Bari. Secondo Cittadinanzattiva la Puglia sarebbe al quarto posto in Italia per costi del servizio idrico. L’assessore: “Nell’indagine Utilitatis – Blue Book siamo 44esimi. Pretendo smentite”
BARI – I dati di Cittadinanzattiva sul servizio idrico integrato in Puglia non sarebbero attendibili e rasenterebbero la diffamazione. Lo ha dichiarato l’assessore regionale alle Opere pubbliche e Protezione civile Fabiano Amati, riferendosi ai dati diffusi dall’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva secondo cui la Puglia sarebbe la quarta regione italiana per le tariffe più alte dell’acqua per uso domestico. Per quanto riguarda la tariffa, ha spiegato Amati, l’indagine sui costi del servizio idrico integrato effettuata da Cittadinanzattiva nel 2010 è relativa alle tariffe applicate nel 2009 e si basa sull’ipotesi di un consumo per utenza di 192 metri cubi annui. Il confronto su base regionale viene effettuato facendo la media dei costi per regione delle varie tariffe applicate dalle aziende presenti in quella Regione a differenza della Puglia in cui il gestore è unico. Confrontare la spesa in base a un consumo presunto di 192 mc/anno potrebbe pertanto risultare poco rappresentativo delle varie realtà territoriali. A tal proposito la stessa Autorità Ato Puglia nel Piano d’Ambito approvato nel 2009 ha messo in evidenzia come i consumi procapite variano sensibilmente da una realtà all’altra. “Se in Puglia il consumo procapite non supera i 60 mc/anno – ha detto l’assessore – in altre realtà come Roma e Milano il consumo procapite supera i 120mc/anno. In base al reale consumo procapite della Puglia, una famiglia media composta da tre persone avrebbe una spesa di 285,37 euro, ben al disotto dei 312 euro ipotizzati da Cittadinanzattiva”. Secondo Amati apparirebbe pertanto più rappresentativa delle varie realtà il confronto effettuato in base alla tariffa reale media così come determinata dal Metodo Normalizzato. “In base a detta tariffa (TRM), quella applicata in Puglia, secondo l’ultima indagine effettuata da Utilitatis – Blue Book 2010, è posta al 44° posto. Ne deriva che o Blue Book 2010 diffama Cittadinanzattiva, o quest’ultima diffama Aqp e la Puglia: non ci sono alternative”. “I dati di Cittadinanzattiva sul livello di perdite di Aqp poi – ha aggiunto l’assessore alle Opere pubbliche – non sono confrontabili con quelli delle altre Regioni e presentano alcune significative falsità. Infatti, a differenza di quanto accade per le altre Regioni, oltre il 70% della risorse idrica immessa nelle reti è prelevata da fonti ubicate in altre Regioni (Campania e Basilicata). In sostanza, lo schema idrico di Aqp è caratterizzato da due macro tipologie di vettori: la grande adduzione, assente per gli altri gestori, e le reti cittadine. Naturalmente, la maggiore estensione e complessità dello schema idrico comporta un maggior tasso di perdita. Infatti, se al dato complessivo, pari all’87%, sottraiamo gli ammanchi della grande adduzione il tasso di perdita si assesta al 68%. Inoltre, negli ultimi anni Aqp ha incrementato significativamente la propria capacità di investimento. Nel 2008, l’anno oggetto della rilevazione Istat, AQP ha realizzato investimenti lordi per oltre 200 milioni di euro. Per avviare all’esercizio in piena sicurezza le opere realizzate e i tratti di condotta sottoposti ad intervento di risanamento/sostituzione, è stato necessario utilizzare diverse decine di milioni di metri cubi di risorsa idrica (c.d. volumi tecnici di esercizio). Al netto dei volumi tecnici di esercizio, il livello delle perdite si attesta al 56%. Infine, se consideriamo gli utilizzi autorizzati ma non fatturati (principalmente risorsa distribuita gratuitamente ai Comuni campani dove sono ubicate le sorgenti) il tasso di perdita si attesta al 47%, allineandosi alla media nazionale e con un trend in costante decremento”. Tra le iniziative promosse negli ultimi anni per il contenimento delle perdite, vi sono il telecontrollo, un sistema di monitoraggio dei flussi in rete, il progetto straordinario di ricerca perdite e risanamento reti per un importo complessivo di 151 milioni di euro varato nel 2007, l'introduzione di 103 automezzi furgonati per gli interventi sulle reti. 22 marzo 2011 Acqua di casa mia. In Puglia tariffe record Dopo Toscana (369 euro), Umbria (339 euro) ed Emilia Romagna (319 euro), è la Puglia la regione dove l’acqua per uso domestico costa di più in Italia: a fronte di una spesa media nazionale pari a 270 euro, in Puglia si spendono 312 euro. In positivo, nell’ultimo anno l’incremento tariffario registrato in Puglia è stato modesto (0,3%), ben al di sotto rispetto a quanto registrato a livello nazionale (+6,7%). E’ ciò che emerge dall’indagine svolta dall’Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva, realizzata in tutti i capoluoghi, relativamente all’anno 2009. L’attenzione si è focalizzata sul servizio idrico integrato per uso domestico (acquedotto, canone di fognatura, canone di depurazione, quota fissa o ex nolo contatori). I dati sono riferiti ad una “famiglia tipo” di tre persone con un consumo annuo di 192 metri cubi di acqua (in linea con quanto calcolato dal Comitato di Vigilanza sull’Uso delle Risorse Idriche), e sono comprensivi di Iva al 10%. “I cittadini chiedono responsabilità riguardo l'uso e la gestione delle risorse idriche – ha commentato Antonio Gaudioso, vicesegretario generale di Cittadinanzattiva – nella speranza di potersi presto esprimere sui due quesiti referendari. Di certo, l’escalation senza freni delle tariffe dell’acqua, che da anni registriamo in tutta Italia, giustifica ampiamente la richiesta di svincolare le tariffe all’adeguatezza della remunerazione del capitale investito. Infatti, contrariamente alle promesse ventilate in favore della privatizzazione delle acque pubbliche, in tutti i casi si è assistito, dopo alcuni mesi dall’introduzione della gestione privata, ad un aumento dei prezzi e delle tariffe. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, con la figuraccia seguita al recente stop da parte dell’Unione Europea alle deroghe per i livelli di potabilità delle acque potabili in diverse zone del Paese”. // Qualità del servizio e soddisfazione degli utenti Ignari e non informati in tema di livelli di potabilità e deroghe, poco avvezzi a leggere la Carta dei servizi, sufficientemente soddisfatti del servizio così come viene loro erogato e quindi dei relativi costi. Anche se poi uno su due dichiara di non bere abitudinariamente acqua del rubinetto, preferendo la minerale. Questa, in sintesi, la relazione tra gli utenti e il Servizio Idrico Integrato come emerso da un’intervista ad un campione accidentale non probabilistico di 1.260 cittadini (44% proviene dal Sud, il 32% dal Centro ed il 24% dal Nord). In particolare, più di un italiano su due (54%) dichiara di non bere abitudinariamente acqua del rubinetto, preferendo la minerale, soprattutto a causa di cattivo sapore (42%) e scarsa fiducia nei controlli (uno su cinque non sa a chi spettano). In particolare, al Sud la diffidenza nei controlli (52%) è più che doppia rispetto al Nord (23%) e al Centro (15%), aree nelle quali, viceversa, prevale il cattivo sapore quale ostacolo principale ad un quotidiano utilizzo dell’acqua da rubinetto. La spesa media mensile di acqua minerale è di 40 euro a famiglia, che salgono a 48 euro al Sud. Per quanto riguarda il livello di soddisfazione complessiva nei confronti del Servizio Idrico Integrato, quasi il 60% degli intervistati si dichiara completamente soddisfatto della quantità di acqua disponibile e della continuità della fornitura, il 48% della regolarità della pressione, ma solo il 24% della qualità dell’acqua. Articolo correlato: 'Acqua bene comune'. Lo gridano in 4mila (12 marzo 2011)
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