Lecce. Medaglia d'oro olimpica e campione di solidarietà. Ospite di “Sfida”, ai Teatini, in favore di una raccolta fondi per disabili
Sono ormai trascorsi più di 31 anni, era il 12 settembre 1979, da quella magica notte di Città del Messico in cui Pietro Paolo Mennea vinse i 200 metri piani, stabilendo il nuovo record del mondo con il fantastico tempo di 19″72. Eppure sembra di vederlo ancora sbucare dalla curva con le braccia alzate verso il cielo, nella tiepida e magica notte messicana. E' l'immagine che tutti ricordano, l'immagine di un ragazzo partito dal centro di Barletta per trasformarsi in un dio dello sport, che convertì in credenti un'intera nazione. Perché a essere frantumato non fu solo un record, ma la storia e la cultura di un paese spazzata via in meno di venti secondi. Prima di allora, infatti, il Sud non era mai arrivato ai massimi livelli dello sport e ai suoi trionfi. Mennea capovolse la storia e spiegò alla sua generazione e a quelle future che anche un uomo, solo apparentemente come tanti, era capace di superare gli orizzonti dello sport. Con lui per la prima volta l'Italia superò il mondo, con la sua corsa un pò ruvida, ma unica: schiena piegata e gambe a mulinare nell'aria, a sconfiggere il tempo. Oggi, lasciato lo sport, Mennea è un avvocato di successo, impegnato quotidianamente nel sociale. Nel 2006 ha dato vita, insieme alla moglie Manuela Olivieri, alla “Fondazione Pietro Mennea”, una onlus che si occupa di effettuare donazioni costanti nel tempo e assistenza sociale a enti caritatevoli o di ricerca medico – scientifica, associazioni culturali e sportive, attraverso progetti specifici e concreti. Il campione barlettano è stato ospite d’onore ieri di una serata di beneficienza organizzata da “Sfida”, il Sindacato famiglie italiane diverse abilità, presso l’ex Convento dei Teatini a Lecce, in un'iniziativa finalizzata alla raccolta fondi per l’acquisto di un “Simulatore di guida per conducenti disabili”, un’apparecchiatura elettronica che permette a chiunque, anche con grave disabilità, di guidare un’auto. “Sono passati quasi 32 anni ma è come se fosse ieri – racconta Mennea -. Anche se il record del mondo è stato superato da Michael Johnson, rimane un momento di sport unico, ineguagliabile e che, tra l'altro, è ancora il record europeo. Vincere una disciplina come la velocità è stata un’impresa eccezionale”. Tra le mani stringe, con orgoglio e tenerezza, la medaglia d'oro conquistata nei 200 metri nel 1980 alle Olimpiadi di Mosca. Nella finale dei 200, Mennea affrontò il campione uscente Don Quarrie e il campione dei 100 m, Allan Wells. Wells sembrò dirigersi verso una vittoria netta ma il velocista pugliese gli si avvicinò sul rettilineo e lo sopravanzò negli ultimi metri, aggiudicandosi l'oro per 2 centesimi di secondo. “Il mio vero record non sono state le medaglie ma la longevità di una carriera, quasi vent’anni, in cui mi sono cimentato e ho vinto in ogni competizione. Ho partecipato a ben cinque Olimpiadi e mi sono sempre allenato 5 o 6 ore al giorno per 350 giorni l'anno, eppure non ho mai avuto infortuni. E' questa, credo, la grande differenza con gli atleti di oggi, la forza dell'abnegazione e del sacrificio capace di far sopportare grandi carichi di lavoro”. Quello che sorprende, al di là dei trionfi sportivi, è la forza di un uomo sempre in cerca di nuovi traguardi, anche nella vita. Una forza che lo ha portato a superare esami e a collezionare lauree (ben quattro), a cercare nuovi stimoli e nuove sfide. “Lo sport mi ha insegnato l'importanza del lavoro e del sacrificio, ed è questo il messaggio che vorrei trasmettere ai giovani”. Già, perché Mennea rimane un esempio da seguire, la faccia più bella dello sport in cui chiunque, se vuole, può riuscire.
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