Telebugie. Quando i soldi pubblici non bastano mai

Questo sarebbe il momento giusto perché il futuro presidente della Regione Puglia si impegnasse non affinché i soldi gestiti dal Corecom siano decurtati, ma perché siano gestiti bene e onestamente e perché le regole e i controlli valgano per tutti

L’abbiamo ascoltato su tutte le televisioni e radio locali, il grido d’allarme per i tagli del Governo alle emittenti radiotelevisive. Si paventa la chiusura, la perdita di 100mila posti di lavoro, di cui 1600 di giornalisti, la caduta verticale della qualità dei servizi di informazione. Certo, detta così, la situazione apparirebbe drammatica: come, dall’oggi al domani un taglio netto e zac? Addio tg? In realtà i contributi all’editoria sono tanti e tali, che i tagli che il decreto “mille proroghe” ha pianificato, costituiscono solo una piccola parte. Il Governo ha stabilito di decurtare le provvidenze che consistono nella riduzione tariffaria del 50% dei costi delle utenze telefoniche, nel rimborso del 40% dei costi delle utenze elettriche e dei collegamenti satellitari e nel rimborso del 60% del costo dei canoni di abbonamento delle agenzie di informazione. Ma la parte consistente dei contributi alle televisioni, quella, rimane. Ed è la parte che distribuisce 145 milioni di euro (ai sensi della legge 448/98), dei quali la maggior parte arriva proprio in Puglia: oltre 41 milioni per l’annata 2009, distribuiti fra 44 tv. E’ qui che il futuro presidente della Regione Puglia deve giocare e vincere la partita della legalità e della trasparenza. Perché quei soldi arrivano da Roma, ma vengono gestiti direttamente dalla Regione, tramite il Corecom (Comitato regionale per le comunicazioni), i cui componenti e il cui presidente (attualmente è il senatore Giuseppe Giacovazzo) vengono nominati direttamente dal Consiglio regionale. E’ chiaro che esiste il concreto rischio che i componenti del Corecom, magari persone di riferimento di un’area politica, interpretino in maniera fin troppo elastica i regolamenti che fissano i criteri di attribuzione dei contributi o che evitino di inviare i controlli, che sono fatti a campione, alle aziende amiche e politicamente allineate. Negli ultimi due anni il Corecom ha revocato in autotutela le graduatorie con cui venivano assegnati i contributi ministeriali, proprio perché il Tar prima e il Consiglio di Stato poi avevano dato ragione ad alcune televisioni che evidenziavano delle anomalie nei criteri di valutazione. I finanziamenti sono a tutt’oggi bloccati e non ci sorprenderebbe se le televisioni tirassero fuori nuovamente l’argomentazione dell’attentato alla democrazia per difendere i propri interessi economici. I tagli previsti dal Governo invece non causeranno, come si fa credere, il collasso del settore radiotelevisivo, ma un indebolimento sì, e una maggiore dipendenza degli editori da quei contributi gestiti dal Corecom. Indebolire le televisioni locali significa anche rafforzare il duopolio Rai-Mediaset che, al momento giusto, abbiamo visto in tante occasioni, diventa monopolio, perché di fato i due colossi, all’occorrenza, non si fanno concorrenza. A chi come il Tacco d’Italia è sul mercato e non ha mai percepito un euro di contributi pubblici, a chi combatte ogni giorno per il minimo salariale e spesso neanche quello si ritrova in busta, questa levata di scudi per farsi pagare le bollette telefoniche con i soldi dei cittadini appare fuori luogo. Questo invece sarebbe il momento giusto perché il futuro presidente della Regione Puglia si impegnasse non affinché i soldi gestiti dal Corecom siano decurtati, ma perché siano gestiti bene e onestamente e perché le regole e i controlli valgano per tutti. Ricordate l’art.3 della Costituzione? Anche qui, chiediamo il minimo sindacale.

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