La cannabis light “potrebbe far male”. Il CSS scopre l’acqua calda

Il Consiglio Superiore di Sanità ha espresso un parere negativo sulla vendita della cannabis così detta “light”, ovvero delle infiorescenze della specie “canapa sativa L.” (dove L. sta per Lineo, non per Light) contenenti un basso livello di Thc (tetraidrocannabinolo, il principio psicoattivo di questa pianta).

Secondo l’Ente consultivo diretto dalla Prof.ssa Roberta Siliquini “anche a basse concentrazioni, il Thc e gli altri principi attivi inalati o assunti con le infiorescenze di cannabis sativa possono penetrare e accumularsi in alcuni tessuti, tra cui cervello e grasso” e questo potrebbe causare danni alla salute. Inoltre il CSS contesta il fatto che non sia stato “valutato il rischio al consumo di tali prodotti in relazione a specifiche condizioni, quali ad esempio età, presenza di patologie concomitanti, stati di gravidanza/allattamento, interazioni con farmaci, effetti sullo stato di attenzione, così da evitare che l’assunzione inconsapevolmente percepita come ‘sicura’ e ‘priva di effetti collaterali’ si traduca in un danno per se stessi o per altri (feto, neonato, guida in stato di alterazione)”.

 

Il parere non è vincolante ma dimostra tutta l’arretratezza culturale di certa scienza ufficiale rispetto al tabu “droga leggera”. In queste stesse ore, infatti, il Canada ha legalizzato hashish e marijuana per uso ricreativo. E mentre in Italia vige ancora un ferreo proibizionismo, in diversi stati degli USA, in Uruguay, Colombia, Ecuador, Perù, Spagna, Paesi Bassi, e perfino in Corea del Nord il possesso di canapa è consentito.

 

In Italia si era tentata una timida apertura nel dicembre 2016, con l’autorizzazione alla coltivazione e vendita di questa canapa sativa L.

Un leggerissimo passo avanti verso la liberalizzazione degli “spinelli” che ha generato una forte attrazione di investimenti da parte di aziende agricole e commerciali che hanno prodotto e venduto per oltre un anno questa marijuana legale. E meno di un mese fa anche il ministero dell’Agricoltura, proprio in virtù della bassa concentrazione di Thc contenuta in questa specialità, aveva dato parere favorevole.

 

Chi, come me, ha provato la canapa “leggera”, può testimoniare quanto questa non-droga sia assolutamente innocua e quasi priva di effetti significativi. Provoca un piacevole senso di rilassatezza, simile a quello di un bicchiere di buon vino rosso pugliese. Effetti imparagonabilmente inferiori a quelli di un bicchierino di superalcolico, per intendersi.

 

Oggi il CSS auspica che siano attivate “nell’interesse della salute individuale e pubblica e in applicazione del principio di precauzione, misure atte a non consentire la libera vendita di questi prodotti”, perché potrebbero far male ad anziani, donne incinta e pazienti affetti da specifiche patologie.

Ma va?

A seguito di un parere richiesto a febbraio dal Ministero della Salute, gli esperti del Consiglio Superiore di Sanità ci dicono che fumare potrebbe far male alle neomamme o ai vecchietti o, che ne so, a un cardiopatico…

E per questo suggeriscono un deciso passo indietro rispetto alla timida apertura del Legislatore.

Ignorano forse che la legge attualmente in vigore (la famigerata Fini-Giovanardi) è stata dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Consulta con sentenza del febbraio 2014 e che questo parere non supportato da nuovi studi scientifici, interviene a gamba tesa in una situazione di vacatio legis che si sta cercando di sanare con molta difficoltà.

 

Ora spetta alla ministra della Salute Giulia Grillo mostrarsi coerente con le idee che ha pubblicamente espresso e ignorare questo parere non vincolante.

Nel frattempo, in un Paese sempre più ipocrita e miope, le mafie si sfregano le mani perché vedono rinascere grandi occasioni di business.

 

 

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