Come potrebbe cambiare l'Ordine dei giornalisti

La nuova legge dovrebbe essere “licenziata” entri pochi mesi (salvo imprevisti)

di Daniela Pastore La riforma dell'Ordine dei giornalisti è stata finalmente approvata in Commissione Cultura alla Camera, con un sì unanime. Le modifiche principali riguardano l'accesso alla professione, lo snellimento del Consiglio Nazionale realizzato attraverso la riduzione del numero dei consiglieri e gli organi chiamati a giudicare sulle violazioni al codice deontologico e non solo. Ora dovranno dare il aosta le altre Commissioni e il Governo, ma non ci dovrebbero essere problemi. Il testo tornerà quindi in Commissione Cultura, per il via libera in sede legislativa, presumibilmente nel giro di pochi giorni. Il progetto passerà poi al Senato, dove, salvo imprevisti, dovrebbe seguire lo stesso percorso di Montecitorio. Insomma, la legge dovrebbe essere “licenziata” entri pochi mesi (salvo imprevisti). La riforma, che recepisce le indicazioni dell'Ordine dei giornalisti, fa salvi i principi generali stabiliti dalla legge numero 69 del 1963, e cioè il diritto all'informazione e i doveri del giornalista, tra cui il rispetto della verità sostanziale dei fatti. In merito all'accesso alla professione, non è più prevista l'obbligatorietà della laurea come in una prima versione del testo. Il progetto di legge delinea però un percorso specifico per i laureati e diplomati con laurea triennale, che, in sede di esame per l'accesso alla professione, non dovranno affrontare la prova di cultura generale, ma solo la prova scritta. Il secondo aspetto della riforma riguarda lo snellimento del Consiglio Nazionale, per il quale è previsto un tetto di 90 membri (ora siamo 150, inverosimile). La riforma istituisce, inoltre, una Commissione deontologica nazionale per i ricorsi alle “sentenze” dei consigli regionali in materia disciplinare. In caso di sanzione superiore alla censura, la deliberazione della Commissione deontologica è sottoposta a ratifica del Consiglio Nazionale dell'Ordine. Si prevede, infine, la creazione di un “Giurì per la correttezza dell'informazione”, istituito presso ogni distretto di Corte di appello e composto da cinque membri, tra rappresentanti dell'Ordine dei giornalisti e magistrati. Il giurì tutela le posizioni giuridiche di soggetti terzi rispetto all'ordinamento professionale ed è chiamato a svolgere un tentativo di conciliazione, per evitare il ricorso al giudizio ordinario civile o penale.

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