“Ugento, alzati e cammina”

Stavolta carta e penna le ha impugnate lui, don Stefano Rocca, il parroco di Ugento. Ed ha scritto. Ai suoi fratelli e alle sue sorelle, a tutti i fedeli, cittadini di Ugento o no, che hanno a cuore la verità e la legalità. Ha scritto, rispondendo anche al volantino che domenica scorsa, a firma di Vito De Grisantis, vescovo della diocesi Ugento-Santa Maria di Leuca, era stato diffuso all’uscita delle chiese di Ugento, Gemini e Torre San Giovanni, e che incitava a placare i toni della polemica per il bene della città. Ha incitato nuovamente, don Stefano, a parlare, a non arrendersi, a non cedere alle lusinghe del male. “Ugento, alzati e cammina”, ha invitato, chiedendo ad un paese intero e a chiunque sappia di uscire dalla menzogna. Di seguito, riportiamo la lettera integrale rivolta a sorelle e fratelli da don Stefano. Ieri il parroco ha saputo che a querelarlo, alcuni giorni fa, è stato Bruno Emanuele Ozza, geometra, nipote del sindaco.”Una querela molto pesante – ha commentato – perchè arriva non dal sindaco in quanto amministratore ma da un suo familiare. Che c’entrano i parenti”?

Carissimi sorelle e fratelli nel Signore Gesù,
In questi ultimi mesi tante volte abbiamo avuto modo di tornare sulla vicenda tragica del delitto del nostro fratello Peppino Basile, barbaramente trucidato la notte dopo la visita di Papa Benedetto XVI a Santa Maria di Leuca il 14 giugno. Il massimo della felicità per la nostra Chiesa si è maledettamente congiunto quella notte con il massimo della barbarie e l’irruzione della morte e della menzogna. Questo fatto ha turbato le coscienze di tanti uomini e donne della nostra diocesi, e da allora molti si sono chiesti che cosa è accaduto realmente e chi era il regista occulto di questa operazione di distruzione delle ragioni dell’amore, della fede, della verità che sono tipiche del nostro popolo. Come sacerdote non posso non rilevare che in questo caso la morte e la menzogna sembra che abbiano avuto il sopravvento, e la gente dimostra oggi di avere paura e cade nella trappola della rassegnazione. Anche se so bene che il Male è stato sconfitto per sempre dalla Croce di Cristo. Come ci insegnano i Padri della Chiesa e i Mistici, quando la Chiesa appare sconfitta è proprio quello il momento in cui si manifesta al massimo la sua potenza salvifica, perché questa piccolezza e povertà scatena la Misericordia di Dio. Il demonio che ha armato la mano degli assassini, ma che continua anche a lavorare per mettere contro fratelli con fratelli, fedeli con fedeli, è il vero nemico della Chiesa e della Comunità di Ugento. Non gli errori di un peccatore, non le parole – forse troppe – di un prete, non gli articoli della stampa o i seminari e le marce. Ritengo che una lettura spirituale della vicenda del delitto Basile e della fase storica successiva non sia inutile. Anche perché da qui si comprende il ruolo che la Chiesa deve avere: smascherare il Male e la Menzogna, e costruire il Bene e la Giustizia, che vengono da Dio. Ho apprezzato il volantino che il Vescovo ha pubblicato il 22 marzo, nel quale egli fa appello generico alla concordia, alla pace, alla prudenza. Tutta la mia comunità sa quanto rispetto ho per Lui e per il suo difficilissimo compito di guidare tutta la Diocesi. Io che sono parroco da tanti anni ho imparato che in questa nostra terra c’è ancora molto da fare per evangelizzare il sociale, la politica, la cultura. Ho capito che ci sono ancora molte ingiustizie, che i poveri sono costretti a tante forme di prostituzione morale per ottenere quello che loro spetta per diritto. La Chiesa, mentre evangelizza e annuncia, deve mettersi dalla parte dei più deboli, dei più poveri, di quello che sono considerati gli inutili, in una parola i “crocifissi”, perché i ricchi e i potenti sanno difendersi da sé, e hanno tutti gli strumenti per spaventare e intimidire. Come si spiegherebbe, infatti, questa generale tendenza a mantenere la bocca chiusa, a praticare atteggiamenti omertosi, a non collaborare con le forze dell’ordine per smascherare i responsabili dei delitti che si susseguono a ritmo incalzante, se non con quel fatalismo diffuso di chi crede, tanta parte della popolazione, che tutto rimarrà sempre uguale, che non potrà mai cambiare niente e che quindi è meglio vendere l’anima al potente di turno? Nella nostra bellissima cittadina, che io amo, c’è tanta brava gente, tanti bravi credenti che si impegnano per il Bene. Ma ci sono purtroppo diverse strutture di peccato che dovrebbero trovare una attenzione adeguata nell’attività pastorale: mi riferisco alla pratica della raccomandazione per ottenere il lavoro o dei favori in cambio di voti, al lavoro nero, al lavoro sottopagato, alla distruzione sistematica dell’ambiente con gli effetti negativi sulla salute delle persone, alla manipolazione dell’opinione pubblica, all’intimidazione; quindi non c’è solo il delitto Basile, non c’è solo la questione della Pineta Comunale, non c’è solo abusivismo edilizio. D’altronde è proprio questo che i vescovi italiani, riuniti lo scorso febbraio a Napoli, hanno voluto evidenziare: dopo avere riconosciuto che come pastori non sempre in questi anni “siamo stati buoni custodi dei doni della bellezza, della solidarietà e dell’accoglienza” che traggono origine dal Vangelo, hanno detto che bisogna correggere “alcune distorsioni, insinuatesi nei nostri stili di vita: la fede deve essere nettamente coerente con la vita. Come permettere oltre che ci sia distanza tra culto e storia, tra scelta credente e vita concreta, nel lavoro e nelle professioni, nella famiglia, nell’economia e nella politica?”. E concludono: “I laici che vivono le nostre comunità e le nostre associazioni dovranno maggiormente dare ragione della speranza che è in loro nei posti che quotidianamente vivono, uscire cioè dalle mura del tempio per incarnare nella società il Vangelo di Cristo”. E voglio concludere anche io con le parole dei vescovi italiani: “Anche noi Vescovi, uomini del Sud come voi, sentiamo forte l’invito di Pietro: Alzati e cammina! Con voi siamo pronti a camminare insieme”. Ugento, alzati e cammina.

Don Stefano Rocca

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