Biomasse ed agricoltura nel Salento: il pensiero di un consulente

Abbiamo riportato il parere di un consulente agronomo relativamente lo sviluppo di colture oleaginose nel Salento a fini energetici

Il settore dell’agro-alimentare potrebbe essere uno dei comparti per la produzione di combustibili rinnovabili, ma al contempo occorre prestare molta attenzione nel non pensare che l’apporto delle agro-energie possa essere risolutivo per il sistema agricolo salentino.

Abbiamo riportato il parere del consulente agronomo Antonio Stea, lo riportiamo integralmente. All’interno dello scenario energetico nazionale, il recupero energetico rappresenta un fattore di notevole importanza nella gestione delle aziende agricole, soprattutto in considerazione di due ideologie: da una parte il Protocollo di Kioto e la necessità di ridurre le emissioni di gas serra proveniente dall’utilizzo di fonti di carbonio, a favore dello sfruttamento di fonti rinnovabili, dall’altra il crescente fabbisogno energetico al fine di garantire le attività aziendali e derivate (es. catene del freddo). Gli impegni che il nostro Paese dovrà rispettare sono seri ed urgenti in tema di utilizzo di fonti rinnovabili. In questo ampio scenario si collocano l’impiego energetico delle biomasse, definti dall’art. 2 del D. Lgs. 387/03 come ” la parte biodegradabile dei prodotti , rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura e dalla silvicoltura e dalle attività connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti urbani …”. Tutto ciò per evidenziare come il settore dell’agro-alimemtare possa essere uno dei principali per la produzione di combustibili rinnovabili. Al contempo occorre prestare attenzione nel non pensare che l’apporto delle agro-energie possa essere risolutivo per il sistema agricolo salentino. Certamente si tratta di un’opportunità che guarda alla multi-funzionalità dell’agricoltura, da anni ad esempio si sente parlare di servizi ambientali offerti dalle aziende, ecc… Le agroenergie possono essere un qualcosa in più che l’agricoltura salentina può dare. Fatta questa doverosa premessa, occorre, a mio modo di vedere, mantenere i piedi per terra ed evitare di promuovere “istantaneamente” un confronto ed un impatto difficile con enti, associazioni e produttori. Non si possono inserire immediatamente scelte senza tener poco conto dell’ambiente in cui si opera, di ciò che l’ambiente può dare e inconsapevolmente offrire a noi cittadini. Negli ultimi anni molta attenzione si pone nei confronti dei sotto-prodotti di produzione e/o di lavorazione delle produzioni agroalimentari. A nostro modo di vedere occorre discutere e progettare in modo costruttivo partendo da -presupposti esistenti- e sfruttabili nel migliore dei modi. Il nostro territorio è caratterizzato da notevoli presenze di coltivazioni arboree, quali olivi storici e millenari frammisti a giovani impianti; personalmente la nostra attività è una lotta per qualificare le produzioni agricole ed olearie salentine, garantendo a quest’ultime con sacrifici gli standard di qualità, tra questi la tracciabilità delle produzioni, oramai obbligatoria. Siamo la prima provincia in Europa a produrre oro verde, con la presenza di oltre duecento frantoi oleari e milioni di alberi. Di tutto ciò ne siamo fieri e orgogliosi, anche se molto c’è da fare. Personalemnte sono convinto che occorra sfruttare appieno ciò che la storia ci offre per poter guardare in modo innovativo al futuro del settore agricolo. Personalmente vedo in posizione sfavorevole l’attuazione di colture oleaginose nel Salento a scopi energetici per vari motivi, a favore dello sfruttamento di una filiera importante come quella oleicola (da olivo). Tali considerazioni sono un punto di vista e chiaramente saranno soggette ad altre realtà di pensiero. Vogliamo sottolineare come manchi ancora in via essenziale una legislazione adeguata per ciò che attiene di oli vegetali utilizzabili in combustione per la produzione di energia. Esistono notevoli differenze tra le caratteristiche chimiche e fisiche degli oli vegetali che incidono sul comportamento del prodotto durante la fase di combustione. La definizione di tali parametri negli oli veetali è importante per verificarne la possibilità di utilizzo e le prestazioni nei sistemi. Le macchine (motori) in grado di produrre energia hanno delle specifiche di qualità nell’utilizzo di questi prodotti. In parte tali proprietà chimico-fisiche sono legate al tipo di percorso produttivo ed ai sistemi con cui gli oli vegetali sono ottenuti. La variabilità delle caratteristiche esistenti tra i vari oli vegetali è fattore importante e per il quale poco si è realizzato al fine di conoscere appieno il prodotto eventualmente utilizzabile. Tale variabilità può essere considerevole anche nei confronti della stessa matrice oleosa, è il caso ad esempio del girasole che presenta varietà notevolmente differenti per il contenuto in acido oleico. La complessità deòle caratteristiche è anche condizionata dal sistema di ottenimento degli stessi oli. Attualmente in Italia esistono due diverse tipologie di estrazione da semi di oleaginose: l’estrazione meccanica (per pressione) da cui si ottengono oli vegetali grazzi e l’estrazione mediante solventi chimici, da cui si ottengono oli vegetali raffinati. Nei mesi trascorsi sulla stampa abbiamo letto di una possibile riconversione e/o utilizzazione durante tutta l’annualità delle strutture di trasformazione delle olive in strutture per la produzione di olio vegetale da semi oleaginosi. Le conoscenze oramai assodate e verificate dal punto di vista produttivo ci dicono che per ottenere olio vegetale da semi di oleaginose è possibile utilizzare il sistema a pressione (i nostri frantoi in provincia che utilizzano tale sistema rappresenta una bassa percentuale rispetto al totale – si raggiungono appena le due cifre percentuali), ma ciò non basterebbe per avere una buona resa, occorrerà infatti accoppiare a tale sistema quello per estrazione mediante solventi chimici di sintesi. L’introduzione di tali solventi nei frantoi oleari è severamente vietato perché basterebbero poche gocce per influire negativamente sulle caratteristiche organolettiche del prodotto olio di oliva. Al fine di evitare l’utilizzo di mezzi chimici, adoperabili in grande quantità per estrarre oli vegetali, al fine di tutelare le storiche coltivazioni e di evitare di inserire in un contesto oleicolo da valorizzare colture a molti produttori sconosciute, per evitare di rincorrere le conoscenze scientifiche per ciò che attiene le colture di oleaginose, per evitare le monosuccessioni colturali (poco idonee), con corrette finalità vogliamo suggerire un’ altra possibilità di utilizzo delle biomasse per la produzione di energia a minore impatto ambientale e che possa sfruttare appieno una filiera millenaria, trattasi del RECUPERO ENERGETICO DA POTATURE DI OLIVO. Rifacendoci alla considerazione che è in corso di sviluppo in Italia l’utilizzo dei sotto-prodotti agricoli (By-products) nel settore dell’agroalimentare e della sua industria, il comparto agricolo ed olivicolo in particolare, vista la situazione ambientale che il Salento ci offre da millenni, produce una biomassa concretamente utilizzabile e con effetto minore sui produttori e cittadini: il potenziale di biomasse legnose ed in particolare il residuale. Tale potenziale è rappresentato dalle potature dei nostri oliveti. Il rendimento di tale operazione colturale si attesta nei nostri territori e da noi stimato in circa 2 – 2,5 t/ha*1. L’attuale gestione delle aziende agricole non prevede la produzione di energia da tale sotto-prodotto, ma al contrario e non conformante alle norme relative alla condizionalità emanate dall’UE ed al Decreto Ronchi, mediante bruciatura in pieno campo. Il nostro Studio di consulenza suggerisce di raggiungere un obiettivo importante anche ai fini della riduzione delle spese di gestione aziendale, quale il recupero e la valorizzazione energetica delle biomasse residuali prodotte nelle nostre aziende agricole insistenti sul territorio salentino. Si tratta di collegarsi ad una filiera storica come quella olivicola e utilizzare i sotto-prodotti delle normali operazioni colturali (potatura) chiudendo ulteriormente tale filiera ed offrendo così maggiore valore aggiunto alle aziende ed al territorio. La collegata filiera prevederà essenzialmente il trattamento della biomassa residuale (triturazione ed essiccazione), ottenimento di bio-combustibile (cippato) da utilizzare per il soddisfacimento delle esigenze energetiche. Attualmente[1] riteniamo che la fonte per la produzione i energia elettrica concretamente utilizzabile è la biomassa legnosa ed in particolare la residuale, gli scarti di potatura non vengono infatti valorizzati in maniera adeguata. I nostri agricoltori vedono nello smaltimento di tale materiale verde un problema e non una risorsa. La filiera di produzione di cippato da scarti di potatura si articola in varie fasi che contestualmente conservan lo splendore del nostro sistema agricolo:- Potatura (operazione normale in agricoltura)- Raccolta degli scarti e cippatura;- Essiccazione del cippato;- Produzione enegetica da cippato.Analizziamo le varie fasi e l’impatto ambientale: PotaturaE’ un’operazione colturale normalmente adottata nelle aziende olivicole, destinata a limitare il fenomeno dell’alternanza ed a frenare l’invecchiamento dell’albero eliminando i rami secchi. Esistono e possono essere sfruttati gli scarti sia della potatura di formazione, che di allevamento. Riconoscere alle nostre aziende un valore a tali scarti di produzione potrebbe essere una via fruttuosa per ridurre il costo di tale operazione colturale. Raccolta e cippatura Gli scarti di potatura si troveranno sparse nei terreni agricolo e sarà necessario raccoglierli e concentrarli. Si tratta di tecnologie gìà al servizio dell’agricoltura da anni, tale macchina è rappresentata dalle macchine imballatrici (ne esitono di varie tipologie: parallelepipede, roto-imballatrici standard,etc..). Di seguito un modello di roto-imballatrice: La fase di cippatura è necessaria per avere un bio-combustibile di caratteristiche dimensionali compatibili per la successiva fase di produzione energetica Per ridurre le balle di potatura alla pezzatura richiesta dalle macchine di conversione energetica occorre avvalersi di una macchina cippatrice, a tutt’oggi ed utilizzate ne esistono di varie tipologie. EssiccazioneLa fase di essiccazione del cippato occorre per ridurre l’umidità e non prevede l’utilizzo di solventi di sintesi, bensì può avvenire mediante diversi approcci, dalla ventilazione meccanica all’essiccazione naturale in silos opportunemante aereati e controllati per evitare il deterioramento, un po’ come accade nella conservazione dei foraggi per le aziende zootecniche. Conversione energetica Questo processo comporta la produzione energetica del cippato in caldaie. La nostra idea di ottenimento di energia dal settore agricolo vorrebbe derivare dallo sfruttamento delle risorse naturali già presenti sul nostro territorio, dalla volontà di ripagare le aziende del costo di potatura (necessario per garantire una produzione importante dal punto di vista qualitativo) riconoscendo loro una determinata somma a quintale o tonnellata di prodotto; deriva inoltre dalla necessità di evitare l’introduzione di colture poco conosciute ai nostri produttori e per le quali occorre un apparato importante di macchine, strutture di trasformazione, solventi, dalla volontà di evitare una pressione di selezione di patogeni, ma soprattutto dalla volontà di valorizzare ancor più la filiera dell’olio di oliva nel nostro Salento. Dr. agr. Antonio Stea Socio ARPTRA – SOI Consulente agronomo Pres. Naz. Giovani Agronomi www.studioagronomicostea.com www.angaf.com

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