Intervista della domenica. Inizia con Artur Mas, una nuova rubrica del Tacco, un appuntamento settimanale fisso per dibattere, con personalità ed esponenti di ogni ambito, su temi di ampio respiro che interessano il nostro territorio
Artur Mas, presidente di Convergència i Uniò. Si riconosce nazionalista con una visione della Catalogna integrata in territorio spagnolo
Piccole patrie crescono. Il Tacco ne ha ampiamente parlato nell'inchiesta del mese di ottobre dal titolo “Regione Salento. La grande bufala” (per sfogliare il giornale, clicca qui). I pareri sulla questione sono discordanti. C'è chi si definisce possibilista, chi auspica la creazione di un'entita istituzionale che guidi una politica di sviluppo indipendente da Bari e chi pensa che, percorrere questa strada, sia un pò come guidare contromano. “A qualcosa è servito tutto questo 'movimento per la Regione Salento'”, scrive nell'editoriale il Direttore Maria Luisa Mastrogiovanni, ovvero “a essere bloccato e superato, nei fatti, dai presidenti delle Province di Lecce, Brindisi e Taranto” che hanno “sottoscritto un accordo per la pianificazione unitaria delle principali infrastrutture necessarie a dare un slancio a tutti i settori economici delle tre province. Dalle strade, ai porti, agli aeroporti: saranno necessari 250 milioni di euro, che per ora non ci sono ma che, con un'intelligente progettazione che sappia intercettare i fondi comunitari, si possono trovare. E spendere. Perché poi sarà questa la sfida. Spendere i soldi e bene”. E' la stessa Comunità europea che scioglie ogni dubbio e spinge i cittadini a unirsi su progetti comuni per creare nuove “aggregazioni territoriali” contro localismi improduttivi. Ciò che si impone, in questa visione, è, dunque, una nuova concezione del concetto di “confini” Lo abbiamo scritto nelle pagine interne: “dagli Stati nazionali alle macro-aree, la differenza la fanno i confini. Nell’ambito delle politiche di coesione dell’Unione europea, infatti, il tema del confine, inteso come 'recinzione' meramente geografica e materiale, delimitante aree di comune appartenenza politico-amministrativa, muta la propria concezione per indicare esempi di 'prossimità' differente, fatta di bisogni condivisi, capacità di portare avanti progetti, aspirazioni e identità”. Da qui l'idea di scandagliare il fenomeno, inserendolo in un contesto di ampio respiro, nazionale e internazionale. di Andrea Gabellone Artur Mas è il presidente di “Convergència i Uniò”, prima forza catalana, in termine di voti. Da sempre è “catalanista”, ma si riconosce come “nazionalista tollerante e moderno” con una visione della Catalogna integrata in territorio spagnolo. Difende il diritto di autodeterminazione dei popoli, ma relazionato ai nostri tempi perché “non siamo più nel XX secolo”.

“Senyor” Mas, la Catalogna è grande, forte economicamente e progressista. Le province sono sono state sempre unite come le si vede dall’esterno? Ci sono mai stati contrasti interni? Innanzitutto, voglio dire che la nostra organizzazione territoriale in province non è propria del modello catalano, ma è parte di una concezione territoriale imposta. La Catalogna si è organizzata, tradizionalmente, in Comarche e Veguerie; però, durante l’ultima legislatura, i gruppi che danno supporto al Governo hanno approvato una legge riguardante, appunto, le Veguerie – che non supera l’attuale modello “provinciale” – senza il consenso necessario di tutto il territorio. La Catalogna è da sempre una terra di contrasti: quasi ogni Comarca ha un proprio paesaggio, un proprio tessuto sociale e un’attività economica. La nostra diversità è un grande pregio che va potenziato con un’organizzazione più agile delle amministrazioni, in modo da poter identificarsi di più con il proprio territorio. L’italia è un Paese pieno di identità territoriali. Ci sono territori che vogliono far parte dell’Austria, altri che vogliono essere una regione, città che si sentono più di una regione che di un’altra. Qual è il limite – territoriale ed economico – fra una leggittim aspirazione all’autonomia e pretestuose vocazioni di separazione? Il diritto all’autodeterminazione dei popoli è previsto anche dall’ONU, per questo, ogni popolo, inteso come Nazione, ha tutto il diritto di decidere il proprio futuro. La Catalogna è una Nazione. La sua storia, la lingua, la cultura e il sentimento nazionale dei suoi cittadini ne fanno una Nazione. Non è il desiderio di separazione che spinge i popoli a voler decidere del proprio futuro, piuttosto la volontà di esistere ed essere riconosciuti. Non è poi detto che questo passo debba avvenire in contrasto con gli altri popoli. Nel nostro caso, la Puglia – terra da sempre unita – sono le province economicamente più fragili a volersi separare dal resto della Regione. Lei crede che questo processo, contestualizzato al momento di profonda crisi, possa essere uno stimolo allo sviluppo o una condanna a un ulteriore ritardo? Un processo di indipendenza nel XXI secolo non deve appartenere strettamente all’idea di indipendenza che si aveva nel secolo scorso. In un mondo così globalizzato e, allo stesso tempo, così interdipendente, la proclamazione d’identità di una terra non deve necessariamente coincidere con il conseguimento di una definizione territoriale. Ciò detto, credo anche che nessuno può opporsi alla volontà d’essere di un popolo. L’indipendenza o l’esercizio del diritto a decidere non devono rappresentare nessuna remora: questi dipenderanno dalle proprie caratteristiche e dalla volontà che si ha di prosperare.
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