La Puglia è al quarto posto per morti bianche in Italia pur avendo un tasso di occupazione più basso rispetto alle prime tre della classifica
di Andrea Gabellone Ci risiamo. Con la morte di Claudio Liaci – operaio quarantanovenne di Veglie, deceduto a causa del crollo di un solaio – si torna a parlare della lunga lista di persone che hanno perso la vita lavorando. Gli ultimi dati, quelli del 2010, sono tutt'altro che rassicuranti. I 1080 morti, nel nostro Paese, attestano una crescita del + 6,5% (dati dell'Osservatorio Indipendente di Bologna) rispetto all'anno precedente, nonostante la disoccupazione in aumento. Potremmo riassumere con: si lavora di meno e si muore di più. Se dovessimo prendere per buone le parole dell'ormai noto slogan del Ministero del Lavoro (“Sicurezza sul lavoro: la pretende chi si vuole bene”), la responsabilità di queste sciagure sarebbe interamente nelle mani di chi lavora. Chissà quante delle 1080 famiglie spezzate da questa triste vicenda sono d'accordo con il Ministro del Lavoro Maurizio Sacconi. In Puglia, poi, stando alle cifre, paghiamo uno fra i prezzi più alti in Italia: siamo la quarta Regione per numero di morti bianche dopo Lombardia, Veneto e Campania, ma, a differenza di queste, registriamo un tasso di occupazione più basso. Nonostante, quindi, i nove milioni di euro spesi dal Ministero di Sacconi per la diffusione del suo controverso precetto, siamo punto e a capo. Per di più, un enorme investimento dello Stato – 65 milioni di euro al mese (dato di Emergency) – confluisce nella “missione di pace” in Afghanistan, progetto che, da una parte, stride con il momento di profonda crisi e con i tagli discutibili di questo Governo e, dall'altra, ha contribuito ad allungare la lista delle morti sul lavoro con 35 militari deceduti dal 2002. E a pagare le spese di questa crisi, dei cattivi investimenti e della mancata sicurezza sul lavoro sono, ancora una volta, le classi di reddito più basse, quelle che ingrossano le file dei militari, degli agricoltori e degli operai pronti a tutto pur di portare a casa uno stipendio. Una pronta e decisa inversione di tendenza potrebbe, però, arrivare dal decreto legislativo 81 del 2008 (Testo unico in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro). Il 12 gennaio, il Senato ha, infatti, approvato all'unanimità una risoluzione che impegna il Governo a completare, in tempi rapidi, l'attuazione della riforma sul tema della sicurezza del lavoratore; una serie di provvedimenti che dovrebbero rendere più efficace il controllo sul rispetto delle norme e inasprire le sanzioni nei confronti di chi non le rispetta. E a noi non resta che riporvi la nostra fiducia, anche perché la speranza, a differenza di tanti lavoratori, è proprio l'ultima a morire.
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