Inchiesta su Pagliaro: il gup proscioglie il Tacco

“Serio e diligente lavoro di ricerca”. E il gup proscioglie il Tacco

L’avevamo già anticipato due numeri fa, riservandoci di pubblicare la sentenza di proscioglimento non appena fosse stata pubblicata. L’inchiesta per cui ci aveva querelato Paolo Pagliaro, editore di Telerama, ricostruiva brevemente una vicenda che anni fa aveva sollevato un polverone nell’opinione pubblica leccese e occupato non poche pagine di giornali. Riguardava i soldi dati dalla Provincia di Lecce (Giunta Giovanni Pellegrino) con affidamento diretto a Telerama, per la messa in onda di varie campagne promozionali. Parlavamo anche del meccanismo con cui vengono stilate le graduatorie per l’attribuzione alle televisioni locali, dei finanziamenti pubblici ai sensi della legge 448/98, spiegando il meccanismo perverso con cui è sufficiente dichiarare di essere in regola con il versamento dei contributi previdenziali ai dipendenti, anche se in regola non lo si è, per poi ricevere i soldi pubblici e sanare il proprio debito con gli Istituti di previdenza con gli stessi finanziamenti ricevuti. Parlavamo infine di altre cosucce relative all’occupazione delle frequenze Rai riscontrata e denunciata dalla stessa emittente statale. Eccola, dunque la sentenza di proscioglimento e non necessita di commenti. Il gup Annalisa De Benedictis è esemplare, entrando nel merito dell'inchiesta del Tacco e dei vari capi d'imputazione del pm Antonio De Donno che aveva chiesto il rinvio a giudizio. Nei tempi bui che il sistema dell'informazione sta attraversando, sentirsi ribadire che i capisaldi della democrazia, tra cui il diritto d'informazione, sono tutti lì e nessuno li può distruggere, è una bella ventata di ottimismo. Le diffide e le querele come preordinato strumento di intimidazione e non come legittimo esercizio di difesa da parte di chi si sente offeso, sono state riconosciute, nei loro effetti, dal Gup: “Le diffide e le querele -scrive il Gup – per quanto legittime, hanno pur sempre raggiunto lo scopo di tentare di paralizzare l'attività giornalistica dell'imputata, che di fatto si è vista protagonista di procedimenti penali tutt'ora sub iudice”. Questa bellissima vittoria è tutta dei lettori del Tacco d'Italia, che continuano a seguirci, sempre più numerosi, ritenendoci degni della loro fiducia. Ringraziamo l'avvocato Massimo Manfreda, del foro di Brindisi, che ci ha egregiamente difeso, credendo da sempre nella nostra professionalità. TRIBUNALE DI LECCE SEZIONE DEI GIUDICI PER INDAGINI PRELIMINARI In nome del Popolo Italiano Il Giudice dr.ssa Annalisa de Benedictis ha emesso la seguente SENTENZA a norma degli artt. 425 e ss. c.p.p. nel procedimento penale a carico di: MASTROGIOVANNI MARIA LUISA, nata a Casarano il 31.10.1969, elett. Dom. in Brindisi via Lanzellotti n.3 c/o lo studio dell’avv. Massimo Manfreda – – libera presente – assistita e difesa di fiducia dall’avv. Massimo Manfreda del foro di Brindisi IMPUTATA a) del reato di cui all’art. 595, comma terzo, c.p., con riferimento all’art. 13 L. 8.2.1948 n.47, per aver pubblicato un articolo, dal titolo “Pagliaro: l’impero virtuale”, sul numero 52 del mese di dicembre 2005 del mensile “Il Tacco d’Italia”, con sede in Casarano, dalla stessa diretto, con cui offendeva la reputazione di Pagliaro Paolo, editore televisivo e legale rappresentante della società “Mixer Media”, nonché di amministratore e socio unico di “Telerama” S.r.l., in quanto: – lo accusava di aver posto in essere un tentativo di intimidazione nei confronti del “Tacco d’Italia”, preordinato allo scopo di impedire la libera informazione nei confronti delle vicende di interesse pubblico riguardanti esso Pagliaro; – adombrava il sospetto che Telerama avesse ottenuto l’importo di €. 100.000,00 dallo Stato, a titolo di erogazione pubblica ex L.448/98, pur in mancanza del requisito della regolarità contributiva dei dipendenti, – in Casarano, in giorno imprecisato del mese di Novembre 2008 prescrizione minima: 1.11.2014 Parte civile: PAGLIARO Paolo, nato a Lecce il 14.03.1960, elett. Dom. in Lecce via Niccolò Foscarini n.7 c/o lo studio dell’avv. Angelo Pallara dal quale è rappresentato e difeso – Conclusioni delle parti: Il pubblico ministero, espone i fatti e chiede il rinvio a giudizio dell’imputata. Il difensore della parte civile, si associa alla richiesta del p.m. Il difensore dell’imputata, chiede sentenza di non luogo a procedere. Motivazione 1. A seguito di richiesta di rinvio a giudizio del Pubblico Ministero veniva celebrata l’udienza preliminare nel corso della quale la Difesa chiedeva il proscioglimento dell’imputata per insussistenza del fatto. Il Giudice, all’esito della Camera di Consiglio, ha pronunciato dispositivo di sentenza di cui è stata data integrale lettura. 2. Deve essere fin d’ora disposto il proscioglimento dell’imputata perché il fatto non sussiste. Mastrogiovanni Maria Luisa è imputata di questo procedimento per avere pubblicato, nella sua qualità di giornalista e direttore del mensile “Il Tacco d’Italia”, un articolo dal titolo “Pagliaro: l’impero virtuale”, testo con il quale avrebbe offeso la reputazione di Pagliaro Paolo, editore televisivo e legale rappresentante della società Mixer Media, nonchè amministratore e socio unico di Telerama s.r.l. .Lo avrebbe accusato di aver posto in essere un tentativo di intimidazione nei confronti del giornale da lei diretto per impedirle la libera informazione nei confronti delle vicende riguardanti lo stesso Pagliaro; avrebbe adombrato il sospetto che la televisione da lui diretta avesse ottenuto un’erogazione pubblica ai sensi della legge 448/98 dell’ammontare di € 100.000, pur in mancanza del requisito della regolarità contributiva dei dipendenti. La giornalista risponde del reato di diffamazione a mezzo stampa con riferimento all’articolo apparso sul numero di novembre del mensile da lei diretto; pertanto la verifica della sussistenza degli elementi necessari per la valutazione dell’accoglimento della richiesta del pubblico ministero, ovvero della insussistenza del fatto contestato non può prescindere dall’esame del testo dell’articolo incriminato. Si legge nell’articolo una disamina dettagliata e puntuale delle vicende di natura giudiziaria che interessavano in quel momento il Pagliaro. L’articolo è diviso per paragrafi relativi, ognuno, alle varie vicende in questione. Con riferimento al finanziamento pubblico ai sensi della legge 488 la giornalista espone in ordine al tentativo di “frodare lo Stato” da parte del Pagliaro, bloccato dal sequestro con facoltà d’uso delle attrezzature tecniche dell’emittente. In particolare si scrive nell’articolo che “secondo l’accusa voleva proprio truffarli quei denari e lui si è affrettato a sbarazzarsene prima che le cose peggiorassero: a Bari … gli venne contestato il reato di concussione e concorso in corruzione con aggravanti. Per questo nel giugno 2006 gli fu notificata un’ordinanza di custodia cautelare”; prosegue precisando che venivano applicati gli arresti domiciliari e che all’esito risultò prosciolto nel procedimento nell’ambito del quale la misura era stata emessa. Con riferimento ai finanziamenti alle emittenti televisive ai sensi della legge 448 del 1998, la giornalista riferisce le informazioni a lei note relative all’inchiesta ad ampio raggio che riguardò una serie di emittenti televisive minori per la riscossione dei finanziamenti ex lege 448. Dopo aver chiarito che la normativa in questione consente di attingere ai fondi pubblici attraverso una richiesta rivolta al Comitato Regionale delle comunicazioni, organo regionale che riceve le domande, analizza documenti e stila le graduatorie immettendo i dati delle televisioni in un software che determina i punteggi in base al fatturato e al numero di dipendenti. I requisiti richiesti per l’assegnazione di finanziamenti attengono prevalentemente al predisporre e mandare in onda un telegiornale regolarmente registrato al tribunale in base alla legge sulla stampa e ad essere in regola con il versamento dei contributi previdenziali ai dipendenti; quest’ultimo requisito è autocertificabile. Successivamente la autocertificazione deve essere sostituita dalla produzione di documenti che attestino il contenuto della dichiarazione propria al momento dell’erogazione del finanziamento. Dopo aver descritto il meccanismo della normativa in materia di finanziamento alle emittenti, riporta il contenuto delle dichiarazioni della senatrice Adriana Poli Bortone, all’epoca in forza ad AN, che contestava la validità di un’autocertificazione che contenesse l’assicurazione della regolarità contributiva al momento della domanda quando tale irregolarità era stata raggiunta solo n un secondo momento. La descrizione sull’attività del Comitato Regionale delle comunicazioni nell’articolo è diffusa: descrive le modalità di valutazione dei requisiti da parte del software e le conseguente delle decisioni del Comitato sottolineando che l’obiettivo delle televisioni è rientrare nei posti più alti della classifica per accedere ai finanziamenti. Dopo essersi dilungata sulla interpretazione data dallo stesso consiglio regionale sulla attualità al momento della domanda della regolarità contributiva precisa nell’articolo che il 3 settembre 2008 l’ENPALS aveva comunicato al Ministero dello sviluppo economico e delle comunicazioni che Telerama aveva sanato i contributi previdenziali spettanti all’Ente previdenziale, per i mesi di luglio e agosto 2006, solo nell’aprile 2008. Con riferimento alla stessa questione riferisce poi delle denunce di Rai Way al Ministero dello sviluppo economico delle comunicazioni in ordine al “comportamento dell’emittente privata Telerama al limite della legalità” in quanto la stessa emittente operava “impropriamente su un canale e una frequenza dove dovrebbe trovarsi la Rai”. Quanto al tentativo di intimidazione di cui la Mastrogiovanni accusa Pagliaro, la giornalista nel paragrafo “i capi d’imputazione del tacco” sintetizza i risultati della sua indagine già apparsi su precedenti numeri del giornale; espone inoltre per punti le accuse che a lei stessa vengono mosse nell’ambito di un altro procedimento per diffamazione. In realtà in questa parte dell’articolo non si ravvisa una accusa esplicita o sufficientemente delineata di intimidazione da parte della redattrice a carico di Pagliaro. Certamente la Mastrogiovanni parla di “tentativo di intimidazione” ma inserisce l’espressione in un contesto nel quale non si esprime una accusa apodittica, ma una esposizione dei fatti realmente accaduti che di fatto avevano l’effetto di impedire l’esercizio di informazione. In particolare, si legge: “non abbiamo più potuto scrivere a sulle attività e la vita del personaggio pubblico Pagliaro e sulle sue emittenti, perché ad ogni fiato abbiamo ricevuto diffide e relative integrazioni di querela (ne abbiamo perso il conto, in cui si lamentava un intento persecutorio nei suoi confronti. Persecuzione, dicevano le diffide, sebbene ci fosse un forte elemento di cronaca, da cui discende il diritto-dovere di informare … Non abbiamo più potuto informare i lettori dei fatti che riguardano un personaggio pubblico, dunque. Il tentativo di intimidazione è andato a segno, insieme a quello di indurre il giornale all’autocensura, che è la peggiore punizione per un giornalista libero”. Dunque, il tentativo di intimidazione di cui parla la giornalista attiene sicuramente all’esercizio di un diritto da parte di chi – Pagliaro – si è sentito leso dalle informazioni di stampa del Tacco d’Italia attraverso diffide e querele, che per quanto legittime hanno pur sempre raggiunto lo scopo di tentare di paralizzare l’attività giornalistica svolta dall’imputata che di fatto si è vista protagonista, in termini di accusata, di procedimenti penali tutt’ora sub iudice. In conclusione, avuto riguardo al contenuto del testo non sembra possa ravvisarsi il reato contestato; invero, a parere di questo giudicante, il reato non sussiste in quanto, avuto riguardo ai criteri stabiliti dall’interpretazione giurisprudenziale, non si ravvisano i presupposti della esorbitanza dei limiti imposti al legittimo esercizio dei diritti di cronaca e di critica. Invero, “a lesione dell’onore e della reputazione altrui non si verifica quando la diffusione a mezzo stampa delle notizie costituisce legittimo esercizio del diritto di cronaca, condizionato all’esistenza dei seguenti presupposti: la verità oggettiva o anche solo putativa dei fatti riferiti, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca, tenuto conto della gravità della notizia pubblicata; l’interesse pubblico alla conoscenza del fatto (cosiddetta pertinenza); la correttezza formale dell’esposizione (cosiddetta continenza). In particolare, nel caso di notizie lesive mutuate da provvedimenti giudiziari, il presupposto della verità dev’essere restrittivamente inteso (salva la possibilità di inesattezze secondarie o marginali, inidonee a determinare o aggravarne la valenza diffamatoria), nel senso che la notizia dev’essere fedele al contenuto del provvedimento e che deve sussistere la necessaria correlazione tra fatto narrato e quello accaduto, senza alterazioni o travisamenti di sorta, non essendo sufficiente la mera verosimiglianza, in quanto il sacrificio della presunzione di non colpevolezza richiede che non si esorbiti da ciò che è strettamente necessario ai fini informativi” (Cass. Civ., III sez., 20.10.09, n.22190). Peraltro, anche l’uso da parte della giornalista di toni inequivocabilmente marcati e talvolta aspri è espressione del diritto di critica non comprimibile in un sistema democratico improntato costituzionalmente al libero esercizio del diritto di informazione. Afferma, in proposito, la Suprema Corte che “la critica … costituisce attività speculativa che per sua stessa natura non può pretendersi asettica e fedele riproposizione degli accadimenti reali, ma consiste nella rappresentazione critica di questi ultimi e, dunque, in una elaborazione che conduce ad un giudizio che, in quanto tale, non può essere rigorosamente obiettivo ed imparziale, siccome espressione del bagaglio culturale e politico di chi lo formula” (Cass. Pen., sez. V, 22.5.09, n.40408). Per le ragioni esposte si ritiene di definire fin d’ora la posizione dell’imputata con la decisione di proscioglimento per insussistenza del fatto, per inutilità e superfluità dell’approfondimento dibattimentale. P.Q.M. letto l’art. 425 425 c.p.p., dichiara non luogo a procedere nei confronti di Mastrogiovanni Maria Luisa in ordine al reato ascrittole perché il fatto non sussite. Lecce, 5.5.2010

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