Pavia. Salentino legato alla Scu evade dal carcere, ma la fuga dura poco

L'uomo, di Surbo, sta scontando l'ergastolo per un duplice omicidio avvenuto il 13 marzo 2001, nella cruenta guerra di mala fra clan della Scu che insanguinò il Nord Salento negli anni dal 1999 al 2001

E’ durata poco più di cinque ore l’evasione dal carcere di Torre del Gallo, alle porte di Pavia, da parte di Valerio Paladini, 32 anni, originario di Surbo, ergastolano appartenente alla Sacra Corona Unita. La fuga è avvenuta pochi minuti prima delle 13, mentre il detenuto si recava nella palestra della casa circondariale. Sembra che il detenuto abbia approfittato di una scala lasciata incustodita nel cantiere per la costruzione di un nuovo padiglione per l’ampliamento dell’istituto di pena. Paladini avrebbe così raggiunto una gru utilizzata per eseguire alcuni lavori all'interno del carcere e da lì si sarebbe calato oltre il muro perimetrale della struttura. Gli agenti penitenziari si sono accorti della fuga del trentaduenne salentino ma non sono riusciti a bloccarla. Le ricerche dell’evaso si sono subito concentrate in un centro commerciale nei pressi della casa circondariale e nel Parco della Vernavola. Le forze dell’ordine hanno battuto a palmo a palmo la zona, anche grazie all’ausilio di due elicotteri. Nel tardo pomeriggio Paladini è stato rintracciato e catturato mentre si nascondeva all’interno di una cascina poco distante dal luogo della fuga. L'uomo sta scontando una condanna definitiva all'ergastolo per un duplice omicidio avvenuto nella sua città natale il 13 marzo 2001, nella cruenta guerra di mala fra clan della Scu che insanguinò il Nord Salento negli anni dal 1999 al 2001. In quella tragica giornata di primavera Valerio Paladini, appartenente al clan Vincenti, entrò del bar Millefoglie e aprì il fuoco contro Fabrice Negro, appartenente ad un clan nemico, guidato da Dario Toma. Nell’agguato perse la vita anche un operaio, Antonio Della Bona, che si trovava nel luogo sbagliato nel momento sbagliato. Pochi giorni fa la Cassazione aveva confermato la condanna all’ergastolo (scaturita nell’ambito del processo nato dalla cosiddetta “Operazione Arpia”), nei confronti del 32enne e la sentenza gli era stata notificata in carcere.

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