Il sostituto procuratore delle Dda , Elsa Valeria Mignone, ha chiesto oltre due secoli di carcere per 20 degli imputati che hanno scelto il rito ordinario, con pene dai 14 agli 11 anni di reclusione
Entra nel vivo il processo scaturito dalla cosiddetta operazione “Motorace”, condotta nel giugno scorso dai carabinieri del Raggruppamento operativo speciale di Lecce e dei Comandi Provinciali di Lecce, Brindisi, Bari e Padova, e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia del capoluogo salentino. Operazione che all’esecuzione di 21 ordinanze di custodia cautelare in carcere per associazione a delinquere finalizzata al traffico ed allo spaccio di sostanze stupefacenti. Le indagini, partite sin dal 2005 nell’ambito della cattura del latitante Antonio Palazzo, permisero di tracciare una vasta rete criminale operante nelle province di Lecce e Brindisi, ripercorrendo i vari passaggi capaci di portare fiumi di cocaina nel Salento. Secondo la tesi investigativa diversi i canali con cui i gruppi si rifornivano di droga in grandi quantitativi: dalla Svizzera, dal capoluogo lombardo e da quello pugliese. La cocaina veniva poi smistata attraverso i vari sodalizi criminali riconducibili alla Sacra corona unita e distribuita nelle varie piazze di spaccio. Oggi, a distanza di poco meno di un anno dagli arresti, il pubblico ministero della Dda, Elsa Valeria Mignone, ha chiesto oltre due secoli di carcere per 20 degli indagati che hanno scelto il rito ordinario. L’accusa ha invocato una condanna a 14 anni per Roberto Colazzo, presunto affiliato al clan “Cerfeda” e a capo del gruppo; Raffaele Martena, vicino al clan “Buccarella” e Giovanni Perrone, vicino al clan “Tornese” di Monteroni. Per Michele Calzolaio, legato al clan “Parisi” di Bari; Vincenzo Amato (esponent del clan “Coluccia” di Galatina); Ivan Martucci (vicino al clan “Buccarella”); Francesco De Tommas; Maurizio Provenzano; Roberto Solito; Raffaele Natali; Felice Parlangeli; Mario Leone; Massimiliano Perrone; Trentino Spano e Lorenzo De Pace, la pena richiesta è di 11 anni di reclusione. Pene più lievi per Roberto Maggio, Maurizio Greco, Mario Miglietta (vicino al clan “Buccarella”), Adriano Brunetti e Giovanni Casaluci, per cui il pubblico ministero ha chiesto 9 anni.
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