La malattia più comune del nostro secolo non è il tumore, ma quel dannato individualismo moderno, figlio del capitalismo, che ci porta a dire “se sto bene io, stanno bene tutti”. L'individuo prima di tutto: prima della società e della politica delle quali importa poco e niente tranne che quando c'è da criticare, perchè “tutto va male, ma non saprei cosa cambiare”. E' lo stesso processo che ha portato al culto dello stordimento e delle discoteche, i luoghi in cui per pochi istanti, attraverso la musica, l'alcool e le droghe, riesco ad annullare la mia originale individualità e la parcezione delle individualità degli altri a vantaggio di una confusa visione del branco. Così la vita si vive istante per istante, senza progetti o aspettative, ma solo con una gran voglia di vedere quel che verrà dopo. Il mio invito, che è anche un augurio per il nuovo anno, è quello di recuperare ogni forma di associazionismo, affinchè la gente torni ad incontrarsi per un'idea comune, per la voglia di costruire assieme un qualcosa e non per un bisogno di annullamento.
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