E’ il 1° settembre. La navetta parte puntuale alle 15 dalla Stazione di Otranto. Destinazione Lido degli Angeli. Lì c’è una storia da raccontare
Tra i lavori pomeridiani dell’”Otranto Legality Experience” – il forum internazionale dedicato a “Economie illegali, criminalità organizzata e globalizzazione” – un’attività di particolare interesse è stata, senza dubbio, la visita guidata presso le proprietà confiscate dallo Stato alla Sacra Corona Unita e destinate a uso sociale. E’ il 1° settembre. La navetta parte puntuale alle 15 dalla Stazione di Otranto. Destinazione Porto Cesareo, Lido degli Angeli. Lì c’è una storia da raccontare. Il “Tacco” lo ha già fatto in un’inchiesta dal titolo “Cose Nostre” del dicembre 2009, ma vale la pena ricordarla, alla luce di questa significativa esperienza. Il viaggio è carico di aspettative. Ogni viaggio lo è. E noi partecipanti le dobbiamo mettere nero su bianco. Maria Giovanna, una ragazza di Libera Puglia, ci consegna un pezzo di carta sul quale scrivere una domanda in merito al tema della visita. Alla fine del nostro giro, i fogli anonimi verranno ridistribuiti a caso e ciascuno leggerà una domanda per capire se le nostre curiosità di partenza siano state soddisfatte dal racconto dell’accompagnatore o meno. Arriviamo alle 16.30. Il bene sequestrato da visitare, per chi ha scelto questa destinazione (le opzioni erano Torchiarolo e Mesagne), non è un fondo agricolo o un immobile, bensì una spiaggia; una duna di sabbia finissima e di macchia mediterranea. “E’ un posto bellissimo” dice la nostra guida, Don Raffaele Bruno di Libera Puglia, riferendosi al fatto che la zona costiera è Area Marina Protetta e la vegetazione è Parco Naturale. Le competenze sulla zona si richiamano a soggetti differenti (Ministero, Regione, Enti locali), ma l’insieme è fantastico e, soprattutto, qui, ha vinto lo Stato.

Di fronte a noi, la spiaggia

Dietro, la macchia mediterranea

E alle spalle della duna, l’insediamento selvaggio targato speculazione urbanistica anni ’80. Porto Cesareo, ci spiega Don Raffaele, è il luogo con il più alto tasso di abusivismo edilizio in Italia.

Intanto inizia il nostro giro. Ci incamminiamo attraverso piccoli sentieri sabbiosi.

E facciamo una sosta all'ombra, sotto gli alberi, dove inizia il racconto di Don Raffaele.

Prima che fosse confiscata, la duna, estesa tre ettari, era in mano al clan Tornese che si era insediato a Monteroni e federato sul territorio, fino a farsi “agenzia di servizi” e “gruppo di mutuo soccorso” con altri clan. Non si sa, esattamente, a chi, la zona, appartenesse in precedenza; di certo non si trattava di demanio. Forse era di proprietà di borghesia mafiosa, preesistente alla criminalità, che si legava alle organizzazioni criminali quando diventavano soggetti economici forti. In pratica, un matrimonio di interessi, un incontro di poteri. E la Scu, fenomeno mafioso recente (primi anni '80) è diventata un “soggetto economico forte” grazie, in primis, al contrabbando di sigarette, poi al traffico di droga, di persone e alla contraffazione. Si è configurata così la pista adriatica e la Puglia è diventata testa di ponte per la sua posizione geografica nel Mediterraneo. La Sacra Corona Unita ha rappresentato il salto di qualità della criminalità pugliese con una sorta di emancipazione quantitativa del giro di denaro e qualitativa della mole di affari. E' nata una criminalità sempre più capace e allenata a relazionarsi con il grande capitale internazionale. In questo circuito di poteri, anche una duna e un bosco diventano fonte di affari e arricchimento. “Com'era utilizzata la zona dalla mafia? Quali erano i progetti per questo territorio?”. Sarà proprio questa una delle domande ripescate tra i foglietti scritti in precedenza e rivolta a Don Raffaele, sul finire del nostro percorso. “Un insediamento per l'itticoltura – è la risposta – ma non hanno fatto in tempo”. La zona è stata confiscata oltre un decennio fa. I beni, area dunale e retrodunale, sono stati trasferiti al Comune di Porto Cesareo. Ora si sta elaborando il progetto con Libera che lo gestisce in comodato d'uso (e sulla zone, come già detto ricadono le competenze per “Area Marina Protetta” e “Direzione Parco Regionale). Seconda domanda: “Come sarà riconvertito il bene?” L'intenzione è di lasciarlo com'è: natura per tutti. In sintesi, resterà parco. Sarà eventualmente possibile attrezzarlo secondo sistemi eco-compatibili, ma resterà uno spazio libero e accessibile per la collettività. Altra domanda: “E i diversamente abili, come potranno usufruire del bene?”.

“Naturalmente quest'area sarà pensata per le esigenze di tutti”. Per i non vedenti, l'idea è di creare dei “sentieri profumati” che possano “segnare il percorso”. Quindi, in uno spazio dominato da arbitrio, sopraffazione, antistato e mafiosità, ora c'è la possibilità di creare e diffondere i valori della cittadinanza attiva e della cultura della legalità. Le mafie hanno radici culturali e sociali molto profonde. Pensare di liberarcene solo per via giudiziaria è un tentativo velleitario e insufficiente. L’azione della magistratura e delle forze dell’ordine deve essere accompagnata dell’antimafia sociale che “siamo tutti quanti noi cittadini, quando agiamo e reagiamo individualmente e collettivamente” dice Don Raffaele, che, oltre a essere responsabile di Libera è anche cappellano del carcere di Lecce. In maggio, la duna è stata pulita dai detenuti. Tra di loro, anche un ragazzo, finito dentro per reato mafioso. “Anche i mafiosi- sottolinea Don Raffaele – vanno liberati dalla mafia”. Per approfondire Beni confiscati alla mafia anche se il reato è prescritto
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