Lenyakula

Nel ’98 ho vinto la borsa di studio Danceweb al Festival Internazionale Tanzwochen di Vienna. Tra 40 borsisti ero l’unica rappresentante dell’Italia. È stato lì che ho conosciuto il mio amico e collega Lenyakula. Lui era l’unico ragazzo di colore del gruppo. E da solo rappresentava tutto il continente africano.

Nessuno si era accorto di questi particolari, fino a che non ce lo fece notare lui stesso nel suo assolo di presentazione. E ricordo che fu abbastanza scioccante prendere consapevolezza della sua situazione.

Molti anni dopo, portando il mio spettacolo Freedom in Camerun, capii per la prima volta come doveva essersi sentito lui. Eravamo io e Valentina, uniche bianche in un festival e un mondo di persone di colore. Strana sensazione. Venivamo scortate ovunque. Perché donne e bianche. Fu un’esperienza forte, sicuramente indimenticabile, bellissima. Sicuramente però, sarebbe stata un’esperienza molto diversa se io mi fossi trovata lì da sola, senza nessuno che mi aiutasse…

 

Io ho sempre tantissime idee. Ma, è cosa nota, il 99% delle idee resta irrealizzato.

Sicuramente le mie.

E così non ho mai realizzato il progetto che mi vedeva coinvolta in un spettacolo insieme al mio amico Lenyakula, così come non sono mai riuscita a tornare in Camerun.

A volte però qualcuno crede nel mio lavoro, e mi aiuta a realizzare una delle mie tante idee.

È stato così che l’anno scorso ho potuto proporre alla città di Lecce un laboratorio di coreografia intitolato Fuori Luogo. In realtà era un progetto nato dal desiderio di lavorare con gli utenti richiedenti asilo conosciuti in un centro Arci. Ma nella call si parlava solo di un laboratorio gratuito e aperto a tutti. Hanno risposto in più di 40.

Siamo arrivati alla fine del percorso in 20, per pura coincidenza il gruppo andato in scena alla fine vedeva protagonisti 10 ragazzi italiani e 10 rifugiati di colore, tutti più o meno coetanei.

 

Tra loro:

P. è figlio di un pastore. Quando i guerriglieri sono andati a prenderlo per farlo arruolare lui si è rifiutato. Hanno sgozzato suo padre e sua sorella davanti a lui. È riuscito a salvarsi e a scappare. Non ha idea di cosa sia successo a sua madre. Per arrivare qui ha patito la fame. E tutto questo, solo a causa della loro religione.

C. non è mai riuscito a raccontarci nulla. Ma ha due occhi profondissimi e un sorriso triste che ti spiazza.

P.è scappato per la fame. Per arrivare qui ha attraversato il deserto a piedi, ha viaggiato per 6 mesi, è stato fatto prigioniero, ha subito torture ed è restato a digiuno anche una settimana di fila…

S. non aveva nessuna intenzione di venire qui. È stato venduto come schiavo e si è ritrovato su un barcone…

C. non ha nessuno. È solo da quando aveva 8 anni. È cresciuto da solo. Ed è riuscito ad arrivare qui dopo un anno di viaggio. Da solo.

 

Lavorare insieme a loro è stata un’esperienza che mi ha al contempo arricchito e reso fiera.

Ho fatto nuovi amici. Imparato nuovi lati del mio mestiere. Scoperto nuovi modi di affrontare la vita. Ho trovato affetto e solidarietà. Ho trovato gratitudine e tanta umanità in quel gruppo…

 

Sono tutti ragazzi di 18, 20, 26 anni al massimo, con tanti sogni e tanta voglia di ricominciare…

Alcuni di loro hanno passato il Natale a casa mia. Tutti mi sono stati vicino quando ho avuto bisogno. Tutti loro cercano lavoro e sono grati all’Italia per averli accolti. Anche se raccontano di episodi di razzismo e hanno grandi difficoltà ad integrarsi…

 

Ho registrato le loro parole per aggiungerle alla traccia sonora dello spettacolo.

I ragazzi parlano di dare una seconda possibilità alle persone, di avere la possibilità di viaggiare e sentirsi a casa ovunque, di essere grati all’incontro con gli altri per aver preso consapevolezza del loro modo di fare e di giudicare. Ringraziano Dio per essere arrivati fin qui e ringraziano l’Italia per l’accoglienza.

Lucky dice: ‘Vengo dalla Nigeria, partecipo a Fuori Luogo per fare una nuova esperienza e imparare a conoscere meglio gli Italiani. Sono molto felice di essere qui e di poter partecipare. Prego Dio che ci dia la forza e la vita per altri anni a venire per continuare questo percorso. Ringrazio Barbara. Amo l’Italia!’

Simone dice: ‘Da fuori luogo mi porto a casa sguardi, storie, calore umano e tantissima empatia. Al pubblico vorrei dire che ogni posto dovrebbe poter essere casa nostra’.

Salà dice: ‘Vengo dal Mali, ho 18 anni. Vengo ogni domenica qui perché mi piace e mi diverte. I ragazzi italiani sono persone buone e vorrei continuare a vivere e lavorare qui con voi. Al pubblico dico: grazie Italia!’

 

A distanza di un anno alcuni di loro hanno trovato lavoro e amici, come Pius che lavora in una sartoria o Lucky che lavora in falegnameria. Altri invece, purtroppo, nonostante gli sforzi, hanno cambiato opinione riguardo l’Italia. Collins oggi vorrebbe andare via. Non riescono ad integrarsi. Hanno avuto esperienze negative con gli autoctoni, sentono odio e diffidenza nei loro confronti. Molti si sono visti rifiutare il permesso per restare.

Se continua così, tra un anno ad aver cambiato idea potrebbe essere la maggior parte di loro, e tra due o tre potrebbero essere diventati talmente incazzati da perdere quella gentilezza, quella grande empatia e quella sana voglia di provare ad integrarsi che avevano quando sono arrivati…

 

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