nella zona di Porto Miggiano, dove già sulla costa si sta compiendo un primo scandaloso scempio edilizio palesemente illecito, indisturbatamente. Tutto grazie a piani regolatori vecchissimi, che oggi il comune ha riattivato in nome di un “sottosviluppo speculativo” fondato sulla cementificazione. Aree evidentemente da tutelare, da inserire nel Parco costiero Otranto-Santa Maria di Leuca, aree di rupi rocciose e macchia mediterranea con specie endemiche, e la Soprintendenza cosa fa? Nulla. Al Tar presenta in un ricorso elaborati erronei che si riferiscono ad un'altra località, e che fanno fallire il ricorso, e non interviene a imporre invece urgenti vincoli ostativi come ben potrebbe e deve fare! Che cosa la frena dall’agire”? Solo a condizione che la Sovrintendenza si dimostri reale sentinella per la tutela e la difesa del territorio, il Forum Salento e il Coordinamento civico potranno unirsi alla levata di scudi che si è mossa in sua difesa.

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