Viaggia a piedi per l’Italia, arriva in Puglia, poi riparte. Un modo originale e poetico per promuovere il suo libro “L’inverno delle api”
“La storia della domenica”. Promuove lentezza e invita a riflettere sulla scrittura: “La voce dello scrittore è leggera, sottile e inutile come una candela accesa di giorno”
“Davanti mi porto la copertina e dietro la quarta, prezzo incluso. Lo scopo? Non l’hanno fatto in molti, quindi voglio essere del gruppo. Voglio tirarci fuori un percorso fotografico. Voglio attraversare gli orizzonti del mio paese con una storia sulle spalle. Questo rispecchia l’essenza del libro: il viaggio e la scoperta al di là del sentire comune, quello dell’alveare”. Riproponiamo la storia dell'Uomo Sandwich perchè il suo viaggio continua. Per seguire le sue avventure, clicca qui e (da oggi) anche qui 8 settembre 2010 – La disobbedienza dell’uomo sandwich di Maria Luisa Mastrogiovanni Cos’è che muove il mondo? Il denaro? Sbagliato. La passione. L’amore. E’ questa una storia bella e poetica. Di un ragazzo (si può definire ragazzo un uomo di 33 anni? Forse se ancora è capace di sognare sì) che viaggia a piedi, per promuovere il suo libro. In un modo discreto e silenzioso. Fugace e caduco. Come una candela. La copertina del suo libro la porta addosso, come un uomo sandwich. Semplicemente cammina e si fa guardare.

(Peschici) Prima o poi qualcuno chiederà: “Ma chi sei? Ma che fai? Ma perché”? Ecco che cosa risponderà, finalmente, Devis Bellucci, di professione ricercatore in biomateriali, laureato in fisica, scrittore sconosciuto per amore e passione.

E’ arrivato anche in Puglia, sfiorando il Salento, innamorandosi della luce e dei trulli. Dopo essere andato a Roma, Firenze, Torino, Napoli… Ha immortalato la sua impresa in più di 700 foto e raccontato il suo viaggio nel suo blog www.devisbellucci e sul blog http://devisbellucci.wordpress.com. Ha dedicato il suo libro “a chi disubbidisce con saggezza per essere un bravo esploratore”. Noi vogliamo semplicemente ringraziarlo, perché sa sognare. Perché ha scelto la lentezza in un mondo che corre via.

(Vieste) Ecco dunque che cosa risponderebbe Devis a chi chiedesse: “Ma che fai, uomo sandwich”?. “Mi chiamo Devis Bellucci, 33 anni, di Vignola, scrittore e fotografo sconosciuto, quindi senz’altro non mi conoscete per fama. Così, per dare voce al mio romanzo “L’inverno dell’alveare” (A&B Editrice) ho iniziato a girare l’Italia come uomo sandwich. Davanti mi porto la copertina e dietro la quarta, prezzo incluso. E poi la favola, la poesia. Attraverso come Uomo Sandwich i luoghi deserti, secondo un percorso scelto ad hoc: le stradine di campagna, le valli, le spiagge, dalla Francia alla Slovenia sino al Sud. Non mi interessa che la gente mi veda e non mi interessa che sul momento mi noti. Mi interessano solo le fotografie, un po’ come il nano di un noto film che adoro. Nelle piazze delle città, dove cammina la gente, mi svesto del cartone e appoggio il sandwich a terra. Sistemo sul cartone una candela accesa mentre la gente passa, con lo sfondo di Roma, Firenze, Torino, Siena, Napoli… Qui, tra la gente che scorre e non ti guarda, la voce dello scrittore è leggera, sottile e inutile come una candela accesa di giorno. Infine, il dilemma. Qualcuno oserà mai chiedermi “Che cosa stai facendo?”. Per ora nessuno. Mi guardano e tirano dritto. A Roma, Firenze, Torino, Siena, Napoli… Sono incuriositi ma tirano dritto, mentre tra la folla fotografo il mio sandwich con la candela accesa. Così, viaggio dopo viaggio, le immagini diventano metafora della storia che racconto”. Frammenti tratti da “L’inverno delle api” «Adesso ascoltami bene, perché sto per spiegarti la nostra specie. Noi siamo le api azzurre dell'albero. Le api della nostra specie si dividono in operaie, nutrici, esploratrici e sentinelle. Tu, piccola mia, sei un'esploratrice. Se tutti fanno la propria parte l'alveare vive, altrimenti l'alveare va in rovina. Questo è il segreto della nostra esistenza e dell’esistenza di tutte le creature del mondo. La vita è molto ordinata. La vita non vola dove crede. È tutto chiaro, piccolina?». «No» rispose lei abbracciando il suo paracadute. «Benissimo. Nulla di ciò che deve ripetersi è mai chiaro all’inizio di una storia. La cosa più importante è non perdere tempo. Mentre perdi tempo l'inverno si avvicina». «E che cosa succede quando arriva l'inverno?» chiese la piccola esploratrice tutta impaurita. «Non lo so. Noi api non superiamo l’inverno. Per questo dimentica la domanda che mi hai fatto». — «Parlami dell’inverno» disse la piccola esploratrice ad una spiga di grano. «L’inverno è il tempo dei desideri. In quei giorni io sono ben nascosta. Sono minuscola come il più invisibile dei miei chicchi. Sono solo il desiderio di una spiga. Il papavero è il desiderio di diventare un bel fiore rosso. Migliaia di fili d’erba non sono che la speranza di salire alla luce. Tutto è nascosto perché ogni desiderio prenda la propria forma. C’è quello che vedi e anche di più, solo che è troppo fragile e deve essere protetto. Accade dunque che in autunno terra, cielo e acqua mettono da parte i propri desideri. Accade che in inverno li proteggono perché sopravvivano. Se non si coltivano i desideri, la vita non ritorna. È impossibile superare l’inverno senza proteggere i propri desideri». — Era stato un pomeriggio molto caldo. La piccola stava tornando all’alveare dopo aver scoperto un bel cespuglio di lavanda. Tutti i pensieri che aveva in testa l’affaticavano durante il volo. Era di nuovo prigioniera del problema inverno. Il tempo passava, il sole brillava sempre più caldo e il cielo più limpido, ma ormai era chiaro che non poteva durare. L’estate sarebbe finita e lei non aveva ancora imparato come difendersi dall’inverno. Tutti avevano un’opinione a riguardo, e un’opinione diversa. Bisognava metterle insieme per sperare di saltarci fuori. Mentre volava si vedeva che il suo viaggio verso casa non era sereno. I voli pensierosi sono sempre riconoscibili. «Che cosa ti preoccupa, piccola?» le chiese una voce. «Chi ha parlato?» domandò lei. Era un voce sparsa dappertutto. Una voce luminosa. «Sono qui, sotto di te». La piccola stava passando sul fiume. Non c’era nessun insetto a pelo d’acqua. Ogni tanto gli insetti si fermavano a bere, molto spesso le libellule, ma in quel momento era sola. Era raro essere soli. «Sono l’acqua del fiume» le disse la voce. Arrivava dai sassi e dai mulinelli del torrente. Era un po’ come la voce dell’albero, solo che la voce dell’albero era quella del vento fra i suoi rami, quella dell’acqua era il passaggio del fiume fra i sassi. «Salve, signora acqua del fiume» disse la piccola. «Che cosa ti preoccupa?» «Come fai a sapere che sono preoccupata?» chiese la piccola. «Ti vedo riflessa nei miei pensieri» rispose l’acqua. Allora la piccola si guardò nel fiume. L’immagine del suo viso comparve chiara nel verde del torrente. Sembrava una bella immagine scintillante. «Sono preoccupata per l’inverno. Non so come fare a superarlo. Tutti mi danno il loro parere e nessun parere è migliore degli altri. Dovrei tenere conto di tutti i pareri». «È proprio una bella cosa che tu tenga conto di tutti i pareri» rispose l’acqua. «Tu vuoi dirmi qualcosa dell’inverno? Tu forse ne sai molto di più di tutti gli altri». «Quando arriva l’inverno, prima di tutto, io mi copro di ghiaccio. Coprirmi di ghiaccio è la cosa più importante». «Oddio. E perché?» disse la piccola che non sapeva che cosa fosse il ghiaccio. «Il ghiaccio è quella coperta bianca che mi permette di proteggere i pesci. Quando l’inverno mi tocca e io mi copro di ghiaccio la vita sotto di me continua. Io passo l’inverno a guardare la vita che continua dentro di me. Non si può superare l’inverno senza proteggere nessuno». La piccola esploratrice rimase molto ammirata per queste parole. L’acqua aveva una saggezza facile facile e parlava con una voce che faceva addormentare. «L’acqua ha proprio ragione» intervenne un’altra voce. «Oddio! E adesso chi ha parlato» chiese la piccola. Non c’era nessun insetto e la voce era diversa da quella di prima. Era una voce profonda e attutita. «Sono qui. Guarda in basso». La piccola guardò in basso e sotto di lei c’era la bocca spalancata di un grosso pesce gatto coi baffoni e gli occhi enormi. «Mamma mia!» urlò l’esploratrice. «Sta’ tranquilla. Non mangio le api. Sono vegetariano». «Meno male» e tirò un sospirone. Era lì lì per svenire. Per fortuna che aveva il paracadute. Una volta tanto sarebbe servito. «L’acqua è proprio una fortuna quando arriva l’inverno» disse il pesce gatto. «Pensa che se l’acqua non mettesse il ghiaccio noi moriremmo tutti congelati. Che brutta fine. Invece l’acqua è generosa e ogni anno ci protegge dal freddo. Sotto il ghiaccio è bello. La luce si abbassa, si possono fare le cose con calma, nessun uomo ti pesca, si possono raccontare le storie per passare il tempo. Che bella stagione, l’inverno». «Ma voi non fate a, però, per difendervi» disse l’ape. Il parere del pesce non brillava per quel che riguarda l’iniziativa personale. «Noi non facciamo a per difenderci. Niente di niente» e faceva le bolle a pelo d’acqua. «Niente di niente?» disse l’ape. «Esatto. Ci fidiamo dell’acqua. Non si può superare l’inverno senza fidarsi di qualcuno». La piccola rimase molto ammirata anche da queste parole. Il pesce era un animale molto saggio. — «Qui sorgerà il forte che ci salverà dall’inverno» disse l’ape Primavera alle api che erano venute ad ascoltarla. «Ho scoperto che l’alveare non è abbastanza solido per proteggerci dall’inverno. L’inverno è complicato. L’inverno è molto pericoloso. Soprattutto, nessuna di noi conosce l’inverno perché nessuna l’hai mai superato. Tutto quello che so dell’inverno l’ho imparato dagli altri, non dalle api. Cercheremo di adattare le scoperte degli altri ai nostri bisogni, poi faremo anche un monumento agli altri, perché se ci salveremo sarà merito loro. Ci sono domande?». «Come si fa adattare le scoperte degli altri ai nostri bisogni?» chiese un’ape. «Non lo so. Ci sono altre domande?» rispose Primavera. «Sei sicura che l’alveare non potrebbe proteggerci dall’inverno?» chiese un’altra ape. «Non lo so. Forse sì. Forse il forte sarà inutile e faremmo tutti meglio a stare dove già viviamo. Ci sono altre domande?» rispose Primavera. «Come facciamo a lavorare per il forte e anche per l’alveare?» chiese un’altra ape. «Non ne ho la minima idea. Altre domande?» rispose Primavera. Le api si guardarono fra loro. Poi una chiese: «Da che cosa iniziamo per costruire il forte?» E la piccola Primavera rispose, tranquilla: «Dalle domande».
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