Uliando uliando: mille modi per guardare la natura

Ogni venatura è un racconto, ogni sporgenza un segno: gli ulivi, testimoni silenti della nostra storia, schiudono storie fantastiche che chiunque può immaginare, se si lascia ispirare. Una sollecitazione, quella di Carlo Toma, per guardare con occhi nuovi le sculture naturali che ci circondano

di Francesca Rizzo

Riconoscere nei vecchi tronchi nodosi delle figure: è la declinazione made in Salento della pareidolia. “Uliando uliando”, ideato da Carlo Toma, è una mostra innovativa, un esperimento aperto a tutti fino al 31 maggio 2018, presso il Castello di Acaya.

L’autore, produttore e regista magliese ha esercitato la sua immaginazione in passeggiate per le campagne del Salento, scegliendo poi di catturare con semplicità uno dei tesori del territorio, l’ulivo, da una prospettiva finora inedita: con uno smartphone ha immortalato i dettagli di alcuni tronchi, nelle cui forme indistinte i suoi occhi hanno riconosciuto creature animali e umane, mostri e folletti. È questa la pareidolia, nome complesso per indicare un processo mentale istintivo, un “gioco” che tutti avremo sperimentato chissà quante volte nella vita.

Gli scatti sono stati riuniti poi in un libro, “Uliando uliando. Tra gli ulivi del Salento alla ricerca dell’olio… rimasto in tronco!”: un titolo che rende omaggio all’oro verde del Salento, ma nello stesso tempo allude a qualcosa di più profondo. “L’olio – spiega Toma – rappresenta la sua anima, la sua vitalità”. Nel volume sono presenti anche i disegni di cinque giovani illustratori: Virginia Morelli, Gabriele Provenzano, Enrico Rollo, Stefano Palma e Federico Mele hanno tradotto in immagini ciò che la loro mente ha estrapolato dalle fotografie di Toma.

Alla pubblicazione del libro è seguita, il 6 luglio scorso, l’inaugurazione della mostra. L’esposizione “Uliando uliando” dà vita alle pagine tramite un processo creativo che coinvolge i visitatori, spingendoli ad osservare meglio, con lentezza, i particolari nascosti nei tronchi degli alberi.

“Prenditi il tempo che ti occorre”, invita la didascalia accanto ad ogni foto: per alcuni scatti l’associazione di pensiero è istantanea, per altri occorre invece osservare bene le venature, i buchi e le sporgenze create dalla natura in secoli di vita. Poi la conferma o la sorpresa, in un confronto diacronico con gli illustratori che hanno arricchito il libro: i loro disegni sono appesi accanto alle fotografie, pronti a svelarsi. Così quello che a qualcuno sembra un maestoso leone addormentato, ritratto di profilo, per qualcun altro è una creatura inferocita, che snuda le zanne. Il carapace legnoso di una tartaruga simboleggia un legame ideale tra albero ed animale, entrambi longevi osservatori e insieme testimoni del tempo che scorre.

Queste e le altre figure antropomorfe e zoomorfe sembrano un muto invito ad osservare meglio il territorio e a conservarne i tratti identitari, a lottare per non perdere ciò che si costruisce giorno dopo giorno, secolo dopo secolo.

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