E’ andata finalmente in onda lunedì 23 febbraio, dopo due rinvii, l’attesa seconda parte del servizio di “Chi l’ha visto?” sull’omicidio di Peppino Basile. Federica Sciarelli, la conduttrice della trasmissione, al momento di presentarlo ha assicurato che il cambiamento di programma, verificatosi per ben due volte, è stato dettato esclusivamente da esigenze di palinsesto non programmate e non da pressioni da parte di esponenti politici, come si era sospettato nei giorni scorsi. Come previsto, il servizio ha mandato in onda gli interventi di Eugenio Ozza, sindaco di Ugento, il quale ha ribadito ciò che più volte aveva affermato e cioè di non aver collegato, a caldo, l’omicidio del consigliere ad una questione politica ma di averlo considerato un fatto personale del “Basile uomo”; le scritte sui muri sarebbero invece, secondo il sindaco, solo delle ragazzate, da non mettere in relazione con il tragico accaduto. Oltre alle dichiarazioni di Ozza, sono andate in onda quelle di Bruno Colitti, l’imprenditore ugentino che si è autodenunciato segnalando di aver sotterrato, “come mi dicevano di fare gli ingegneri”, rifiuti tossici e pericolosi nel sottosuolo della ex discarica Burgesi. Colitti ha riferito che, proprio un mese prima della morte di Basile, gli aveva chiesto se, da politico, potesse risvegliare l’interesse verso la questione ambientale in quell’area. Il servizio ha riportato anche l’intervista a Maria Luisa Mastrogiovanni, direttore del Tacco d’Italia, che ha rivelato dei dettagli inquietanti relativi alla discarica ugentina, scoperti dal Tacco e pubblicati nel numero di febbraio del mensile: l’esistenza, proprio accanto alla discarica Burgesi, di un centro di stoccaggio rifiuti, di proprietà comunale, realizzato con fondi pubblici pari a 5 miliardi 300 milioni di lire e mai utilizzato, oggi in stato di totale abbandono. “L’utilizzo di tale impianto – ha spiegato il direttore del Tacco – avrebbe notevolmente ridotto la quantità di rifiuti da conferire in discarica e, di conseguenza, anche i guadagni della società che la gestisce”. Nella sera in cui fu ucciso, Basile si era recato per un sopralluogo presso il centro di stoccaggio, del quale era da poco venuto a conoscenza. La “bomba pronta ad esplodere” della quale egli parlava nelle sue ultime ore di vita era probabilmente questa. “Gli chiedevo di parlarmene – ha riferito alle telecamere il suo amico Alberto Sanapo – ma preferiva che a rischiare fosse solo lui”.
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