Lecce. La proposta dell’assessore Monosi non ha lasciato indifferenti il mondo della politica e quello degli addetti ai lavori nel settore turistico
LECCE – E’ suonata un po’ come una tassa sui turisti – anzi, una tassa per i turisti – quella che l’assessore Attilio Monosi ha proposto per rimpinguare le tasche comunali, ridotte all’osso, in tema di servizi turistici. Cioè: chiediamo ai turisti i soldi che il Comune non ha, per offrire loro servizi di livello. Un’idea che non è una novità né per l’Italia né per altri Paesi che l’hanno adottata da tempo. Solo che, in un periodo in cui il comparto turistico salentino è messo a dura prova principalmente dall’emergenza immigrazione con cui le coste pugliesi hanno dovuto fare i conti, un ulteriore deterrente agli arrivi turistici sembra quanto meno non congruo con i tempi. Di questo parere sono, almeno, alcuni partiti politici come ad esempio il Pd, all’opposizione, oltre all’Apt ed alle associazioni di categoria. “Come se non bastassero le preoccupazioni per le eventuali ricadute negative sulla stagione turistica, ormai alle porte, che la vicenda della tendopoli di Manduria potrebbe produrre, giunge anche l'estemporaneo annuncio da parte dell'assessore Monosi dell'istituzione di una tassa di soggiorno”, si legge in una nota dal Partito democratico cittadino. “Questa Amministrazione – continua il documento – conferma la sua caratterizzazione come ‘governo delle tasse’. Vista l'assoluta mancanza di idee strategiche, e la necessità di risanare quelle casse comunali che i governi di centrodestra hanno letteralmente prosciugato nel corso degli anni, si ricorre sempre alla tassazione, in una città che è già la più tassata d'Italia. Ed in questa smania di spremere tutto lo spremibile, una volta esauriti i ‘limoni’ autoctoni, si passa a quelli forestieri”. Tuttavia la proposta di Monosi tanto era, niente più che una proposta. Non si esclude pertanto che, nelle prossime ore, essa possa subire delle “rimodulazioni” in corsa se non addirittura il definitivo ritiro.
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