Europa, la lunga marcia verso l’obiettivo “Rifiuti zero”

// DOSSIER // Tra gli obiettivi principali del “Pacchetto per l’economia circolare”, recentemente approvato dal Parlamento Ue, ridurre progressivamente a zero la quota di rifiuti interrati nelle discariche, con il traguardo intermedio del 10% da raggiungere entro il 2035.

Ma i 28 Paesi saranno in grado di allinearsi?

 

Iniziamo un viaggio sulla gestione dei rifiuti in Europa, per cercare di capire ancora meglio come si posizioni l’Italia nel contesto europeo. Finora il Sud e in particolare alcune zone del Sud, tra cui la Puglia, è stato il capolinea per lo smaltimento di rifiuti tossici, speciali e pericolosi, provenienti dal Nord Italia e da altri paesi europei. In alcuni impianti di “cogenerazione” di energia, prodotta attraverso l’incenerimento di cdr (combustibile da rifiuto) è stato bruciato di tutto, spargendo diossina nell’aria, nell’acqua, sui terreni (come a Maglie, in provincia di Lecce, con l’inceneritore Copersalento). Il costo dell’aver derogato ad ogni obbligo di gestione trasparente e responsabile del rifiuto, lo stiamo pagando già: non solo perché il Sud è quasi l’unico responsabile dei 40 milioni di multa all’anno che l’Italia sta già pagando all’Europa per le sue discariche inquinanti, ma anche perché quelle discariche sono un pozzo senza fondo che ingurgitano denaro quotidianamente: più si butta in discarica, più alta è la TARSU, la tassa rifiuti solidi urbani; più le discariche si gestiscono male, più l’Italia viene multata e, dunque, i cittadini che già pagano una TARSU alta, ripagano un’altra tassa all’Europa. Poi c’è il costo per la salute: molte sostanze inquinanti, diossina in primis, sono potenti “interferenti endocrini”, sono cioè capaci di condizionare il funzionamento di alcuni organi e la produzione di ormoni, possono indurre la formazione di tumori, aumentando la spesa del servizio sanitario nazionale. Nel ciclo dei rifiuti s’infiltra la mafia: non per un particolare motivo, ma perché la mafia va dove il business si dimostra lucroso. Nel traffico illegale di rifiuti, la Puglia è al secondo posto in Italia (fonte: Legambiente), ed ha un posto di primo piano nel traffico transfrontaliero verso Egitto, Libia, Iran, in quanto è utilizzata come base logistica. E’ su questo traffico che stava indagando Ilaria Alpi, giornalista del Tg3 uccisa in Somalia con il suo operatore Milan Hrovatin il 20 marzo 1994.

Se l’Europa fosse in grado di passare davvero ad un sistema produttivo “circolare”, producendo oggetti che non andranno mai in discarica, perché fatti materiali che non si buttano ma si riparano, si riciclano, si riusano, abolendo le discariche e gli inceneritori, significherebbe eliminare i costi di smaltimento e togliere il boccone succulento dalle grinfie della mafia. Eliminare l’ecomafia, passando ad un’economia “rifiuti zero”, dove i cassonetti non esistono? Sembra un sogno ma in alcune città (per esempio Lubiana, in Slovenia, Europa) è già realtà. Pensiamoci, quando buttiamo nel cassonetto la buccia di banana, pensando che sia solo monnezza, invece è oro. MLM

 (1^ PUNTATA)   

Di Francesca Rizzo

La Ue, ci crede: il rifiuto, cioè qualcosa di inutile che si butta per sempre, non esisterà più.

“Dobbiamo capire che il rifiuto non dev’essere un problema da risolvere con dei costi, ma può essere un’opportunità”, ha detto la parlamentare europea Simona Bonafè presentando alla stampa il “Pacchetto sull’economia circolare”, approvato pochi giorni fa dal Parlamento. Una serie di riforme su raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani che segua la cosiddetta “gerarchia della gestione dei rifiuti”.

Perché se la strategia a lungo termine è coinvolgere le aziende nel realizzare prodotti con materiali nuovi, interamente riutilizzabili e che quindi non generino scarti (ecco il concetto di economia circolare), quella a breve e medio termine è gestire gli scarti prodotti nel frattempo in modo più responsabile.

La misura alternativa a quella che la gerarchia della gestione dei rifiuti indica come “prevenzione e riutilizzo”, è il riuso dei materiali in altre forme: il riciclaggio, o la trasformazione tramite compostaggio (attraverso il quale si ricavano fertilizzanti), digestione anaerobica (con produzione di biogas da trasformare in energia) o l’integrazione degli ultimi due processi.

E la discarica? La si lascia come extrema ratio, proprio come succede nel Nord Europa: Danimarca e Germania, già citate tra gli Stati con un tasso più alto di rifiuti prodotti pro capite, conferiscono in discarica solo l’1% degli scarti.

Eppure, la loro situazione di partenza non è delle migliori.

Le soluzioni di smaltimento adottate dai 28 Paesi europei nel 2015: da un anno all’altro, le scelte non cambiano di molto (elaborazione ISPRA su dati Eurostat)

Sul “podio” delle nazioni che producono più rifiuti urbani (dati raccolti ed elaborati da Commissione europea, Eurostat ed EPRS – Servizio ricerca del Parlamento europeo), infatti, prima assoluta è proprio la Danimarca (777 kg pro capite); seconda Malta (649 kg), terza Cipro (640 kg); completano la top 5 Germania (626 kg) e Lussemburgo (614): come indicato dalle stesse fonti europee, si registra una quota maggiore di rifiuti nei Paesi più ricchi, dove effettivamente se ne producono di più, e nei Paesi a maggior vocazione turistica (vedi Cipro e Malta), dove proprio il flusso di visitatori aumenta la quota pro capite di rifiuti prodotti.

I numeri importanti, che danno un’idea delle politiche ambientali adottate nei singoli Paesi, sono quelli relativi alla gestione dei rifiuti: quanti di loro finiscono in discarica, diventando un rischio per ambiente e persone? Quanti vengono invece riciclati e restituiti a “nuova vita” in un’altra forma, o diventano una risorsa perché utilizzati come fonte di energia?

La media europea da questo punto di vista è del 25%, ma su quei numeri incidono molto Paesi come Malta, bandiera nera con il 92% di rifiuti condotti in discarica, la Grecia, con l’82%, e Cipro, con l’81%.

 

 // LUBIANA, CAPITALE DA RECORD

Nel 2015 Lubiana è stata la prima capitale europea ad aderire al Network of European Zero Waste Municipalities, la rete delle città europee (tra le quali spiccano alcune italiane) che assumono l’obiettivo di limitare il conferimento dei rifiuti in discarica ad una quota inferiore all’1%.

La capitale slovena, che nel 2015 ha raggiunto la quota maggiore di raccolta differenziata in Europa (il 65% dei rifiuti totali) nel 2016 è stata nominata Capitale verde europea.

Zala Strojin Božič e Yannis Darmis alla Tavola rotonda sull’economia circolare a Strasburgo

L’obiettivo “rifiuti zero” è stato raggiunto (tanto da rendere inutili i circa 800 cassonetti per la raccolta dei rifiuti urbani, distribuiti in vari punti della città), anche attraverso un lavoro di cambiamento della mentalità dei cittadini: “Get used to reuse”, “Abituatevi al riciclo”, il nome della campagna avviata per sensibilizzare ed educare ad un comportamento più responsabile; un traguardo ancora più importante, quello raggiunto, se si considera anche che l’intera Slovenia ha da tempo rinunciato agli inceneritori.

Ormai Lubiana è un modello di riferimento solido per l’Europa: ad aprile del 2016 ha ospitato gli altri “zerowasters” nella Conferenza Zero Waste Europe, appuntamento importante per la condivisione di buone prassi sul tema.

Lo scorso 17 aprile, alla vigilia dell’approvazione del Pacchetto sull’economia circolare, Zala Strojin Božič, Circular Economy Manager presso il Dipartimento per la Protezione ambientale di Lubiana, ha portato la sua testimonianza alla tavola rotonda tematica sull’economia circolare, alla quale ha preso parte anche Simona Bonafé (per il Tacco era presente la direttora Mastrogiovanni).

I numeri da record di Lubiana incidono sicuramente sul quindicesimo posto occupato dalla Slovenia, con 449 kg pro capite di rifiuti prodotti, nella classifica dei 28 Paesi europei; la quota di rifiuti che finiscono in discarica è pari al 24%, superiore alla media europea del 25%, come superiore è il tasso di scarti riciclati (il 58% a fronte di una media comunitaria del 47%).

 

E in Italia? La situazione è un po’ diversa. È vero che il “nostro” 51% di rifiuti riciclati rappresenta una delle percentuali più alte (il record positivo è ancora della Germania, che raggiunge il 66%), ma le discariche rappresentano comunque un problema serio, da affrontare per non accumulare sanzioni su sanzioni.

 

1/CONTINUA

 

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