La condizione delle donne salentine nell’anno europeo delle pari opportunità
Più di una donna su dieci lascia il lavoro con la nascita di un figlio. Il 40 per cento delle donne che non lavora, lo fa per prendersi cura dei figli. A tutto questo si aggiunga la discriminazione sul piano retributivo: gli uomini continuano a percepire un salario più alto delle donne, a parità di ruolo
di Ada Martella I numeri parlano chiaro, più di tante parole. Numeri che stridono ancor più ora che la Comunità Europea ha deciso di indire il 2007 come anno delle Pari Opportunità, fissando al 60% il tetto da raggiungere per l’occupazione femminile. In Italia la percentuale di donne che lavorano è poco più del 45%, in Puglia supera di poco il 30% e in Salento la percentuale si abbassa al 30%. I dati numerici, poi, diventano scoraggianti lì dove si cerca di capire quante delle donne occupate lo sono in posti dirigenziali: appena il 10% e quasi tutto dislocato al Nord, in Lombardia, sebbene le top manager provengano da tutt’Italia. Per capirci meglio: solo una donna su cinque è manager, appena 12 su cento hanno ruoli top executive, ossia verticistici. Sono, dunque, pochissime le numero uno nelle grandi imprese, ancor meno le donne che hanno responsabilità governative. “E’ assai significativo che le nuove Ministre del governo Prodi siano state chiamate a compiti che più richiamano il tradizionale ruolo di “cura”: famiglia, giovani, sanità e naturalmente pari opportunità. Ministeri che sono quasi tutti “senza portafoglio” (5 su 6), quindi con minore riconoscimento, minore possibilità di incidere sui problemi e sulle politiche di sviluppo”, spiega Serenella Molendini, Consigliera delle Pari Opportunità della Provincia di Lecce. Perché, se è vero che l’Italia, e ancor più il Sud, si trovano a dover lavorare assai per raggiungere entro il 2010 la percentuale fissata dalla Comunità Europea, lo sforzo diventa immane quando si tratta di sfondare il cosiddetto tetto di cristallo. Un soffitto di vetro, quell’invisibile barriera che tiene le donne lontane dai vertici organizzativi, che spesso è il risultato di sottili meccanismi di discriminazione e contemporanei processi di autoesclusione.