Eolico a Vernole e Castrì: 'Italia Nostra' si rivolge al Tar

Lecce. Depositato l’atto contro la costruzione di un impianto di 22 MW. Ma l'associazione contesta anche il silenzio di amministrazioni locali e Wwf

Era stata pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 180 del 2 dicembre 2010, la determinazione riguardante la richiesta per ottenere l'autorizzazione unica alla costruzione e all'esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica della potenza di 22 MW da realizzarsi nei Comuni di Castrì di Lecce e Vernole, in località Campana e Filandra. La Società Tarifa Energia srl, con sede legale in Lecce, richiedeva il rilascio del permesso. In questi giorni l'associazione “Italia Nostra” ha depositato, tramite il proprio legale, Donato Saracino presso il Tar di Lecce, un ricorso (che interessa anche i comuni di Castrì e Vernole e i Ministeri dei Beni culturali e dell’Ambiente,, oltre alla Regione e a Tarifa srl) per bloccare, ciò che definisce “lo scempio di ambiente, paesaggio e democrazia che si prepara nelle contrade Campana e Filandra, a due passi dalle Cesine”. Si consolida, in questo modo, l'intensa mobilitazione che negli ultimi due mesi le associazioni del fronte ambientalista, Save Salento – Salviamo il Salento, Italia Nostra, Forum Ambiente e Salute, Tramontana e i comitati civici locali, hanno innescato sul territorio. Risale all'8 gennaio un'assemblea pubblica, svoltasi presso il Castello di Acaya, per informare la cittadinanza circa il progetto. “In questi giorni -lamentavano le associazioni – i cittadini di Vernole, Castrì e dei comuni vicini hanno potuto apprendere di quanto si prepara nelle loro contrade solo grazie a una campagna di informazione a mezzo di affissioni pubbliche, frutto di un'autotassazione del costituendo fronte anti-eolico”. All'assemblea seguì la protesta ambientalista in occasione dell'inaugurazione dell'Ecomuseo a Vernole. E anche la politica fece la sua parte con un'interrogazione presentata da Elisabetta Zamparutti e gli altri cinque deputati radicali eletti nelle liste del Partito Democratico (Marco Beltrandi, Rita Bernardini, Maria Antonietta Farina Coscioni, Matteo Mecacci e Maurizio Turco) al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, al Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, nonché al Ministero dello Sviluppo Economico, per richiedere chiarimenti in ordine al progetto. “Ciò che desta più sconcerto – dissero le associazioni – è che proprio nel Comune di Vernole, nel castello del borgo di Acaja, in pompa magna, l'Assessore Regionale all'Assetto del Territorio della Regione Puglia, Angela Barbanente, presenterà il progetto dell''Ecomuseo dei Paesaggi di Pietra di Acquarica di Lecce', un'iniziativa dal titolo 'Raccontare il paesaggio', patrocinata dal Comune di Vernole e dalla Regione Puglia. Coloro che interverranno, in qualità di relatori al convegno di sabato, come la dottoressa Teresa Cinquantaquattro della Soprintendenza per la Puglia o il professore Francesco D'Andria dell'Università del Salento – ci chiediamo – sanno già di tutto ciò, o ne sono all'oscuro?! I cittadini, le stesse persone, che con amore si sono dedicate e si stanno dedicando al progetto del museo del paesaggio, sono state messe al corrente di questa assurda contraddizione in termini?”. Il clima, però, a distanza, di 2 mesi, non è cambiato. Il riferimento delle associazioni è alla “malcelata ostilità segnato dalle amministrazioni di Vernole e Castrì, e sfociato in un atteggiamento ostruzionista che ha messo nelle condizioni di accedere materialmente agli atti solo una settimana prima della scadenza dei termini del ricorso. Per tali motivi le associazioni ambientaliste e radicali rivolgono l'ennesimo appello alle amministrazioni Mangione e Capone affinché abbandonino la linea di difesa ad oltranza di un progetto improbabile, discutibile e violento verso le fondamenta materiali, ambientali, paesaggistiche e culturali delle popolazioni salentine, che ha suscitato l'ostilità di un'opinione pubblica locale che in queste settimane va organizzandosi in un comitato civico ad hoc a suffragio del ricorso di “Italia Nostra”, e che ha determinato la sollevazione delle stesse opposizioni in consiglio comunale, le quali hanno chiesto la convocazione di una seduta monotematica per il ritiro dei provvedimenti autorizzativi di un progetto che è stato profondamente e strutturalmente trasformato nell'ultimo anno e mezzo”. La preoccupazione, per gli ambientalisti, suffragata dall'esame degli atti del progetto e dalle evidenze fatte emergere dall'avvocato Saracino, si è infatti trasformata nella piena consapevolezza che le 11 torri di Tarifa Energia srl costituiscano un rischio per l'incolumità dei cittadini e degli agricoltori che quotidianamente abitano e praticano le contrade Campana e Filandra, per la vicinanza degli aerogeneratori alle strutture insediative e alle strade disseminate in quei luoghi, cosa che espone al rischio mortale portato dalla rottura e dalla proiezione degli elementi rotanti. Superficiali appaiono inoltre le relazioni presentate dalla società proponente in ordine alla rumorosità delle pale, rumorosità che andrà a compromettere le stesse possibilità di agricoltori e cittadini di lavorare le proprie terre e accedere alle rispettive proprietà. Ma soprattutto il ricorso contesta in maniera vibrante l'irrisorietà degli elementi sulla base dei quali il settore ecologia della Regione Puglia ha deciso di non sottoporre l'impianto a valutazione di incidenza sull'Oasi delle Cesine, posta a soli 7,4 km di distanza dagli aerogeneratori. In questo senso, le associazioni rivolgono l'ennesimo accorato appello affinché il WWF esca da un incomprensibile riserbo e si associ alla lotta contro questo assurdo progetto industriale, che minaccia da vicino gli habitat e l'ecosistema delle Cesine, area SIC e ZPS protetta dalla Convenzione di Ramsar del 1971. Affinché tutto questo non diventi carta straccia agli occhi dei cittadini. Del resto, si esprime viva preoccupazione non solo per il silenzio opposto dal Ministero dell'Ambiente all'interrogazione parlamentare dei sei deputati radicali ma anche per la mancanza di riscontri da parte delle Direzioni nazionale e regionale del WWF alla comunicazione urgente inoltrata via fax da Save Salento alcune settimane prima della scadenza del ricorso.

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