Naufragi solitari

Bracciate funky e approdi inattesi per Loredana Bertè e Paolo Conte

Se gli affondamenti collettivi, rinarrati, assumono sempre un sapore di ideologia, di visione globale delle cose, le bracciate solitarie in mare avverso sanno invece di esistenzialismo post-ideologico. Loredana Bertè, in un funky di Lavezzi-Pace-Avogadro che si affacciava prepotente negli ‘80, lo diceva chiaro e tondo: siamo figli dell’ideologia, coi tranquillanti in farmacia, e ci ritroviamo in alto mare. Ma c’è un che di sportivo, di elettrizzante, nell’andare su e giù con le onde che ti mozzano il fiato. Sempre meglio che dirsi: non si vola più, fine del giro. Più ottimista, a suo modo, Paolo Conte. Cade dalla nave proprio mentre a bordo c’era il ballo e lei danzava stretta stretta all’altro. Quando la nave è ormai una lucciola persa nel blu e le speranze si apprestano a svanire all’orizzonte, lui approda su un’isola con palmizi, clima dolce e virtù che rimano con bambù. Si sa che Conte è stato a lungo anonimo autore altrui e poi, come in un riscatto mitico, si è ripreso le canzoni cantandole a suo modo. Ma qui l’intervento più delizioso è il trombone di Dalla, mentre il Bruno Lauzi del ’74 mantiene il suo smalto.

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